Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25744 del 22/09/2021

Cassazione civile sez. III, 22/09/2021, (ud. 23/03/2021, dep. 22/09/2021), n.25744

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 36067-2018 proposto da:

LEGNOPLAST SRL, in persona del legale rappresentante, rappresentato e

difeso dall’avvocato prof. ALESSANDRO DAGNINO, ed elettivamente

domiciliato in ROMA, PIAZZA DEL POPOLO 3, presso lo studio

dell’avvocato SANASI D’ARPE LEXIA AVVOCATI, pec:

alessandro.dagnino.pec.dagnino.it;

– ricorrente –

contro

AZIENDA SANITARIA PROVINCIALE DI AGRIGENTO, in persona del legale

rappresentante, rappresentato e difeso dall’avvocato Vincenzo

Camilleri, ed elettivamente domiciliato presso lo studio del

medesimo in Agrigento, via Mazzini 205, pec:

vincenzocamilleri.avvocatiagrigento.it;

– resistente e ricorrente incidentale

avverso la sentenza n. 2012/2017 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 03/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/03/2021 dal Consigliere Dott. ANNA MOSCARINI.

 

Fatto

RITENUTO

che:

1. La società Legnoplast srl, con atto di citazione del 25/9/2008, convenne davanti al Tribunale di Sciacca l’Azienda Ospedaliera “(OMISSIS)” di (OMISSIS) esponendo di aver svolto il servizio di smaltimento rifiuti ospedalieri per conto dell’Azienda per il periodo 1997-2003. Chiese al giudice di accertare l’avvenuto raggiungimento di un accordo per un prezzo superiore a quello effettivamente corrisposto e di condannare l’Azienda a pagare la somma di Euro 358.983,55 a titolo di differenze tra quanto pagato e quanto dovuto. L’Azienda si costituì in giudizio chiedendo il rigetto della domanda e la società, con la memoria ex art. 183 c.p.c., comma 6, n. 1, precisò la domanda introducendo, in via gradata, la richiesta di riconoscimento di un’indennità a titolo di indebito arricchimento ai sensi dell’art. 2041 c.c.

2. Il Tribunale di Sciacca, con sentenza n. 69/2013, rigettò le domande ritenendo che il rapporto svoltosi non aveva fondamento contrattuale né poteva applicarsi l’art. 2041 c.c. in quanto la disposizione avrebbe presupposto uno spostamento non titolato, là dove nel caso di specie lo spostamento patrimoniale sarebbe stato causato dal servizio.

3. La Corte d’Appello di Palermo, con sentenza n. 2012 del 2017, richiesta dalla Legnoplast srl di accogliere, in riforma della sentenza di primo grado, la domanda di arricchimento senza causa, rigettò l’appello ritenendo che la domanda di arricchimento fosse stata proposta per la prima volta in grado d’appello e, in quanto tale, fosse inammissibile.

4. Avverso la sentenza la società Legnoplast srl ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi. Ha resistito l’Azienda Sanitaria Provinciale di Agrigento (già di Sciacca) con controricorso e con un motivo di ricorso incidentale condizionato.

5. Il ricorso è stato fissato per la trattazione in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380-bis.1. c.p.c. in vista della quale la ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo di ricorso – violazione e falsa applicazione dell’art. 272 c.p.c., comma 2, nn. 2 e 4, art. 324 c.p.c. e art. 329 c.p.c., comma e dell’art. 111 Cost. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 violazione del giudicato implicito formatosi in primo grado sull’ammissibilità della domanda ex art. 2041 c.c. – la ricorrente lamenta la violazione del giudicato implicito sull’avvenuta proposizione, in primo grado, della domanda di arricchimento senza causa e sull’ammissibilità di tale domanda, giudicato non considerato dalla statuizione della sentenza d’appello secondo la quale la domanda ex art. 2041 c.c. sarebbe stata introdotta solo in appello.

1.1 Il motivo è fondato. Il ricorrente riporta, ai fini di soddisfare le condizioni di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6, le statuizioni della sentenza di primo grado – da cui si evince che la questione era stata esaminata dal giudice – le conclusioni dell’atto d’appello e le statuizioni, del tutto eccentriche, della sentenza d’appello. Non avendo l’Azienda, a fronte dell’atto di appello con il quale si chiedeva l’accoglimento della domanda ex art. 2041 c.c., proposto alcun motivo di appello incidentale per contrastare la domanda, non può che desumersene che sulla questione dell’ammissibilità della stessa domanda si sia formato il giudicato implicito. Questo Collegio, nell’accogliere il motivo, intende dare continuità alla consolidata giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale, “in caso di rigetto della domanda di arricchimento senza causa, proposta per la prima volta dal creditore opposto nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, emesso con riguardo alla sua domanda di adempimento, senza che la relativa statuizione sia stata impugnata con ricorso incidentale da parte del preteso arricchito, unico soggetto interessato alla sua eventuale censurabilità, si forma il giudicato implicito sulla questione pregiudiziale relativa alla proponibilità della domanda ex art. 2041 c.c., costituendo la mancata impugnazione sintomo di un comportamento incompatibile con la volontà di far valere in sede di impugnazione la questione pregiudiziale (che dà luogo ad un capo autonomo della sentenza e non costituisce un mero passaggio interno della decisione di merito, come si desume dall’art. 279 c.p.c., comma 2, nn. 2 e 4), verificandosi il fenomeno dell’acquiescenza per incompatibilità, con le conseguenti preclusioni sancite dall’art. 324 c.p.c. e art. 329 c.p.c., comma 2, in coerenza con i principi dell’economia processuale e della durata ragionevole del processo, di cui all’art. 111 Cost.” (Cass.,1, n. 18693 del 23/9/2016; Cass., 1, n. 4908 del 27/2/2017; Cass., U, n. 1764 del 26/1/2011). Principio che deve trovare applicazione anche nella fattispecie, in cui l’introduzione del giudizio con la domanda originaria non avvenne con ricorso per decreto ingiuntivo e la domanda ai sensi dell’art. 2041 c.c. venne introdotta con una memoria ai sensi dell’art. 183 c.p.c..

