Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25738 del 22/09/2021

Cassazione civile sez. III, 22/09/2021, (ud. 23/03/2021, dep. 22/09/2021), n.25738

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7259-2019 proposto da:

EIMIFRI SRL, rappresentata e difesa dall’avv.to Tommaso di Seyssel, e

MARCO MARIO RAPINI, elettivamente domiciliata in Roma piazza Cavour

presso la Cancelleria civile della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

GENERALFINANCE SPA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PINCIANA,

25, presso lo studio dell’avvocato ILARIO GIANGROSSI, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3887/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 21/08/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/03/2021 dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI FLORIO.

 

Fatto

RITENUTO

che:

1. La Eimifri srl (da ora Eimifri) ricorre, affidandosi a tre motivi illustrati da memoria, per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Milano che aveva rigettato l’impugnazione proposta avverso la pronuncia del Tribunale con la quale – respinta la sua domanda di accertamento negativo del credito ed in accoglimento della domanda riconvenzionale della Generalfinance Spa per le prestazioni effettivamente erogate – era stata ritenuta sussistente la cessione del credito futuro relativo al contratto stipulato dalla odierna ricorrente con la G.V. Pubblicità (GVP), avente per oggetto l’acquisto in via esclusiva di spazi televisivi sull’emittente (OMISSIS).

1.1. Per ciò che interessa in questa sede, la società ricorrente ha dedotto:

a. che successivamente alla stipula del contratto con la GVP (che prevedeva il pagamento di un importo mensile), aveva ricevuto una richiesta, dalla Generalfinance Spa, di autorizzazione della cessione del credito relativo alle prestazioni che la GVP avrebbe dovuto eseguire nel trimestre marzo/maggio 2015, e che aveva autorizzato la cessione precisando che le prestazioni dovevano ancora eseguirsi;

b. che esse non erano state correttamente erogate tanto che la GVP si era resa inadempiente dal marzo 2015 ed era stata poi dichiarata fallita;

c. di aver negato l’insorgenza del credito vantato precisando che, invece, aveva maturato un credito corrispondete alle penali previste dal contratto.

2. La parte intimata ha resistito con controricorso e memoria.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione del D.L. n. 179 del 2012, art. 16bis.

1.1 Lamenta la nullità della sentenza per violazione delle norme sul procedimento in quanto la Corte non aveva considerato che la lettera del 19.6.2015 spedita da Eimifri a Generalfinance e contenente il riconoscimento di debito – alla quale la Corte, diversamente dal giudice di primo grado, aveva attribuito valore confessorio e valenza decisiva per la soluzione della controversia – stata prodotta solo in forma cartacea nel fascicolo di cortesia del giudice di primo grado e, telematicamente, soltanto nel giudizio d’appello.

1.2. Si duole del fatto che la Corte aveva errato nel ritenere che l’atto aveva raggiunto il suo scopo perché c’era stata comunque l’interlocuzione delle parti, visto che la circostanza era stata negata in quanto, nella memoria di cui all’art. 183 c.p.c. (richiamata espressamente), era stato rilevato che non risultasse in atti e di non essere venuto a conoscenza della produzione.

1.3. Il motivo è inammissibile.

1.4. Deve premettersi che effettivamente la lettera del D.L. n. 179 del 2012, art. 16bis, comma 9 prevede che il giudice può ordinare il deposito di copia cartacea di singoli atti e documenti per ragioni specifiche: non può ignorarsi, però, che proprio il potere riconosciuto al giudice di imporre un deposito anche cartaceo e per esigenze specifiche, implica che il deposito telematico previsto “di norma” sia l’unico possibile.

1.5 D’altro canto l’uso del termine “esclusivo” utilizzato nell’art. 16bis, comma 1 – a regime, dal 2014 – nel comma 4 implica ex necesse una previsione di essenzialità della forma.

1.6. Ciò non impedisce, tuttavia, di applicare il principio della idoneità della (diversa) forma al raggiungimento dello scopo, ex art. 156 c.p.c.

1.7. Del resto, la stessa ricorrente afferma che:

a. con la memoria di cui all’art. 183 c.p.c. aveva interloquito sul documento limitandosi a dichiarare di non averne avuto cognizione e che non risultava dagli atti, ma non ha mai dedotto di avere eccepito la violazione della modalità di deposito;

b. nell’ordinanza ai sensi dell’art. 186 c.p.c. il documento era stato considerato, ma non deduce se, dopo aver appreso del deposito cartaceo, prospettò la relativa eccezione, né se in sede di precisazione delle conclusioni, nella memoria conclusionale o in quella di replica di primo grado provvide a sollevarla.

Sotto tale profilo, dunque, la censura manca anche di autosufficienza.

