Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25748 del 22/09/2021

Cassazione civile sez. III, 22/09/2021, (ud. 24/03/2021, dep. 22/09/2021), n.25748

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21008-2018 proposto da:

R.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE G. MAZZINI,

11, presso lo studio dell’avvocato ELENA STELLA RICHTER, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ZENO FORLATI, per

procura speciale in atti;

– ricorrente –

contro

ADER Agenzia delle Entrate RISCOSSIONE, (OMISSIS), elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

nonché contro

D.G.G., D.I.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 114/2018 del TRIBUNALE di VENEZIA, depositata

il 16/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/03/2021 dal Consigliere Dott. LINA RUBINO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. R.C. ricorre avverso la sentenza n. 114 del 2018, pubblicata dal Tribunale di Venezia il 16 gennaio 2018, con la quale il Tribunale ha respinto l’opposizione, proposta ex art. 512 e 617 c.p.c., avverso il piano di riparto nell’esecuzione immobiliare promossa dall’odierno ricorrente nei confronti di d.G.G..

2. Questa la vicenda: il R., creditore di D.G.G. – credito accertato con sentenza passata in giudicato – per un valore di 35.946 Euro promuoveva un’esecuzione immobiliare nei confronti del debitore, sulla casa di abitazione dell’esecutato e della moglie; quest’ultima interveniva quale comproprietaria nel procedimento esecutivo ed otteneva che la metà del ricavato dalla vendita dell’immobile le fosse attribuita.

2.1. Nell’esecuzione de qua interveniva anche Equitalia nord s.p.a. quale creditrice del D.G., per un credito esattoriale, depositando a fondamento del credito gli estratti del ruolo esattoriale.

3. Nella predisposizione del piano di riparto, accantonato il 50% della somma ricavata in favore della moglie dell’esecutato in quanto comproprietaria, dedotte le spese vive dell’esecuzione in favore del R. quale creditore procedente, il residuo veniva attribuito esclusivamente alla intervenuta Equitalia nord s.p.a. poi incorporata in Equitalia servizi di riscossione s.p.a., oggi Agenzia delle Entrate Riscossione.

4. Il R. dapprima formulava osservazioni al piano di riparto, disattese dal g.e., quindi proponeva opposizione ex art. 617 c.p.c. avverso l’ordinanza del g.e. con la quale veniva dichiarato esecutivo il piano di riparto. Contestava l’idoneità del titolo sul quale si fondava l’intervento, deducendo che gli estratti di ruolo prodotti in giudizio da Equitalia a fondamento del suo credito non fossero sottoscritti e non indicassero il nome del funzionario responsabile: nella tesi del ricorrente dovevano considerarsi inesistente il titolo esecutivo e non provato il credito dell’ente. Rilevava inoltre la prescrizione e decadenza del credito dell’interveniente, assumendo che non operasse nei suoi confronti, quale creditore procedente, la preclusione di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 57 perché il ricorso davanti alla Commissione tributaria non può essere proposto da soggetto diverso dal contribuente destinatario dell’atto.

5. Il Tribunale di Venezia rigettava l’opposizione, affermando da un lato che, ove non esista una norma specifica che disciplini gli effetti del vizio di sottoscrizione, opera la presunzione generale di riferibilità dell’atto all’organo amministrativo titolare del potere di emetterlo.

5.1. Quanto alle eccezioni relative alla prescrizione e decadenza del credito, riteneva che esse fossero devolute alla giurisdizione del giudice tributario. Ricordava infatti che, quando si tratti di crediti tributari (D.P.R. n. 602 del 1973, ex artt. 53 e ss.), come nel caso di specie, non sono ammesse le opposizioni all’esecuzione se non per la pignorabilità del bene, né quelle agli atti esecutivi per motivi relativi alla regolarità formale ed alla notificazione del titolo; le opposizioni di terzo sono ammesse, ma non oltre il primo incanto, mentre le contestazioni relative al merito della pretesa tributaria o alla regolarità del procedimento amministrativo impositivo sono tutte devolute alle Commissioni tributarie.

