Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25735 del 22/09/2021

Cassazione civile sez. III, 22/09/2021, (ud. 18/03/2021, dep. 22/09/2021), n.25735

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3124-2019 proposto da:

D.S.S., rappresentato e difeso dall’avvocato PASQUALE

RIPABELLI, ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in

Campobasso in via Porta Mancina n. 7, pec:

pasquale.ripabelli.pec.ripabelliverrusio.it;

– ricorrente –

contro

T.C., rappresentata e difesa dall’avvocato GIUSEPPE RUTA,

ed elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DUILIO 6, presso lo studio

dell’avvocato CARMELO MONTANA, pec: rutaeassociati.pec.it

carmelomontana.ordineavvocatiroma.org;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 228/2018 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO,

depositata il 11/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18/03/2021 dal Consigliere Dott. ANNA MOSCARINI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. D.S.S., titolare di un’attività artigianale di trasporto merci e mietitrebbiatura per conto terzi e di un frantoio oleario, con atto di citazione del 20/9/2005, convenne in giudizio T.C., in qualità di segretario comunale del Comune di (OMISSIS), rappresentando che la medesima aveva erroneamente formalizzato due protesti a suo carico da cui sarebbe derivato l’inserimento del suo nominativo nel registro della Camera di Commercio, Industria e Artigianato di Campobasso e provocato la richiesta da parte delle banche, che avevano concesso finanziamenti, di ottenere il rientro dei ratei. Sulla base di questi presupposti chiese la condanna della T. al risarcimento dei danni per un importo di Euro 250.000.

La convenuta si costituì in giudizio rappresentando che l’errore nella levata dei protesti era occorso in seguito all’utilizzo di un nuovo software da parte del Comune, mai utilizzato in precedenza, che l’errore era stato tempestivamente comunicato alla Camera di Commercio e che, in ogni caso, non sussisteva alcun nesso eziologico tra l’errata levata dei protesti e le negative conseguenze all’attività di impresa denunciate dal D.S., già in stato di insolvenza commerciale.

2. Espletata una CTU ed acquisita prova testimoniale, il Tribunale di Larino, con sentenza dell’8/3/2012, rigettò la domanda condannando l’attore alle spese. La sentenza fu impugnata nel termine lungo di cui all’art. 327 c.p.c. ma la notifica non andò a buon fine, atteso che l’indirizzo del procuratore domiciliatario risultò essere sconosciuto. L’appellante chiese allora la fissazione di un termine per il rinnovo della notifica che venne concesso dalla Corte. La notifica fu così perfezionata entro il termine perentorio assegnato dal giudice e precisamente in data 10/10/2013.

3. La Corte d’Appello di Campobasso, con sentenza n. 228 dell’11/6/2018, a fronte dell’eccezione di parte appellata dell’inammissibilità dell’appello per decorso del termine di cui all’art. 327 c.p.c., ha dichiarato l’appello inammissibile rilevando che il procedimento notificatorio era stato ripreso dall’appellante dopo l’udienza di prima comparizione solo in data 10/10/2013 e che tra la prima richiesta di notifica dell’atto di appello (20/4/2013) e la seconda (10/10/2013) erano decorsi quasi sei mesi e non, come previsto, quindici giorni, di guisa che il gravame doveva considerarsi tardivo. Ciò in osservanza della giurisprudenza di questa Corte che consente la ripresa del procedimento notificatorio entro un termine ragionevole a tutela dell’affidamento incolpevole (Cass., 6, n. 8445 del 5/4/2018: “In tema di impugnazione, è tardiva la notifica avvenuta oltre i termini di cui all’art. 327 c.p.c. a seguito dell’esito negativo di una prima notifica, nel caso in cui la parte non abbia riattivato il processo notificatorio entro la metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c., assunta detta misura come parametro di tempestività, ai fini dell’individuazione del tempo ragionevole per la ripresa del procedimento, dalla più recente giurisprudenza, che, in tal modo, ha solo definito i contorni del criterio del cd. tempo ragionevole già in precedenza enunciato, senza che ciò possa qualificarsi come un’ipotesi di “overruling” rilevante ai fini della rimessione in termini, non costituendo un mutamento di orientamento repentino ed inopinato, che richieda una tutela dell’affidamento incolpevole della parte nella regola in precedenza enunciata”). Conseguentemente la Corte territoriale ha dichiarato l’appello inammissibile con la statuizione conseguenziale sulle spese del grado.

