Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25740 del 22/09/2021

Cassazione civile sez. III, 22/09/2021, (ud. 23/03/2021, dep. 22/09/2021), n.25740

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3505-2018 proposto da:

T.C., rappresentata e difesa dall’avv. PATRIZIA MALTAGLIATI,

ed elettivamente domiciliata in Roma, via Pierluigi da Palestrina,

63, presso l’avv. MARIO CONTALDI;

– ricorrenti –

contro

TO.RI., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI S. ANGELA

MERICI, 16, presso lo studio dell’avvocato ALVARO SPIZZICHINO, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIUSEPPE CIMINO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1191/2017 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 19/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/03/2021 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CRICENTI.

 

Fatto

RITENUTO

CHE:

1.- T.C. ha concesso in locazione alla impresa individuale Agricola di To.Ri. un immobile ad uso commerciale, con un contratto del 16.3.2011, che però seguiva ad altri contratti già stipulati con la madre della conduttrice sin dal 1987. La conduttrice ha agito in giudizio nei confronti della locatrice per avere la restituzione di 13672,25 Euro, che riteneva di avere corrisposto indebitamente, pagamento che era documentato da 14 ricevute, aventi causali varie, come la dicitura “spese annuali” o “per lavori straordinari” ecc.; inoltre la conduttrice ha chiesto la restituzione del deposito cauzionale che era stato previsto dal contratto del 16.3.1999, a cagione della risoluzione di quest’ultimo e sulla base della circostanza che quello del 16.3.2011 fosse un contratto nuovo, piuttosto che una rinnovazione del precedente.

2. – Il Tribunale ha rigettato la domanda essenzialmente osservando che l’attrice non aveva dato prova dell’indebito, ossia della circostanza che quei pagamenti non avevano alcuna ragione giustificativa e, quanto alla richiesta di restituzione della cauzione, ha rilevato che, essendo il rapporto ancora in corso, non ve ne fosse diritto, in quanto la restituzione della cauzione presuppone l’estinzione del rapporto.

Questa decisione è stata riformata in appello, dove i giudici hanno osservato che la conduttrice aveva, si, l’onere di provare che i pagamenti eseguiti non trovavano giustificazione nel contratto di locazione, ma che lo aveva assolto attraverso le prove addotte; quanto alla cauzione, invece, la corte di secondo grado ha ritenuto che il contratto del 16.3.2011 non fosse una mera rinnovazione del precedente, bensì un contratto nuovo con la conseguenza che, estinto quell’altro, si aveva titolo per richiedere la restituzione del deposito.

3.-La locatrice, T.C., impugna questa decisione di secondo grado con quattro motivi a fronte dei quali v’e’ controricorso della conduttrice intimata. La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 bis c.c.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

4.- Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione di legge, genericamente indicata, e insufficiente e contraddittoria motivazione. Si deduce dal motivo che la censura attiene, a volerla “rubricare”, alla violazione degli artt. 115,116 c.p.c. e art. 2697 c.c..

Infatti, sostiene la ricorrente che la corte di merito ha invertito l’onere della prova, ossia ha violato la regola per cui l’onere di provare che il pagamento è indebito grava sul solvens, che agisce in giudizio per la ripetizione, e non già sull’accipiens.

Ciò premesso, ritiene che la corte abbia erroneamente valutato le prove, in quanto quelle versate in atti non erano assolutamente idonee a provare l’assenza di causa dei versamenti.

Il motivo è inammissibile.

Esso, infatti, non coglie la ratio decidendi: la corte di appello non ha affatto ritenuto che l’onere di dimostrare l’indebito grava sull’accipens, anziché sul solvens che agisce in giudizio, piuttosto, dopo avere affermato che è onere di quest’ultimo dare la prova dell’assenza di causa del pagamento, ha solo precisato, richiamando una regola di questa corte (Cass. 17345/2011), quale sia l’ambito di quell’onere, nel senso che il solvens deve dimostrare un assenza di causa del pagamento in relazione a quello specifico rapporto contrattuale, e non già ad ogni possibile altro rapporto in essere con l’accipiens.

Regola, ovvia, ma il cui richiamo dimostra che la corte di merito ha attribuito al solvens l’onere di provare l’indebito, salvo a delimitare l’ambito di tale onere.

5.- Il secondo motivo denuncia, pur esso genericamente, violazione di legge, ma senza indicare quale, oltre che difetto di motivazione.

Si ricava anche in questo caso dalla motivazione che le norme violate sarebbero gli artt. 115 e 116 c.p.c.