6. Il R., avverso tale provvedimento di rigetto, propone ricorso straordinario ex art. 111 Cost. illustrato da memoria.

7. ADER – Agenzia delle Entrate Riscossione resiste con controricorso.

8. La Procura generale ha depositato conclusioni scritte con le quali chiede il rigetto del ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

8. Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione dell’art. 2697 c.c., art. 499 c.p.c. e del D.L. n. 248 del 2007, art. 36, comma 2 ter in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

8.1. Il R. ricorda che Equitalia per intervenire nel procedimento esecutivo de quo ha allegato estratti di ruolo non sottoscritti – né manualmente né in forma digitale – né indicanti il nominativo del funzionario responsabile. Segnala che Equitalia avrebbe dovuto dare prova del suo credito non soltanto nei confronti dell’esecutato ma anche nei confronti dell’esecutante R.. Sostiene che l’onere della prova del credito che grava su chi interviene si atteggia diversamente nei confronti del debitore e del creditore procedente, e quindi che eventuali facilitazioni probatorie che valgono nel rapporto tra debitore e creditore intervenuto non dovrebbero valere nei rapporti tra creditore intervenuto e creditore procedente, perché quest’ultimo nulla sa del credito degli altri creditori, rispetto ai quali è un terzo estraneo.

8.2. Sottolinea inoltre che sono stati ritenuti dotati di valore probatorio dal giudice di merito documenti privi delle formalità previste dalla legge senza tener conto che il D.L. n. 248 del 2007 ha rafforzato il procedimento esecutivo esattoriale, imponendo che le cartelle di pagamento contengano a pena di nullità l’indicazione del responsabile del procedimento; ciò è stabilito anche dallo statuto del contribuente.

9. Con il secondo motivo si deduce la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 2 e ss. e dell’art. 2939 c.c.ex art. 360 c.p.c., n. 3.

9.1. Il ricorrente ricorda che aveva eccepito, già nel procedimento esecutivo e poi in sede di opposizione, la prescrizione e la decadenza dei crediti di Equitalia nord, e che il giudice di merito aveva ritenuto di non esaminare nel merito le eccezioni affermando -erroneamente, nella ricostruzione del ricorrente che le eccezioni relative alla decadenza e alla prescrizione del credito tributario siano questioni da devolvere al giudice tributario.

9.2. Afferma:

– che, in primo luogo, lui, come creditore procedente, e quindi terzo rispetto al rapporto debitorio tra l’amministrazione e l’esecutato, poteva far valere queste eccezioni solo all’interno di una controversia endodistributiva, in cui le questioni avrebbero dovuto essere valutate e la soluzione avrebbe avuto efficacia meramente endoprocedimentale;

– che non avrebbe in ogni caso potuto adire la commissione tributaria, dinanzi alla quale l’atto impositivo può essere impugnato solo dal contribuente;

– che le limitazioni di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 57 valgono solo per le esecuzioni esattoriali che sono quelle intraprese dall’agente della riscossione contro il contribuente secondo una speciale procedura, mentre quella in esame era una normale esecuzione forzata immobiliare promossa da un privato, in cui l’amministrazione era soltanto intervenuta e pertanto soggiaceva alle regole ordinarie.

9.4. Aggiunge il ricorrente che egli, in quanto creditore del contribuente, non avrebbe potuto intervenire nella sede tributaria, e che quindi, ove non fosse possibile eccepire prescrizione e decadenza del credito dell’amministrazione davanti al giudice ordinario, in sede di controversia distributiva, saremmo di fronte a un vuoto di tutela.

10. Nel proprio controricorso l’Agenzia delle Entrate Riscossione, che si costituisce quale successore di Equitalia Nord afferma:

– riguardo al primo motivo, che l’estratto del ruolo è sufficiente a fornire la prova dell’esistenza del credito contenuto (richiama a proposito Cass. civ. 11794/2016 per cui “l’estratto di ruolo è la fedele riproduzione della parte del ruolo relativa alla pretesa o alle pretese creditorie azionate con la cartella esattoriale… il ruolo costituisce il titolo esecutivo, D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 49 ai sensi del quale “Per la riscossione delle somme non pagate il concessionario procede ad espropriazione forzata sulla base del ruolo, che costituisce titolo esecutivo”. Ne consegue che esso costituisce idonea prova della entità e della natura del credito portato dalla cartella esattoriale ivi indicata, anche ai fini della verifica della natura tributaria o meno del credito, e quindi della verifica della giurisdizione del giudice adito” (già affermato da questa Corte con le sentenze n. 11141 e 11142 del 2015). ”

– quanto al secondo motivo, che i termini per il rilievo – ex 512 e 617 c.p.c. – sulla sussistenza o sull’ammontare dei crediti fossero spirati.

