Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25742 del 15/11/2013


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 25742 Anno 2013
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: FORTE FABRIZIO

SENTENZA
sui ricorsi riuniti iscritti ai n.ri 11587 e 14777 del
Ruolo Generale degli affari civili dell’anno 2008, proposti:
DA
TEKNO

3 s.a.s. di RAFFA DOMENICO & C.,

con sede in Pianezza, in

persona del suo procuratore generale Salvatore Migliore / per rogito
notar Perotti del 10 marzo 2005, rappresentata e difesa, per procura
a margine del ricorso notificato il 17 aprile 2008, dall’avv.
Michele Sinibaldi, presso il quale elettivamente domicilia in Roma
alla Via N. Ricciotti n. 11, anche disgiuntamente con l’avv. Roberto
Manni e l’avv. Paolo Emilio Ferreri di Torino.
^

Data pubblicazione: 15/11/2013

.:

RICORRRENTE
CONTRO
COMUNE DI MONCALIERI,in persona del sindaco p.t., autorizzato a stare

domiciliato elettivamente in Roma, alla Via Panama n. 12, presso
l’avv. Massimo Colarizi, che, con l’avv. Mario Secchione, lo
rappresenta e difende, per procura a margine del controricorso
notificato a mezzo posta il 21 maggio 2008.
CONTRORICORRENTE E RICORRENTE INCIDENTALE
avverso la sentenza non definitiva della Corte d’appello di Torino n.
110 dell’il gennaio – l ° febbraio 2008.
Udita la relazione del Cons. dr. Fabrizio Forte e sentito l’avv.
Riccardo Vecchione, per delega dell’avv. Mario Vecchione, per il
controricorrente e ricorrente incidentale e il P.M., in persona del
sostituto procuratore generale dr. Maurizio Velardi, che conclude
per il rigetto di entrambi i ricorsi, principale e incidentale.
Svolgimento del processo
Con sentenza non definitiva n. 110 del 1 ° febbraio 2008, la Corte di
appello di Torino ha accolto parzialmente la impugnazione del Comune
di Moncalieri notificata il l ° dicembre 2005 alla Tekno 3 s.a.s. di
ì
Raffa Domenico & C, avverso il lodo sottoscritto 1’11 aprile 2005,
confermandolo per la parte in cui ha escluso fosse applicabile la
penale prevista nell’appalto per il ritardo nei lavori e denegato che

in giudizio da delibera della G.M. n. 154 del 15 maggio 2008 e

all’appaltatrice fosse addebitabile la perdita per l’ente locale del
finanziamento comunitario dell’opera.
La stessa Corte ha dichiarato, ai sensi dell’art. 830, 1 ° comma,

al rigetto della domanda dell’ente locale di risarcimento del danno
per vizi dell’opera e della condanna del comune a pagare alla società

e 467.444,61, a titolo di saldo contrattuale, rimettendo la causa in
istruttoria per l’ulteriore corso, con riserva di disciplinare le
spese di causa con la sentenza definitiva.
In fatto, il Comune di Moncalieri aveva aggiudicato nel giugno 1997
alla Tekno 3 s.a.s. il primo lotto dell’intervento di recupero
dell’area dismessa delle ex Fonderie Limone, per la creazione di un
centro di produzione di servizi teatrali, musicali e di spettacolo,
rectius di un teatro e sue pertinenze, per il corrispettivo di E.
3.711.035,74 + IVA, con termine per completare i lavori, prorogato
dal 18 dicembre 1998 al 12 giugno 1999 e quindi fino al 2002.
L’ente locale aveva rescisso l’appalto per le inadempienze e
ritardi dell’impresa appaltatrice; redatto lo stato di consistenza
dei lavori eseguiti, ai sensi dell’art. 31, 2 ° comma, del r.d. 25
maggio 1895 n. 350, il Comune di Moncalieri aveva comunicato la
rescissione del contratto per inadempimento della società Tekno 3
disposta, con determina dirigenziale del 14 novembre 2000, che
prevedeva la esecuzione in danno delle opere non realizzate e la
3

c.p.c., la nullità parziale del lodo, nei capi b e d, limitatamente

eliminazione dei vizi riscontrati, che avevano comportato per il
committente la perdita del finanziamento CE per la riconversione
delle aree in cui doveva costruirsi il teatro.

