Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25730 del 30/10/2017


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Cassazione civile, sez. II, 30/10/2017, (ud. 13/04/2017, dep.30/10/2017),  n. 25730

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13390/2014 proposto da:

COMMISSIONE NAZIONALE SOCIETA’ BORSA CONSOB, elettivamente

domiciliato in ROMA, V.MARTINI GIOVANNI BATTISTA 3, presso lo studio

dell’avvocato SALVATORE PROVIDENTI, che lo rappresenta e difende

unitamente agli avvocati CHIARA FERRARO, CLEMENTINA LUISA MARIA

SCARONI, PAOLO PALMISANO, MARIA LETIZIA ERMETES;

– ricorrente –

contro

D.V.G.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

GREGORIO VII 466, presso lo studio dell’avvocato VITTORIO GLAUCO

EBNER, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARTINO

MARIA EBNER;

– controricorrente –

e contro

PROCURATORE GENERALE REPUBBLICA CORTE APPELLO MILANO, PROCURATORE

GENERALE REPUBBLICA PRESSO CORTE CASSAZIONE;

– intimati –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositato il

16/01/2014; (RG VG 7535/13);

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/04/2017 dal Consigliere Dott. RAFFAELE SABATO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

IACOVIELLO Francesco Mauro, che ha concluso per l’inammissibilità

del ricorso;

udito l’Avvocato PROVIDENTI Salvatore, difensore della ricorrente che

ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato EBNER difensore del resistente che ha chiesto il

rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Commissione nazionale per le società e la borsa – Consob ha notificato tra il 22 giugno e il 24 luglio 2012′ ai componenti il consiglio di amministrazione e il collegio sindacale della Cape Natixis SGR s.p.a., oltre che alla società quale responsabile in solido, note di contestazione di violazioni del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 40, comma 1, lett. a), e artt. 65 e 67, del regolamento Consob n. 16190 del 2007, in tema di correttezza di comportamento nella prestazione del servizio di gestione collettiva del risparmio, nonchè del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 40, comma 1, lett. b), e art. 37, comma 1, art. 38, e art. 39, commi 1 e 2, del regolamento Banca d’Italia – Consob del 29 ottobre 2007, in tema di identificazione e gestione delle situazioni di conflitto di interessi nella prestazione del predetto servizio.

All’esito del procedimento, avendo la Consob medesima in composizione collegiale ritenuto accertati gli illeciti previsti dalle predette norme (in relazione a: a) inadeguatezza del processo decisionale di investimento relativamente alla gestione di due fondi chiusi mobiliari (Cape Naxitis Private Equity Fund e Cape Naxitis Due), in violazione dei canoni di diligenza e correttezza; b) mancata identificazione e gestione delle situazioni di conflitto di interessi, necessarie in ragione di relazioni e interessenze rispetto all’attività dei due fondi e della ricorrente coincidenza di ruoli tra esponenti delle società bersaglio, quotisti e membri del comitato strategico della società), con delibera n. 18580 del 12 giugno 2013 sono state applicate agli esponenti aziendali sanzioni amministrative pecuniarie.

2. D.V.G.A., componente del consiglio di amministrazione della SGR tra il 2008 e il 2009 e poi consigliere con deleghe sino al 2010, ha impugnato la predetta delibera innanzi alla corte d’appello di Milano, la quale con provvedimento depositato il 16 gennaio 2014 la ha annullata per mancata contestazione degli addebiti entro il termine fissato dal D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 195.

3. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per cassazione la Consob articolando tre motivi di gravame, illustrati da memoria. Ha resistito la parte intimata con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso la Consob censura il provvedimento impugnato per falsa applicazione del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 195, e L. n. 689 del 1981, art. 14, commi 1, 2 e 6, nella parte in cui avrebbe valutato ex post gli apporti informativi acquisiti dalla Consob dopo il 18 aprile 2011 e la colpevole inerzia nel periodo successivo, invece di compiere una valutazione ex ante di opportunità e rilevanza degli atti istruttori, ritenendo superflue le acquisizioni informative originariamente tali.

2. Con il secondo motivo la ricorrente si duole, sotto altro profilo, di falsa applicazione del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 195, e L. n. 689 del 1981, art. 14, commi 1, 2 e 6, nonchè del D.Lgs. n. 58 del 1998, artt. 5,6 e 10, paragrafi 6 e 7 del protocollo d’intesa del 31 ottobre 2007 Banca d’Italia-Consob ai sensi del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 6, comma 5 bis, artt. 97 e 101, della direttiva 2009/65/CE del 2009 e art. 49, della direttiva 2004/39/CE del 2004, in quanto l’impugnato decreto avrebbe escluso la doverosità per la Consob di attendere il completamento delle indagini in corso della Banca d’Italia e la trasmissione delle risultanze conclusive dell’amministrazione straordinaria, dovendo invece l’attività di vigilanza essere improntata a criteri di proporzionalità e contenimento di oneri a carico degli intermediari ed essendo quindi l’attesa doverosa.

3. Con il terzo motivo, la ricorrente si duole, sotto ulteriore profilo, di falsa applicazione del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 195, e L. n. 689 del 1981, art. 14, commi 1, 2 e 6, nonchè del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 56,D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 72, e L. n. 689 del 1981, art. 13, lamentando che il provvedimento della corte locale abbia escluso la necessità per la Consob di attendere il termine delle verifiche deputate ai commissari straordinari della Banca d’Italia, aventi funzioni ò anche accertative.

4. I tre motivi – pienamente ammissibili in quanto idoneamente formulati al fine di far emergere le denunciate violazioni: e false applicazioni di norme di diritto – sono strettamente connessi e possono essere esaminati congiuntamente. Essi sono fondati.

