Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25742 del 14/12/2016


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Cassazione civile, sez. lav., 14/12/2016, (ud. 21/09/2016, dep.14/12/2016),  n. 25742

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7210-2011 proposto da:

D.R.A. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA GREGORIO VII n. 108, presso lo studio dell’avvocato BRUNO

SCONOCCHIA, che lo rappresenta e difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

CONFINDUSTRIA – CONFEDERAZIONE GENERALE DELL’INDUSTRIA ITALIANA C.F.

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA L.G. FARAVELLI 22, presso lo

studio degli avvocati ARTURO MARESCA, MONICA GRASSI che la

rappresentano e difendono, giusta delega in atti;

– controricorrente –

nonchè contro

AEDIFICATIO S.P.A. C.F. (OMISSIS);

– intimata –

Nonchè da:

AEDIFICATIO S.P.A. C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

L.G. FARAVELLI 22, presso lo studio degli avvocati ARTURO MARESCA,

MONICA GRASSI che la rappresentano e difendono, giusta delega in

atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

D.R.A. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA GREGORIO VII n. 108, presso lo studio dell’avvocato BRUNO

SCONOCCHIA, che lo rappresenta e difende giusta delega in atti;

– controricorrente al ricorso incidentale –

nonchè contro

CONFINDUSTRIA – CONFEDERAZIONE GENERALE DELL’INDUSTRIA ITALIANA C.F.

(OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 3486/2010 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 25/06/2010 R.G.N. 2068/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/09/2016 dal Consigliere Dott. DE MARINIS NICOLA;

udito l’Avvocato SCONOCCHIA BRUNO;

udito l’Avvocato GIANNI’ GAETANO per delega verbale Avvocato MARESCA

ARTURO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CERONI FRANCESCA che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale e di quello incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 25 giugno 2010, la Corte d’Appello di Roma, in parziale riforma della decisione resa dal Tribunale di Roma, accoglieva la domanda proposta da D.R.A. nei confronti di Confindustria – Confederazione Generale dell’Industria Italiana nonchè di Aedificatio S.p.A., alle dipendenze delle quali aveva prestato servizio per essere stato assunto dalla prima in qualità di impiegato ed essere poi transitato all’altra per effetto di cessione di contratto cui aveva prestato consenso, limitatamente al riconoscimento del diritto alla corresponsione dell’indennità di cassa quantificata in complessivi Euro 7.855,28.

La decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto di dover rigettare la domanda principale, relativa alla restituzione del capitale di copertura (da incorporare nel trattamento di fine rapporto) versato a fronte del trattamento previdenziale integrativo previsto dall’originario contratto concluso con Confindustria nell’importo maturato fino alla data del 31.5.1982, data in cui, essendo ancora in atto il rapporto tra le parti, Confidustria aveva deliberato la soppressione del trattamento medesimo, per risultare il diritto prescritto e comunque insussistente in quanto subordinato al verificarsi delle condizioni previste dal Regolamento per l’erogazione del trattamento integrativo poi revocato e revocato legittimamente stante l’intervento della L. n. 297 del 1982, con inconfigurabilità in relazione a tale revoca di ogni pretesa risarcitoria o creditoria fondata sul diverso titolo dato da un obbligo di tale contenuto assunto da Confindustria sulla base di dichiarazioni ammissive del debito e di dover, viceversa accogliere, sia pur nei limiti dell’eccepita prescrizione quinquennale, la pretesa all’indennità di cassa essendo a tal fine sufficiente la prova dello svolgimento di attività implicanti il maneggio del denaro.

Per la cassazione di tale decisione ricorre il D.R. affidando l’impugnazione a due motivi cui resistono, con controricorso, Confindustria ed Aedificatio S.p.A., la quale a sua volta propone ricorso incidentale, articolato su un unico motivo, cui resiste, con controricorso, il D.R.. Tutte le parti hanno presentato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, il ricorrente principale, nel denunciare la violazione e falsa applicazione della delibera della Giunta di Confindustria del 10.11.1983 in una con il vizio di motivazione, lamenta da parte della Corte territoriale il fraintendimento della causa petendi della domanda proposta, volta al recupero del capitale di copertura del trattamento pensionistico integrativo previsto per i dipendenti di Confindustria fino alla data di revoca del relativo regolamento (31.5.1982) già maturato in suo favore dalla data di assunzione fino a tutto il periodo di vigenza del beneficio (atteso che il rapporto con Confindustria a far data dal 30.12.1982 cessava per intervenuta cessione di contratto a Aedificatio S.p.A.), da identificarsi nella maturazione dei requisiti previsti per l’acquisizione del diritto ed in particolare dell’età pensionabile, fraintendimento da cui discende tanto la ritenuta operatività della prescrizione, a suo dire, viceversa, esclusa dal perfezionarsi del diritto, non alla data di cessazione del rapporto con Confindustria, come ritenuto dalla Corte territoriale, ma all’atto dell’insorgere del diritto a pensione, sia il ritenuto venir meno tout court del diritto anche al capitale di copertura a seguito della revoca del beneficio da parte di Confindustria, per essere tale determinazione insuscettibile di porre nel nulla le situazioni giuridiche di vantaggio già in precedenza riconosciute ed acquisite da parte del lavoratore.