capitolato speciale di appalto, il procedimento arbitrale con atto di
accesso notificato il 19 febbraio 2003, con il quale aveva chiesto la
condanna della appaltatrice a pagare complessivamente E 4.019.020,83,
con interessi e spese, per i seguenti titoli: a) E. 1.947.042,50,
come penale per il ritardo nell’ultimazione dei lavori, ai sensi
dell’art. 21 del capitolato speciale di appalto; b)

e 456.587,92, per

esecuzione in danno di opere male eseguite o incomplete; c)

e

309.911,60, per vizi emersi nell’esecuzione del secondo lotto dei
lavori; d) e 1.305.478,81, per perdita del finanziamento comunitario
subita dal committente.
La società Tekno 3 aveva chiesto agli arbitri, a sua volta, il

Il Comune di Moncalieri aveva iniziato, ai sensi dell’art. 47 del

riconoscimento di un suo credito, per riserve nel corso dei lavori ;
per E 1.329.805,00 e del suo diritto a ricevere dal Comune di
Moncalieri il corrispettivo di opere extra contratto per C
259.444,23, il saldo lavori per C 331.436,79, con disapplicazione o
riduzione della penale.
Il lodo, dopo aver dichiarato “rituale” l’arbitrato, ha respinto le
richieste dell’ente locale di applicazione della penale all’impresa,
per il ritardo nella esecuzione dei lavori e la domanda di
4

risarcimento per vizi riscontrati nell’opera in sede di collaudo
relativo al secondo lotto dell’ appalto, oltre che per la perdita dei
finanziamenti CE.

contratto, avevano comportato l’accertamento nel lodo del debito del
comune nei confronti dell’appaltatrice di C 467.444,61, a titolo di
saldo dell’appalto, comprensivo di interessi e rivalutazione.
Il Comune di Moncalieri ha impugnato il lodo che precede dinanzi alla
Corte d’appello di Torino, lamentando la disapplicazione dagli
arbitri della penale prevista per il ritardo nell’esecuzione dei
lavori, per violazione di regole di diritto, ai sensi dell’art. 829,
comma 2, c.p.c. nella versione previgente e dell’art. 2697 c.c., in
rapporto all’onere della prova dell’inadempimento.
Con l’impugnazione, si è dedotta carente e contraddittoria
motivazione del lodo, ai sensi dell’art. 829, n.ri 4 e 5, e omesso
esame delle risultanze istruttorie, in rapporto alla mancata
riduzione della penale, ai sensi dell’art. 1384 c.c.
Il primo motivo d’impugnazione del lodo, da parte dell’ente locale,
chiedeva fosse negato il pagamento del saldo lavori alla Tekno 3
s.a.s., per la quale le opere appaltate erano sostanzialmente
terminate e non vi era stato ritardo nella loro esecuzione, se non
imputabile al committente per cui, dopo una sospensione dei lavori
dal giugno 1999 allo stesso mese del 2000 (377 giorni), il Comune di

Le riserve della Tekno 3 s.a.s., apposte in merito ai lavori extra

Moncalieri aveva disposto la ripresa dell’opera.
Lo stesso ente locale ha applicato una penale giornaliera di £
10.000.000 per il ritardo che precede nell’esecuzione dei lavori di £