1.8 Ora, tanto premesso, il Collegio ritiene che:

a. la Corte, respingendo il rilievo, abbia legittimamente ricondotto la decisione alla regola appena richiamata, prescritta dall’art. 156 c.p.c.;

b. trattandosi comunque di violazione processuale, verrebbe in rilievo, al fine di configurarla, la strumentalità delle forme e la violazione del diritto di difesa che la Corte territoriale ha espressamente escluso, introducendo una ulteriore ratio decidendi, in quanto il documento era stato oggetto di contraddittorio e di “ampia interlocuzione fra le parti prima ancora di verificarne l’omessa trasmissione” (cfr. pag. 8 penultimo cpv della sentenza impugnata) (cfr. Cass. 26419/20 secondo cui “la denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme processuali non tutela l’interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione; ne consegue che è inammissibile l’impugnazione con la quale si lamenti un mero vizio del processo, senza prospettare anche le ragioni per le quali l’erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o altro pregiudizio per la decisione di merito; ed in termini anche Cass. 23638/2016).

1.9 Da ciò deriva che la questione posta dal motivo in esame, in ogni caso, non è decisiva per una diversa soluzione della controversia.

2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 2697 c.c. in combinato disposto con gli artt. 2729 e 2721 c.c..

2.1. Lamenta che la Corte non aveva considerato che la Generalfinance non aveva mai dato prova di aver concluso un contratto di cessione del credito con la GVP, e che, comunque, essa ricorrente lo aveva sempre contestato.

2.2. Critica la motivazione con la quale era stato dato rilievo alla documentazione prodotta affermando, erroneamente, che da essa poteva desumersi il contenuto di un atto non prodotto.

2.3. Assume che tale presunzione era stata affermata in violazione dell’art. 2729 c.c., comma 2 in ragione dell’ingente valore del credito che ne precludeva l’utilizzo (con riferimento al valore indicato nell’art. 2721 c.c.) ed in mancanza di indizi gravi, precisi e concordanti.

2.4. Il motivo è inammissibile.

Preliminarmente si rileva che il ricorrente:

a) non fornisce una chiara indicazione della motivazione che sta censurando e, dunque, di quella che avrebbe violato le norme evocate;

b) la violazione dell’art. 2697 c.c. non viene dedotta nei sensi prescritti dalla giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass., SU 16598/2016; Cass. 26769/2018);

c) la violazione dell’art. 2729 non è chiaramente dedotta (cfr. Cass. SUU 1785/2018);

d) non si coglie una chiara indicazione della ragione per cui sarebbe violato l’art. 2721 c.c.

2.5 Deve aggiungersi, comunque, che il ricorrente mostra di non aver colto la principale ratio decidendi della sentenza che, in premessa, ha affermato che “lo stesso appellante aveva ricevuto in data 05/02/2015 la comunicazione della cessione del credito portato dalla fattura n. (OMISSIS) emessa nei suoi confronti da GVP per la somma di Euro 269.620,00 a fronte dell’intercorso contratto stipulato il 22/12/2014 relativo all’acquisto di una serie di spazi televisivi: la Corte territoriale ha preso le mosse da tale dichiarazione, confermata nello stesso ricorso (cr. pag. 3 secondo cpv punto II e pag. 7 secondo cpv) in esame, ragione per cui il motivo non si confronta con tale decisiva statuizione, richiedendo surrettiziamente una diversa valutazione delle emergenze processuali, non consentita in sede di legittimità.

3. Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta, infine, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione degli artt. 1260 e 2697 c.c.

3.1. Deduce al riguardo, che la Corte avrebbe invertito l’onere probatorio di GVP in funzione della determinazione del controcredito monetario, addossando alla ricorrente l’onere di dimostrare l’inadempimento della GVP.

3.2. Anche questo motivo è inammissibile in quanto non si confronta con la della Corte che, nella determinazione del rapporto dare/avere, ha dato rilievo alla transazione intervenuta il 26.5.2016 (cfr. pag. 9 primo cpv della sentenza) in base alla quale doveva ritenersi superata anche la fattura ((OMISSIS)) antecedente all’accordo e successiva a quella oggetto di cessione, rispetto alla quale sarebbe insorto il debito contrapposto al calcolo della Corte territoriale.

3.3. La censura, pertanto, chiede – noncurante del percorso argomentativo della sentenza – una diversa valutazione di merito delle emergenze processuali, inammissibile in questa sede come già affermato in occasione dell’esame dei precedenti motivi.

4. In conclusione, il ricorso è inammissibile.

5. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

6. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello cui è tenuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

PQM

La Corte,

dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna il ricorrente alle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 7200,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi oltre accessori come per legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello cui è tenuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione terza civile della Corte Cassazione, il 23 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2021

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