Nel secondo motivo la medesima censura relativa al travisamento dei fatti costitutivi della prospettata domanda, che sfocia nella denuncia di un vizio di motivazione e di un conseguente vizio di violazione e falsa applicazione degli artt. 1173, 1175, 1324 e 1346 c.c., fa leva sulla previsione contenuta nella citata delibera della Giunta confindustriale relativa al riconoscimento di un indennizzo per il pregiudizio economico subito dai dipendenti confederali alla data del 31.5.1982 che, a suo dire, lungi dal rivestire carattere programmatico, come ritenuto dalla Corte territoriale, era idonea a configurare a carico di Confindustria una vera e propria obbligazione, la cui determinatezza non era inficiata dalla mancata precisazione in quella sede di modalità e tempi dell’erogazione.

Dal canto suo, l’Aedificatio S.p.A., ricorrente incidentale, con l’unico motivo, nel denunciare un vizio di motivazione, lamenta l’erroneità dell’orientamento interpretativo accolto dalla Corte territoriale intesa a riconoscere la spettanza dell’indennità di maneggio denaro, indipendentemente da una specifica previsione in tal senso del contratto collettivo applicabile, come, viceversa, sarebbe, a suo dire, necessario, stante l’origine eminentemente contrattuale dell’istituto, ogni qual volta sia in concreto configurabile una responsabilità del dipendente a fronte di ammanchi od errori contabili.

I due motivi del ricorso principale, che, in quanto strettamente connessi, possono essere qui trattati congiuntamente, risultano infondati, a prescindere dal profilo di inammissibilità che discende con riguardo al primo motivo da denuncia di un vizio di violazione di un atto non avente natura normativa.

Va innanzitutto ribadito l’orientamento ripetutamente espresso da questa Corte, (vedi, da ultimo, Cass. 8 agosto 2005, n. 16651, Cass. ord….2012, n. 9907, Cass. 29 maggio 2013, n. 13395; Cass. 26 maggio 2014, n. 11720), secondo cui spetta al giudice di merito accertare, con valutazione incensurabile in questa sede ove congruamente motivata, se singoli istituti aventi struttura diversa rispetto all’indennità di anzianità possano essere finalizzati ad introdurre forme sostitutive od integrative o duplicative delle spettanze di fine rapporto, acquisendo la natura e la funzione proprie dell’indennità di anzianità, con conseguente applicazione, in tale ipotesi, della generale invalidazione sancita dalla L. n. 297 del 1982, art. 4, orientamento in base al quale, in controversie del tutto sovrapponibili alla presente, la Corte ha ritenuto la legittimità di pronunzie di merito che avevano sancito l’assimilazione all’indennità di anzianità del “capitale di copertura” per la costituzione del trattamento di previdenza integrativa previsto dal regolamento aziendale per il personale della Confindustria.

A questa stregua va ritenuta legittima la statuizione della Corte territoriale relativa all’insussistenza del preteso diritto quesito alla quota del capitale di copertura accantonata sino al 31 maggio 1982, dal momento che, identificandosi il c.d. capitale di copertura con la capitalizzazione della pensione integrativa prevista dal regolamento predetto poi revocato con la delibera del 10 novembre 1983, la relativa pretesa presupporrebbe la maturazione del diritto alla pensione integrativa medesima.

Pienamente condivisibile è poi l’argomentazione della Corte che attribuisce rilievo alla facoltà riconosciuta, con la comunicazione di servizio del 14 novembre 1983, ai dipendenti che fossero addivenuti alla risoluzione del rapporto entro il 31 dicembre 1983, a ristoro del pregiudizio economico sofferto per effetto della revoca del trattamento integrativo, di esigere all’atto della cessazione del rapporto, la diretta corresponsione del capitale accantonato, in relazione alla quale si legittima la sancita estinzione del relativo diritto stante il mancato esercizio del medesimo nei termini di prescrizione da parte del ricorrente, che pur versava nella condizione prevista, per essere il suo rapporto con Confindustria cessato il 31 dicembre 1982.

Parimenti infondato si rivela l’unico motivo del ricorso incidentale stante il consolidato orientamento di questa Corte che riconosce il diritto all’indennità di cassa in ogni ipotesi in cui il materiale contatto e maneggio di denaro e l’attività di riscossione e pagamenti svolti con carattere di normalità e non eccezionalmente ed occasionalmente, comportano la presunzione di responsabilità per eventuali errori e l’esposizione del lavoratore ad una possibile responsabilità di carattere finanziario, non rivestendo rilievo la mancata specifica previsione di responsabilità contabile del dipendente, da ritenersi al contrario sussistere ex recepto in relazione allo svolgimento di tale attività (cfr., da ultimo, Cass. n. 7353/2004).

Tanto il ricorso principale quanto il ricorso incidentale vanno dunque rigettati con compensazione delle spese del presente giudizio, in considerazione della reciproca soccombenza.

PQM

La Corte rigetta entrambi i ricorsi e compensa tra le parti le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 21 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 14 dicembre 2016

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