(e 1.947.042,50), somma di cui, ai sensi dell’art. 1384

c.c., si è chiesta la riduzione.
Il secondo motivo d’impugnazione dell’ente locale ha dedotto che gli
arbitri avevano violato le norme sull’onere della prova, imponendo la
dimostrazione dell’inadempimento al committente creditore, mentre
spettava al debitore dare la prova liberatoria del suo comportamento,
avendo l’impresa solo escluso qualsiasi ritardo, anche in sede di
verbale di ripresa dei lavori del 23 giugno 2000, da cui risultava
chiaro che, nei lavori, vi erano state opere incomplete o ineseguite
o non collaudabili e emergeva incontrastato il fatto che era
crollato un muro per vizi di costruzione.
Il terzo motivo d’impugnazione del lodo ha dedotto l’errato rigetto
della domanda del committente di risarcimento del danno per la
perdita del finanziamento CE di e 1.395.478,81, ex artt. 2697 e 2043
c.c., di cui vi era prova documentale.
In quarto luogo, s’è pure denunciata omessa motivazione della
pronuncia arbitrale (art. 829 n. 5) sulla quantificazione dei danni
subiti dal comune, calcolati senza indicare il metodo di calcolo e
comunque, considerando come debiti di valore quelli di valuta,
conseguenti all’obbligo di versare il saldo del corrispettivo
6

3.770.000.000

contrattuale.
La Tekno 3 s.a.s. s’è costituita e ha dedotto che la impugnazione era
inammissibile per non essere fondata su vizi di diritto del lodo ì ma

Moncalieri aveva prorogato l’ultimazione dei lavori fino al marzo
2000, non consentendone poi la conclusione, per non avere provveduto
alla stipula dei contratti per gli allacciamenti alle reti urbane dei
servizi, fin quando, a maggio 2000, l’ente locale aveva indetto una
conferenza stampa, per illustrare l’opera ormai terminata.
Lo stesso ente locale aveva in seguito rilevato un ritardo di soli 90
giorni nei lavori e aveva ridotto la penale pretesa a £ 900.000.000,
essendo emersi difetti tecnici nell’opera, che il collegio arbitrale
aveva sottovalutato, affermando che essi comportavano soltanto
modesti interventi di ripristino dal committente, al quale nulla era
di conseguenza dovuto per il mancato finanziamento CE, che non era
dipeso da omissioni o inadempimenti dell’impresa.
La Corte d’appello, ritenuto rituale l’arbitrato e affermata
l’applicabilità dell’art. 829 c.c., con conseguente rilievo delle
violazioni delle regole di diritto, escludeva che il primo e il terzo
motivo di impugnazione, deducessero vizi di tale tipo nella decisione
arbitrale, non essendosi, con il primo dei motivi, escluso dal Comune
di Moncalieri il ritardo nella esecuzione dei lavori ma solo
affermata la imputabilità di esso alla società Tekno 3, negata invece
7

su mere valutazioni di fatto; l’impresa ha dedotto che il Comune di

dal collegio arbitrale sul presupposto della mancanza della
responsabilità dell’impresa per detto ritardo.
Gli arbitri avevano rilevato come, nei più collaudi eseguiti, mai il

il comune, con determina del l ° dicembre 1999 n. 1516, rilevato a
quella data, il completamento dell’80% dei lavori, rimasti nel
medesimo stato fin quando vennero consegnati per la prosecuzione ad
altra impresa, dal committente, in data 16 maggio 2000.
Gli arbitri hanno ritenuto che del ritardo non fosse responsabile la
s.a.s. Tekno 3, essendo lo stesso dovuto a cause estranee
all’attività di quest’ultima individuabili nella tipologia dell’opera
da realizzare( un teatro), e nelle molte varianti disposte dal
committente, dalla commissione di vigilanza e dai vigili del fuoco,
per cui le opere erano state realizzate solo in parte e non
completate.
Hanno ritenuto inammissibile le censure sulla valutazione data dal
lodo della prova dei vizi dell’opera costruita, qualificando le
stesse come deduzioni con cui si chiedeva solo di rivalutare le
risultanze di merito della lite, con diversa ricostruzione fattuale
e probatoria delle stesse, in rapporto al ritardo imputato
all’impresa e dovuto invece a comportamenti del committente, per cui
nessuna violazione di legge si era dedotta con l’impugnazione per
tali profili.
8