Infatti, la ricorrente si duole della erronea valutazione delle prove addotte dalla controparte, ed in particolare dell’erroneo rilievo dato alle dichiarazioni delle parti, della mancata valorizzazione delle dichiarazioni testimoniali, del complessivo risultato delle prove assunte (p. 13 in particolare).

Il motivo è inammissibile.

Vale quanto detto per il motivo precedente: la censura mira a sindacare la valutazione delle prove, che è rimessa invece al discrezionale giudizio del giudice di merito, sindacabile in Cassazione solo per difetto assoluto di motivazione o per errore percettivo.

Peraltro, la ricorrente, a voler discutere nel merito, neanche offre una censura specifica della valutazione delle prove, ossia non dice in cosa il giudizio del giudice di merito è errato.

Inoltre, quanto alla censura di violazione dell’art. 115 c.p.c., essa non è dedotta nel modo indicato da Cass. n. 11892 del 2916, seguita a numerose conformi e condivisa da Cass., Sez. Un., n. 16598 del 2016 in motivazione non massimata. La stessa evocazione della valutazione della prova e di una contraddittorietà di motivazione palesano che il motivo sollecita una rivalutazione della ricostruzione della quaestio facti non consentita vigente l’attuale art. 360 c.p.c., n. 5.

6.- Il terzo motivo denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c.

La ricorrente assume di avere eccepito la prescrizione del diritto alla ripetizione dell’indebito e di avere altresì eccepito la compensazione dell’eventuale suo debito con crediti aventi titoli diversi, e denuncia la circostanza che la corte di merito non ha pronunciato né sull’una né sull’altra eccezione.

Il motivo è inammissibile.

La ricorrente allega di aver svolto sia eccezione di prescrizione che eccezione di compensazione, con la comparsa di costituzione, e di avere ribadito entrambe in appello. Tuttavia, la ricorrente non riporta il contenuto delle eccezioni, né dell’una, né dell’altra, che non sono nel motivo di ricorso adeguatamente specificate, né indica in quale punto degli atti difensivi le ha proposte. Con la conseguenza che non è dato sapere quale fossero esattamente le ragioni poste a base di tali eccezioni.

Il motivo non soddisfa dunque il requisito dell’art. 366 c.p.c., n. 6.

7.- Il quarto motivo denuncia violazione degli artt. 1362 c.c. e ss. e rimprovera alla corte di merito una errata interpretazione della volontà contrattuale quanto alla rinnovazione del contratto in essere.

In pratica, la conduttrice aveva chiesto la restituzione della cauzione sul presupposto che il contratto del 1999 fosse estinto, ed al suo posto ne fosse stato stipulato uno nuovo, nel 2011. Cosi che, estinto il contratto in cui la cauzione era pattuita, questa andava restituita.

Secondo la ricorrente la corte di merito ha errato nel ritenere che il contratto si è estinto ed al suo posto ne è stato stipulato un altro, ed avrebbe invece dovuto ritenere la mera rinnovazione di quello precedente, in considerazione del fatto che il bene locato non era mai stato riconsegnato.

Il motivo è fondato.

In realtà, la censura mira a far valere la sostanziale inesistenza di una motivazione ai sensi dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 ed in tal senso è fondata: la motivazione, estesa nelle ultime tre righe della pagina 4 e nelle sette righe iniziali della pagina successiva, non integra una motivazione in iure con riguardo alla fattispecie che la corte di merito ha giudicato. E ciò sia là dove afferma che nel caso di stipula di nuovo contratto la mancanza di una volontà espressa in esso circa la sorte della cauzione determinerebbe l’insorgenza del diritto alla restituzione, sia là dove afferma che la riconsegna della detenzione giustificativa del diritto alla restituzione sarebbe integrata da quello che chiama “conferimento alla locatrice della facoltà di disporre del bene”, facoltà il cui esercizio da parte della T. si è estrinsecato nella stipulazione di un nuovo contratto: l’assoluta carenza di individuazione delle norme che in iure giustificherebbero le due affermazioni da un lato e dall’altro l’assenza di qualsiasi spiegazione dell’inferenza delle conseguenze tratte dai fatti noti palesano la totale apoditticità della motivazione.

8.- Il ricorso va dunque accolto nei termini che precedono.

P.Q.M.

La Corte rigetta i primi tre motivi, accoglie il quarto. Cassa la decisione impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Genova in diversa composizione, anche per le spese.

Così deciso in Roma, il 23 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2021

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