4. Avverso la sentenza D.S.S. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo. Ha resistito T.C. con controricorso.

5. La causa è stata assegnata per la trattazione in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380bis 1 c.p.c., in vista della quale D.S.S. ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso – violazione dell’art. 327 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – il ricorrente si duole che la sentenza impugnata abbia erroneamente ritenuto che l’appellante non avesse tempestivamente rinnovato la notifica dell’atto di appello, atteso che, a seguito di rinvio dell’udienza disposto dalla Corte territoriale e di fissazione, da parte della medesima, del termine del 31/12/2013 per provvedere al rinnovo della notifica, l’appellante aveva provveduto ben entro il termine assegnato dal giudice, e precisamente in data 10/10/2013. Ne consegue, ad avviso del ricorrente, l’illegittimità della decisione impugnata, anche alla luce del lungo tempo trascorso tra il rinnovo della notifica e la decisione della causa, tempo talmente lungo da consentire un mutamento giurisprudenziale sfavorevole per l’appellante, richiamato dal Collegio.

1.1 Il motivo è infondato.

Innanzitutto occorre precisare che la Corte d’Appello non ha inteso dichiarare l’inammissibilità del gravame per il mancato rispetto del termine assegnato dal Giudice per il rinnovo della notifica ma per la mancata riattivazione del processo notificatorio entro “un termine ragionevole”. Ciò in conformità con il consolidato indirizzo giurisprudenziale, richiamato nell’esposizione in fatto, che considera “ragionevole” la riattivazione del procedimento di notifica entro la metà dei termini di cui all’art. 325 c.p.c. Tale indirizzo è stato suggellato anche da una pronuncia delle Sezioni Unite secondo la quale “In tema di notificazioni degli atti processuali, qualora la notificazione dell’atto, da effettuarsi entro un termine perentorio, non si concluda positivamente per circostanze non imputabili al richiedente, questi ha la facoltà e l’onere – anche alla luce del principio della ragionevole durata del processo, atteso che la richiesta di un provvedimento giudiziale comporterebbe un allungamento dei tempi del giudizio – di richiedere all’ufficiale giudiziario la ripresa del procedimento notificatorio, e, ai fini del rispetto del termine, la conseguente notificazione avrà effetto dalla data iniziale di attivazione del procedimento, sempreché la ripresa del medesimo sia intervenuta entro un termine ragionevolmente contenuto, tenuti presenti i tempi necessari secondo la comune diligenza per conoscere l’esito negativo della notificazione e per assumere le informazioni ulteriori conseguentemente necessarie” (Cass., 5, n. 586 del 15/1/2010; Cass., L, n. 6846 del 22/3/2010; Cass., 3, n. 9046 del 15/4/2010; Cass., 1, n. 26518 del 12/12/2011; Cass., L, n. 16943 del 2/7&/2018; Cass., 2, n. 18074 del 19/10/2012; Cass., 6-3, n. 24641 del 19/11/2014; Cass., 6-3, n. 24660 del 19/10/2017). Il Collegio intende dare piena continuità al richiamato indirizzo giurisprudenziale che ben si attaglia al caso di specie nel quale l’appellante era consapevole del fatto che la prima notifica non fosse andata a buon fine in quanto il destinatario era risultato irreperibile sicché avrebbe dovuto, in conformità alla più che consolidata giurisprudenza di questa Corte, non chiedere un termine per il rinnovo della notifica ma attivarsi ex se con un nuovo procedimento notificatorio entro termini adeguati e cioè entro quindici giorni (termine dimezzato per la notifica dell’atto di appello) per contenere entro termini ragionevoli la ripresa del procedimento.

2. Conseguentemente il ricorso deve essere rigettato ed il ricorrente condannato alle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo. Si dà altresì atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, del cd. raddoppio del contributo unificato, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 3.200 (oltre Euro 200 per esborsi), più accessori di legge e spese generali al 15%. Si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Terza Civile, il 18 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2021

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