committente aveva denunciato ritardi imputabili all’ impresa, avendo

Peraltro si è ritenuto dalla Corte di merito che la mancata
imputazione del ritardo alla Tekno 3 s.a.s. fosse una valutazione di
diritto, comunque non modificabile perché motivata logicamente e

il nesso causale tra il comportamento dell’appaltatrice e il ritardo
dei lavori.
Gli arbitri avevano rilevato che la Regione Piemonte aveva prorogato
al 30 settembre 2002 la data di conclusione delle opere, e che
peraltro la società Tekno 3 era stata estromessa dal cantiere sin dal
giugno 2000, per cui nessun ritardo era ascrivibile ad essa, né
poteva addebitarsi all’impresa il ritardo nella conclusione dei
lavori eseguiti da terzi e la perdita del finanziamento dell’opera.
Ritenuta ammissibile l’impugnazione sulla incompletezza delle opere
consegnate e sui vizi e i difetti di esse, con i connessi costi di
ripristino ed esecuzione in danno, gli arbitri hanno negato fosse
identificabile il ritardo nella ultimazione dei lavori con detti
vizi, come dedotto dall’ente locale, che aveva accettato l’opera
senza formulare rilievi sugli indicati difetti, se non per un modesto
ammontare, per cui a tali fatti che non rilevavano un inadempimento
significativo per la rescissione, non poteva comunque estendersi il
giudizio arbitrale.
La Corte d’appello ha negato che, con il collaudo, il Comune di
Moncalieri avesse accettato l’opera appaltata e in tal mode si fosse
9

giuridicamente, chiedendosi con la impugnazione di riesaminare solo

precluso il diritto di ogni eventuale denuncia successiva dei vizi o
difetti di essa, per cui questi ultimi potevano essere oggetto di
accertamento a mezzo di nomina di c.t.u., con mandato da eseguire nel

nell’esecuzione del secondo lotto dei lavori e al fine di rilevare i
danni subiti dal committente per il crollo del muro di paratia
avvenuto nel febbraio 2002.
Il lodo era stato viziato, per non essersi pronunciato su tali vizi
dell’opera i e doveva dichiararsi nullo per la parte in cui risultava
carente di motivazione sugli stessi, oltre che sul crollo del muro di
cui sopra, dovendo il collegio arbitrale pronunciarsi sulla richiesta
della impresa Tekno 3 s.a.s. di condanna dell’ente locale a pagare il
saldo contrattuale di

e

467.444,81.

La Corte d’appello quindi ha dichiarato inammissibili il primo e il
terzo motivo di impugnazione del lodo, relativi alla penale da
ritardo e alla causa della perdita per la impresa del finanziamento
comunitario e, affermata la nullità parziale del lodo, per la parte
in cui aveva rigettato la domanda di risarcimento per vizi e difetti
dell’opera e quella di pagamento del saldo contrattuale, ha disposto
la prosecuzione del giudizio, per l’ulteriore corso, con la nomina di
un c.t.u., che individuasse i difetti dell’opera eseguita nel
prosieguo del giudizio.
Per la cassazione di tale sentenza non definitiva della Corte di
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prosieguo della causa, soprattutto in rapporto ai vizi emersi

appello di Torino del 1 0 febbraio 2008, la Tekno 3 s.a.s. ha proposto
ricorso notificato il 17 aprile 2008 con due motivi, conclusi da
quesiti di diritto per le denunciate violazioni di legge ai sensi

