Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25746 del 01/12/2011

Cassazione civile sez. I, 01/12/2011, (ud. 13/07/2011, dep. 01/12/2011), n.25746

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – rel. Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

S.C.S., elettivamente domiciliata in Roma, via

Calcutta 45, presso l’avv. Alberto D’Auria, rappresentata e difesa

dall’avv. D’AVINO ARCANGELO per procura in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende per

legge;

– controricorrente –

avverso il decreto della Corte di appello di Napoli in data 14

gennaio 2009 nel procedimento n. 4098/2008 V.G.;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza in data

13 luglio 2011 dal relatore, cons. Stefano Schirò;

udito il Pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore

generale, Dott. PRATIS Pierfelice, che ha chiesto l’accoglimento del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

S.C.S. ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di cinque motivi, nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze avverso il decreto in data 14 gennaio 2009, con il quale la Corte di appello di Napoli ha condannato detto Ministero al pagamento in favore della ricorrente della somma di Euro 8.400,00 a titolo di equo indennizzo per la violazione del termine ragionevole di durata di un giudizio dalla medesima promosso davanti al Tar Campania con ricorso del 15 giugno 1994 e non ancora definito dopo circa quattordici anni di durata. Il Ministero intimato ha resistito con controricorso.

Nell’odierna camera di consiglio il collegio ha deliberato che la motivazione della sentenza sia redatta in forma semplificata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con i primi tre motivi la ricorrente, denunciando violazione di legge e vizio di motivazione, si duole che la Corte di merito abbia ritenuto che il diritto all’equa riparazione per non ragionevole durata del processo sia soggetto a prescrizione.

Con il quarto e il quinto motivo la S. contesta la determinazione dell’ammontare dell’indennizzo nella misura di Euro 800,00 per anno di ritardo, ritenuta inferiore ai parametri stabiliti dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo.

Il ricorso è inammissibile per carenza d’interesse all’impugnazione.

Osserva infatti il collegio che la Corte di merito ha determinato l’equo indennizzo nell’importo di Euro 8.400,00 per una durata non ragionevole di dieci anni e quattro mesi, avendo ritenuto prescritto il diritto all’equa riparazione nel periodo tra il 15 giugno 1994 e il 30 giugno 1998. Tale importo è comunque superiore a quello che andrebbe liquidato secondo i parametri attualmente applicati da questa Corte, anche qualora si ritenesse la prescrizione non applicabile al suddetto diritto, e che ammonterebbe ad Euro 7.250,00 per una durata non ragionevole di undici anni e quattro mesi, in relazione ad una durata complessiva di quattordici anni e quattro mesi e detratto il termine di durata ragionevole di tre anni.

Va infatti considerato, alla stregua di un orientamento giurisprudenziale già affermato da questa Corte, che la CEDU, in alcune decisioni (Volta et autres c. Italia, del 16 marzo 2010; Falco et autres c. Italia, del 6 aprile 2010) ha ritenuto che possano essere liquidate, a titolo di indennizzo per il danno non patrimoniale da eccessiva durata del processo, in relazione ai singoli casi e alle loro peculiarità, somme complessive d’importo notevolmente inferiore a quella di mille Euro annue normalmente liquidata, con valutazioni del danno non patrimoniale che consentono al giudice italiano di procedere, in relazione alle particolarità della fattispecie, a valutazioni più riduttive rispetto a quelle in precedenza ritenute congrue (v. Cass. 2010/14753; 2010/15130).

Nel caso di specie, considerati i margini di valutazione equitativa adottabili in conformità dei criteri ricavabili dalla sopra menzionata giurisprudenza della CEDU e valutate le specificità del caso in relazione al protrarsi della procedura dinanzi al TAR Campania oltre i limiti ragionevoli di durata – e in particolare il modesto valore della causa (riguardante la mancata corresponsione dell’indennità sostitutiva della mensa e dell’indennità di vestiario) e la ritardata presentazione dell’istanza di prelievo, come accertato dal giudice di merito – alla ricorrente andrebbe liquidata in via equitativa, per danno non patrimoniale, la somma di Euro 7.250,00 oltre agli interessi legali dalla domanda (v. Cass. 2011/10792), in misura pertanto inferiore a quella già liquidata dalla Corte di appello, con conseguente difetto d’interesse all’impugnazione,, che conduce alla dichiarazione d’inammissibilità del ricorso per cassazione.

Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna la ricorrente S.C.S. al pagamento in favore del Ministero dell’Economia e delle Finanze delle spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in Euro 900,00, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 13 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 1 dicembre 2011

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