11. Il primo motivo pone la questione se il creditore (esattoriale) intervenuto in virtù di un titolo esecutivo che non sia mai stato contestato dal debitore esecutato debba fornire al creditore procedente e agli eventuali altri creditori intervenuti una prova diversa e ulteriore della esistenza e dell’ammontare della sua pretesa rispetto a quella idonea a valere come titolo esecutivo nei confronti del debitore principale.

12. Il motivo è infondato.

Chi agisce o interviene nell’esecuzione deve essere portatore di un titolo esecutivo rientrante nell’elenco di cui all’art. 474 c.p.c. o che sia tale a norma di legge (come indicato dalla Procura generale, deve essere creditore sulla base di un documento riconducibile al catalogo dei titoli esecutivi). Se il documento prodotto rientra nel catalogo dei titoli esecutivi, e pertanto è titolo esecutivo, esso ha questo valore – lo stesso valore – nei confronti di chiunque all’interno della procedura esecutiva, sia esso il debitore o il creditore procedente o il creditore intervenuto. Non ha alcun fondamento normativo una regola di maggior tutela dei creditori nei confronti degli altri creditori intervenuti, che imponga a questi di documentare altrimenti il proprio credito e si giustifichi sulla base della estraneità del creditore al rapporto debitorio tra il debitore principale e gli altri suoi creditori intervenuti, o che comunque consenta al creditore di imporre all’intervenuto l’onere di fornire una prova diversa e supplementare del credito rispetto a quanto ritenuto sufficiente dalla legge per agire o intervenire nella procedura esecutiva, in quanto appunto si agisce in forza di un titolo esecutivo, opponibile erga omnes.

Nel caso di specie, l’Agenzia delle Entrate è intervenuta sulla base dell’estratto di ruolo prodotto nel procedimento esecutivo e munito di asseverazione, quest’ultima non oggetto di contestazione in corso di causa.

Il ruolo è il titolo esecutivo in forza del quale l’agente della riscossione esercita il diritto di procedere in via esecutiva (arg. D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, ex art. 49) ed esso, in quanto posto a base della riscossione coattiva, fornisce il riscontro dei dati indicati nella cartella esattoriale; questa, infatti, in conformità al relativo modello ministeriale, contiene l’indicazione del credito così come risultante dal ruolo, ai sensi del D.P.R. n. 602, art. 25, comma 2 del Ric. n. 1920/2017 (cfr. Cass., Sez. 3, sentenza n. 12883 del 2020, sentenza n. 24235 del 27/11/2015, in motivazione);

– l’estratto del ruolo non è una sintesi del ruolo operata a sua discrezione dallo stesso soggetto che l’ha formato, ma è la riproduzione testuale di quella parte del ruolo che si riferisce alla o alle pretese impositive che si fanno valere nei confronti di quel singolo contribuente con la cartella notificatagli (così Cass. n. 11141 n. 11142 del 2015 e le ulteriori decisioni conformi sopra già citate);

– ne consegue che l’estratto di ruolo “costituisce idonea prova della entità e della natura del credito portato dalla cartella esattoriale ivi indicata, anche al fine della verifica della natura tributaria o meno del credito azionato, e quindi della verifica della giurisdizione del giudice adito” (Cass. n. 11141 e n. 11142 del 2015 e le ulteriori decisioni conformi sopra già citate).

13. Il secondo motivo pone la questione se, consolidata la pretesa tributaria nei confronti del debitore, che non ha impugnato la cartella esattoriale nella sede competente, ovvero davanti alla Commissione tributaria con il ricorso D.Lgs. n. 646 del 1992, ex art. 19 le eccezioni di prescrizione e decadenza del credito esattoriale possano essere ancora proposte da uno dei creditori e se, in particolare, possano essere proposte in sede di controversia distributiva ex art. 512 c.p.c.

14. Il motivo è infondato.

Il creditore si riferisce alla prescrizione del credito di Equitalia nei confronti del comune debitore D.G., che il D.G. non ha eccepito nella sede competente e nel momento in cui avrebbe potuto farlo, ovvero davanti al giudice tributario, prima che il titolo dell’erario diventasse definitivo.

Il ricorrente sostiene che lui, in quanto terzo estraneo al rapporto, anche ove fosse stato a conoscenza di questo rapporto, sarebbe stato comunque impossibilitato ad eccepire la prescrizione in sede di commissione tributaria.