controricorso e ricorso incidentale di unico articolato motivo
notificato 21 maggio dello stesso anno e illustrato da memoria,ai
sensi dell’art. 378 c.p.c.
Motivi della decisione
1.1. Il primo motivo del ricorso principale della s.a.s. Tekno 3
deduce violazione, dalla sentenza impugnata, dell’art. 360 n. 3
c.p.c., dell’art. 829, 2 ° comma, n. 9 c.p.c., nella versione vigente
ratione temporis all’epoca in cui l’appalto fu concluso, oltre che
degli artt. 1665, 1666 e 1667 c.c. e dell’art. 360 n. 5 c.p.c., per
omessa motivazione del fatto decisivo per il giudizio, di avere
ritenuto erroneamente accettata l’opera dal committente.
Tale accettazione, incompatibile con l’applicazione della penale per
il ritardo della ultimazione dei lavori, si è rilevata dai soli
collaudi parziali eseguiti nel corso dei lavori da parte del
committente, così violando le norme che regolano l’accettazione delle
opere pubbliche alla loro conclusione, e con gli articoli del codice
civile citati.
S’è ritenuto ammissibile il secondo motivo di impugnazione del lodo,
che censurava la negazione dagli arbitri della sussistenza di vizi e
11

dell’art. 366 bis c.pc. ) e contrastati dal Comune di Moncalieri con

difetti risarcibili nell’opera oggetto di appalto, perché la
decisione arbitrale presupponeva che il Comune di Moncalieri avesse
accettato i lavori, senza rilievi di sorta, ed era quindi da negare

dell’opera e per il risarcimento del danno.
In tal modo, il lodo ha dato rilievo a tutti i collaudi parziali
avutisi in corso d’opera, per ritenere esclusi i vizi e difetti di
Aulzar,
questaVaallo stesso comune committente e ; implicitamente, ha negato
che unica sede in cui tali vizi potevano essere legittimamente
esclusi, era quella del collaudo finale, come accade negli appalti
privati, ai sensi degli artt. 1665 e 1667 c.c., potendo decorrere,
secondo la Corte di merito, solo da tale collaudo conclusivo,
termini di decadenza per l’azione di garanzia per vizi.
Gli arbitri non avevano rilevato che i collaudi parziali escludevano
il diritto di agire del committente e la sua decadenza da ogni
azione, ma solo che erano stati accertati con essi vizi o carenze
delle opere rilevanti per il risarcimento, non negando il valore
determinante del collaudo finale come termine ultimo per la denuncia
dei vizi dell’opera costituita da un complesso teatrale, difetti che
potevano dedursi in sede di azione giudiziaria proponibile in
qualsiasi momento essi fossero stati individuati.
Non si è mai detto nella sentenza impugnata,che i collaudi parziali
che precedono precludessero le azioni contrattuali e risarcitorie del
12

che l’ente locale fosse legittimato ad agire per il ripristino

committente, ma si è solo negato che i vizi o difetti fossero tali da
consentire l’applicazione della penale per i ritardi nella consegna.
Nessuna accettazione dell’opera vi era stata dal Comune di Moncalieri

eseguiti in corso d’opera, tanto che, nel verbale sullo stato di
consistenza redatto prima della rescissione del contratto, in data 23
giugno 2000, erano già risultati tali difetti di esecuzione dei
lavori per cui, con separato documento, si erano previste opere “di
ripristino e/o completamento da eseguirsi a danno dell’impresa”,
escludendosi implicitamente che vi fosse una verifica definitiva
delle opere, idonea a legittimare l’impresa a pretendere il pagamento
ex art. 1666 c.c.
Si è rilevata dalla sentenza della Corte d’appello sulla impugnazione
del lodo, una sorta di accettazione dei lavori í e l’esistenza di un
collaudo idoneo a imporre il loro pagamento, ma tale conclusione non
è contenuta nella decisione degli arbitri; il lodo esclude infatti
che il collaudo possa costituire fonte di accertamento della
responsabilità dell’appaltatore per vizi e difformità, rispetto alle
previsioni in contratto.
La Corte di merito ha solo concluso che le opere erano “collaudabili”
e che non vi erano “le condizioni per la esecuzione in danno”, anche
perché, dopo l’alluvione che le aveva colpite, non poteva facilmente
giungersi ad un giudizio sulla loro esecuzione corretta, anche se
13