2. Con il secondo motivo – error in procedendo per violazione dell’art. 183 c.p.c., comma 6, n. 1 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – la società ricorrente censura la sentenza nella parte in cui, affermando che la domanda ex art. 2041 c.c. era stata introdotta solo in grado d’appello, ha omesso di considerare il contenuto della memoria ex art. 183 c.p.c.

2.1 Il motivo può ritenersi assorbito in ragione dell’accoglimento del primo. Ad abundantiam esso dovrebbe dirsi anch’esso fondato. La ricorrente riporta le conclusioni della memoria ex art. 183 c.p.c., comma 6, le conclusioni della comparsa conclusionale ed afferma fondatamente che la sentenza, nell’omettere di riconoscere che la domanda ex art. 2041 c.c. era stata introdotta fin dal primo grado del giudizio, ha violato l’art. 183 c.p.c. Dunque, ove non assorbito, il motivo dovrebbe dirsi fondato in ragione della giurisprudenza di questa Corte secondo la quale “E’ ammissibile la domanda di arricchimento senza causa ex art. 2041 c.c. proposta, in via subordinata, con la prima memoria ex art. 183 c.p.c., comma 6 nel corso del processo introdotto con domanda di adempimento contrattuale, qualora si riferisca alla medesima vicenda sostanziale dedotta in giudizio trattandosi di domanda comunque connessa a quella inizialmente formulata (Cass., U, n. 22404 del 13/9/2018; Cass., 6-3n. 27620 del 3/12/2020; Cass., 3, n. 3127 del 9/2/2021).

3. Con il terzo motivo – error in procedendo per violazione dell’art. 101 c.p.c., comma 2 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 -la ricorrente solleva un vizio della sentenza per non aver il giudice d’appello sottoposto la questione della novità in appello della domanda ex art. 2041 c.c. al contraddittorio delle parti.

3.1. Il motivo può ritenersi assorbito dall’accoglimento del primo.

Sul ricorso incidentale dell’Azienda:

4. Con l’unico motivo del ricorso incidentale – error in procedendo per violazione dell’art. 342 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 che prevede la inammissibilità del ricorso in appello ove non siano specificatamente indicate le parti della sentenza che si intendono impugnare -l’Azienda chiede di censurare l’impugnata sentenza nella parte in cui non ha pronunciato sulla eccepita inammissibilità dell’atto di appello ai sensi dell’art. 342 c.p.c.

4.1 Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza in quanto il ricorrente non riporta né l’atto d’appello né le ragioni poste a fondamento dell’eccezione di inammissibilità del gravame formulate nella comparsa di costituzione e risposta in appello così non ponendo la Corte in condizioni di poter valutare la portata della censura senza attingere agli atti. Sul punto il Collegio ritiene di dover dare continuità alla giurisprudenza di questa Corte secondo la quale “il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione – che trova la propria ragion d’essere nella necessità di consentire al giudice di legittimità di valutare la fondatezza del motivo senza dover procedere all’esame dei fascicoli di ufficio o di parte – trova applicazione anche in relazione ai motivi di appello rispetto ai quali siano contestati errori da parte del giudice di merito; ne discende che, ove il ricorrente denunci la violazione e falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c., conseguente alla mancata declaratoria di nullità dell’atto di appello per genericità dei motivi, deve riportare nel ricorso, nel loro impianto specifico, i predetti motivi formulati dalla controparte; l’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità ove sia denunciato un “error in procedendo”, presuppone comunque l’ammissibilità del motivo di censura, onde il ricorrente non è dispensato dall’onere di specificare (a pena, appunto, di inammissibilità) il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata, indicando anche specificamente i fatti processuali alla base dell’errore denunciato, e tale specificazione deve essere contenuta nello stesso ricorso per cassazione, proprio per assicurare il rispetto del principio di autosufficienza di esso” (Cass., 1, n. 29495 del 23/12/2020; Cass., 5, n. 22880 del 29/9/2017, Cass., 3, n. 86 del 10/1/2012).

5. Conclusivamente il ricorso principale va accolto per quanto di ragione e l’incidentale condizionato dichiarato inammissibile, la sentenza cassata in relazione e la causa rinviata alla Corte d’Appello di Palermo, in diversa composizione, anche per le spese.

PQM

La Corte accoglie per quanto di ragione il ricorso principale, dichiara inammissibile l’incidentale, cassa in relazione l’impugnata sentenza e rinvia la causa alla Corte d’Appello di Palermo, in diversa composizione, anche per le spese. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il pagamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso incidentale se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Terza Civile, il 23 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2021

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