Al di là della carenza di legittimazione, per il creditore procedente poteva essere mancante anche l’interesse ad adire il giudice tributario quando sarebbe stato il tempo, per eccepire la prescrizione del credito dell’Agenzia delle entrate verso il suo creditore, perché in ipotesi l’esecuzione poteva non essere ancora iniziata, oppure l’Agenzia delle Entrate poteva non essere intervenuta.

Sostiene pertanto di poter recuperare quello spazio di tutela sollevando l’eccezione di prescrizione in sede di controversia distributiva, alla quale è legittimato a prendere parte, e quindi necessariamente dopo che il titolo esecutivo è diventato definitivo.

I creditori concorrenti sono senza dubbio legittimati a contestare, ex art. 512 c.p.c., non solo l’esistenza e la natura della causa di prelazione da altri vantata, ma anche la sussistenza e l’ammontare delle pretese vantate dagli altri creditori. Tuttavia, come correttamente osservato dalla Procura generale, il perimetro delle contestazioni che essi possono svolgere per contrastare il creditore “antagonista” titolare di pretesa “antergata” è limitato dalle peculiarità della fase e dalla natura del rimedio.

Vale infatti la regola generale secondo la quale, dopo che il titolo è divenuto definitivo, sia esso un titolo giudiziale passato in giudicato o un titolo amministrativo intangibile in quanto non tempestivamente impugnato, non si possono far valere eccezioni che si potevano far valere in sede di formazione del titolo stesso. In sede distributiva possono farsi valere, anche da parte dei creditori, cause estintive del credito soltanto successive alla sua definitiva formazione.

La soluzione indicata non si pone in contrasto con la previsione contenuta nell’art. 2939 c.c., secondo la quale la prescrizione può essere opposta dal creditore, e da chiunque vi abbia interesse, qualora la parte non la faccia valere, e che può essere opposta anche se la parte vi ha rinunziato.

In realtà, la previsione contenuta nell’art. 2939 c.c.si riferisce alle situazioni in cui in un rapporto sub iudice sia direttamente coinvolto l’interesse di un terzo, su cui ricadrebbero le conseguenze pregiudizievoli della mancata eccezione di prescrizione, ed in ragione di ciò gli è consentito, nel processo che precede la formazione definitiva del titolo, far valere la prescrizione anche se non fatta valere dal debitore diretto (v. Cass. n. 31271 del 2019: in materia di assicurazione della responsabilità civile (non obbligatoria), l’assicuratore dell’autore di un fatto illecito, quando sia chiamato in causa dall’assicurato, è legittimato a sollevare l’eccezione di prescrizione del diritto vantato dal terzo danneggiato che, se fondata, ha effetto estintivo del credito vantato dal terzo nei confronti dell’assicurato, quand’anche quest’ultimo l’abbia sollevata tardivamente.) Quindi l’eccezione di prescrizione promossa da un terzo avente un interesse giuridicamente rilevante è idonea non solo a paralizzare la pretesa altrui nei suoi confronti, ma anche alla estinzione del debito del rapporto principale. Tuttavia, deve pur sempre essere sollevata all’interno del giudizio in cui ha luogo l’accertamento del credito e prima che esso sia definitivamente accertato, sebbene, in quel giudizio, sia sciolta dalle preclusioni eventualmente maturate in capo al debitore.

Dopo che il titolo esecutivo si è formato, e dopo che, per inerzia del debitore, è divenuto definitivo, il terzo estraneo non può più far valere la prescrizione del credito: come indicato dal Procuratore generale, la proposizione dell’eccezione di prescrizione da parte del terzo non potrebbe comunque mai incidere su un rapporto sostanziale ormai irretrattabile.

Ovvero, la facoltà attribuita al terzo di far valere la prescrizione può esser esercitata pur sempre nell’ambito del giudizio in cui lo stesso debitore potrebbe farla valere, e non è idonea a minare la definitività degli accertamenti verificatasi anche per inerzia del debitore. Il creditore può intervenire, in luogo del debitore e per riportarne un diretto vantaggio, nel giudizio in cui l’eccezione di prescrizione può esser fatta valere e fintanto che può essere fatta valere, ma non è una facoltà che può essere utilizzata dal terzo a suo piacimento, svincolata dalla definitività intervenuta sull’accertamento del credito.

Il ricorso è rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come al dispositivo.

Il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, e la ricorrente risulta soccombente, pertanto è gravata dall’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater e comma 1 bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Liquida le spese in complessivi 4.000,00 Euro per compensi, oltre spese eventualmente prenotate a debito.

Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di cassazione, il 24 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2021

 

 

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