e tale atto di accettazione non poteva emergere dai collaudi parziali

potevano stabilirsi le somme ancora dovute dal committente
all’impresa.
Il lodo ha ritenuto il collaudo finale non idoneo a provare alcun

accertamento dei difetti e vizi dei lavori da imputare all’impresa,
dovendosi condannare questa a pagare quanto necessario a procedere
alle conseguenti riparazioni di quanto non ben realizzato, non
essendosi comunque provato dal committente di avere chiamato altra

inadempimento dell’appaltatrice, anche se poteva essere fonte di

impresa per eseguire gli interventi di cui sopra e dovendosi negare /
per tale profilo/ alcun risarcimento a carico della Tekno 3.
Il lodo aveva solo affermato che le opere eseguite erano
“collaudabili” e che non vi erano le “condizioni per l’esecuzione in
danno” dei lavori di riparazione di esse.
Il quesito conclusivo del primo motivo di ricorso chiede a questa
Corte di accertare se l’affermazione del lodo che l’opera era
collaudabile, costituisse anche constatazione dell’avvenuta
accettazione senza riserve dal Comune dell’opera, ai sensi degli
artt. 1665 e 1666 c.c. e agli effetti della decadenza di cui all’art.
1667 c.c.
1.2. Il secondo motivo di ricorso denuncia violazione degli artt. 61,
191 e 194 c.p.c. e dell’art. 2667 c.c., censurando la sentenza di
merito che ha escluso l’accettazione dell’opera dal committente, per
poi disporre la prosecuzione del giudizio con la nomina di un c.t.u.,
14

per accertare la “effettiva sussistenza, entità e addebitabilità di
vizi e difetti” dei lavori eseguiti.
Si è esentato in tal modo il Comune dal fornire la prova

relative all’accertamento dello stesso all’ ausiliario nominato dal
tribunale, cui si è dato mandato di individuare i vizi e difetti già
riscontrati nel verbale di collaudo del 14 dicembre 2001, chiarendo
se gli stessi siano connessi ai lavori eseguiti dalla indicata
impresa ovvero da quelli proseguiti successivamente da altri
appaltatori.
In tal modo al consulente si è affidato un incarico che sostituisce
il giudice, così violando una regola di diritto ai sensi dell’art.
829, 2 ° comma, c.p.c. nella versione all’epoca vigente, confondendo
l’accertamento dal lodo della collaudabilità dell’opera, al momento
della interruzione dei lavori) che coincide con quello
dell’accettazione dell’opera stessa dal committente.
3. Poiché il ricorso attiene a sentenza successiva alla entrata in
vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006 n. 40, esattamente definita dallo
stesso ricorrente non definitiva, occorre anzitutto porsi il problema
se esso è ammissibile ai sensi dell’art. 360, comma 3, c.p.c.,
applicabile

ratione temporis alla presente impugnazione d’una

sentenza del 2008, cioè successiva alla novella della norma di rito
sopra citata (cfr. nello stesso senso, S.U. 28 giugno 2013 n. 16310).
15

dell’inadempimento contrattuale della Tekno 3, affidando le indagini

Nella pronuncia di merito oggetto di ricorso, vengono in rilievo più
statuizioni contenute nella sentenza impugnata di cui alcune non
possono che qualificarsi definitive e come tali ricorribili in questa

Delle statuizioni oggetto di ricorso è certamente da qualificare
definitiva quella censurata nel primo motivo, che domanda di rilevare
se l’affermata collaudabilità dell’opera terminata all’80%, possa
qualificarsi accettazione dell’opera stessa, come sembra dire la
decisione di merito, con conseguente decadenza di ogni azione di
risarcimento o di garanzia dell’impresa per i vizi oggetto di causa,
per decorso dei relativi termini i per rilevarli dalla data di
accettazione dell’opera da parte del committente.
La decisione degli arbitri che ha escluso l’applicabilità della
penale prevista in contratto per il ritardo nei lavori, era
certamente censurabile per il profilo che precede, in quanto da essa

sede.

è dipeso che nulla si è allo stato riconosciuto al committente Comune
di Moncalieri da parte dell’impresa appaltatrice, sia per effetto
della penale da inadempimento di cui al contratto che per ogni

domanda di danni derivati dalla perdita del finanziamento comunitario
dei lavori oggetto d’appalto.
Per i due profili che precedono la Corte torinese ha rigettato il
primo e il terzo motivo di impugnazione ed ha, ai sensi dell’art.
830, 1 0 comma c.p.c., dichiarato la nullità parziale del lodo in via
16

principale sul capo b, con il rigetto della domanda del Comune, di
risarcimento del danno per vizi e difetti dell’opera di cui al primo
lotto e quella di pagamento alla società del saldo contrattuale pari

c.t.u. necessaria per la prosecuzione del processo.
Il motivo di ricorso principale che censura la sentenza della Corte
di merito per avere affermato la collaudabilità dell’opera, eseguita
e completata all’80 % incontestatamente, è ammissibile per il profilo
di cui all’art. 360, 4 ° e già 3 ° comma,c.p.c., in quanto non impugna
unQpronuncia non definitiva; esso attiene a statuizione definitiva
della sentenza impugnata, che non qualifica come accettate le opere

ad e 467.444,61, disponendo, con separata ordinanza, la nomina di

per cui è causa dal committente, ma solo ne rileva in fatto la
collaudabilità, anche se incomplete o solo parzialmente terminate
all’80%, per cui non potevano essere ritenute accettate dalla P.A.
committente.
Se ai sensi del 3 ° comma dell’art. 360 c.p.c. il ricorso su
statuizioni non definitive è inammissibile, è semplice rilevare che
il primo motivo di ricorso censura una statuizione definitiva della
sentenza sulla nullità parziale del lodo, per cui per tale profilo la
censura è sicuramente ammissibile.
Il primo motivo di ricorso va però dichiarato precluso per il diverso

profilo che non deduce errori di diritto della sentenza impugnata, ma
solo pretesi errori di fatto e di merito, per avere ritenuto esservi
17

stata una accettazione sostanziale dell’ opera da parte del
committente, che non risulta come sia stata desunta dalla sentenza
impugnata.

del lodo e confermato le decisioni di esso per la disapplicazione
della penale da ritardo nell’esecuzione del primo lotto e il rigetto
dell’azione di risarcimento per la perdita del finanziamento
comunitario.
La prosecuzione del giudizio e la nomina del c.t.u. disposta con
separata ordinanza, evidenzia come la stessa sentenza impugnata ha
implicitamente escluso che dovesse ritenersi accettata l’opera
eseguita con l’appalto per conto del comune con i collaudi parziali
e, quindi, in quanto il motivo di ricorso si fonda su tale
presupposto errato in fatto, nessuna denuncia di norme di diritto può
assumere rilievo e lo stesso motivo non può che essere comunque
dichiarato inammissibile.
3.2. Il secondo motivo di ricorso censura invece la statuizione non
definitiva della sentenza impugnata relativa ai presupposti che

La Corte di merito ha solo escluso l’ammissibilità dell’ impugnazione

evidenziano la necessità della nomina del c.t.u. e quindi non può che
dichiararsi inammissibile ai sensi dell’art. 360, 3 ° comma c.p.c.
4. In conclusione, il ricorso principale deve rigettarsi e quello
incidentale dichiararsi inammissibile e per la soccombenza reciproca,
le spese del presente giudizio di cassazione devono totalmente
18

compensarsi tra le parti.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile

Così deciso in Roma nella camera di consiglio della 1″ sezione civile
della Corte di Cassazione del 16 ottobre 2013.

l’incidentale; compensa le spese del giudizio di cassazione.

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