4.1. Al riguardo, giova richiamare che il provvedimento impugnato, dopo aver indicato la principale tra le norme da applicarsi (il D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 195, che prevede che la contestazione degli addebiti agli interessati debba essere effettuata entro 180 giorni dall’accertamento), ha riepilogato (p. 6) le tesi delle parti in ordine al dies a quo (secondo la parte destinataria delle sanzioni, il 10 marzo 2011, data della proposta di sottoposizione della SGR ad amministrazione straordinaria da Ode della Banca d’Italia con il parere favorevole della Consob, o al più tardi il 18 aprile 2011, data della nota con cui la Banca d’Italia informa dell’avvenuta sottoposizione ad amministrazione straordinaria e trasmette allegato al rapporto ispettivo con rilievi in ordine alle carenze riscontrate e alle situazioni di conflitto di interessi; secondo la Consob al 26 gennaio 2012 o al 16 maggio 2012, date rispettivamente della proposta della Banca d’Italia, di liquidazione coatta amministrativa della SGR o della email della Banca d’Italia contenente trasmissione dell’atto di irrogazione di sanzioni della Banca d’Italia). Il provvedimento impugnato ha poi (p. 7) affermato il principio per cui “il problema dell’individuazione del momento dell’accertamento (…) può risolversi verificando (…) se gli elementi utilizzati per formulare le contestazioni fossero a conoscenza di Consob nella primavera del 2011 o soltanto nei primi mesi del 2012”; ha esaminato il contenuto delle comunicazioni di cui innanzi (pp. 7-9) ed ha concluso che la Consob ha contestato le stesse violazioni basate sui medesimi fatti accertati dalla Banca d’Italia fin dal 18.4.2011; ha verificato che gli atti successivi non hanno fatto emergere nuove irregolarità (p. 910); ha escluso, posto l’impegno di Banca d’Italia e Consob a coordinare le loro attività al fine di assicurare celerità nella definizione dei controlli e a scambiarsi tempestivamente le informazioni acquisite di rispettiva competenza in virtù del protocollo d’intesa del 31 ottobre 2007, che “l’una … debba attendere la chiusura dei procedimenti dell’altra e, anzi, una simile evenienza (…) finisce per risultare contraria alla finalità di accelerazione delle procedure” anche alla luce del “diritto (dei soggetti controllati) di ottenere in tempi ragionevoli l’esito” (pp. 11-12). Quanto, poi, al ruolo accertativo dei commissari straordinari della Banca d’Italia, pur riconoscendo lo stesso, il provvedimento impugnato (p. 11) anche in questo caso prende atto che “i commissari non hanno… segnalato alcuna novità” (p. 12). In conclusione, facendo decorrere il termine di 180 giorni dal 18 aprile 2011, data della proposta di amministrazione straordinaria, cui la corte locale ha ritenuto di poter “concedere” l’aggiunta di un spatium deliberandi di un mese perchè la Consob potesse effettuare una valutazione degli elementi, secondo il provvedimento impugnato le contestazioni del 21 giugno 2012 sarebbero tardive (p. 13).

4.2. In relazione alla questione della decorrenza del termine di decadenza oggi posto dal D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 195, comma 1, a seguito della modifica di cui al D.Lgs. n. 72 del 2015, art. 5, comma 15, (“Le sanzioni amministrative previste nel presente titolo sono applicate dalla Banca d’Italia o dalla Consob, secondo le rispettive competenze, con provvedimento motivato, previa contestazione degli addebiti agli interessati, da effettuarsi entro centottanta giorni dall’accertamento ovvero entro trecentosessanta giorni se l’interessato risiede o ha la sede all’estero”), questa corte intende dare continuità ai propri indirizzi interpretativi formatisi anche sulla L. n. 689 del 1981, art. 14, commi 1, 2 e 6, altresì alla luce dell’ulteriore disciplina sopra richiamata, in quanto rilevante.

4.3. Anzitutto, deve ribadirsi, come affermato da questa corte anche a sezioni unite, l’applicabilità, anche nel campo delle violazioni di norme in materia di intermediazione finanziaria, dei predetti termini perentori – sostitutivi di quelli generali ex art. 14, commi 1, 2 e 6, I. n. 689 del 1981 – a pena di estinzione dell’obbligazione nascente dalla trasgressione.

Nella materia delle sanzioni amministrative previste per la violazione delle norme che disciplinano l’attività di intermediazione finanziaria, la decorrenza del termine da rispettare per la contestazione degli illeciti va, poi, individuata nel giorno in cui la Banca d’Italia o la Consob in composizione collegiale, dopo l’esaurimento dell’attività istruttoria, siano in grado di adottare le decisioni di loro competenza.

La pura “costatazione” dei fatti nella loro materialità non coincide necessariamente con l'”accertamento”: nell’attività di regolazione e supervisione delle attività private vi sono ambiti, come appunto quello dell’intermediazione finanziaria, che richiedono valutazioni complesse, non effettuabili nell’immediatezza della percezione dei fatti suscettibili di trattamento sanzionatorio.

Ciò tuttavia non esclude che a tali valutazioni si debba procedere in un tempo ragionevole e che in sede di opposizione il giudice, ove l’interessato abbia fatto valere il ritardo come ragione di illegittimità del provvedimento sanzionatorio, sia abilitato a individuare il momento iniziale del termine per la contestazione non nel giorno in cui la valutazione è stata compiuta, ma in quello in cui avrebbe potuto – e quindi dovuto – esserlo.

In proposito, va tenuto conto che nella materia della regolazione di attività economiche quali quella dell’intermediazione finanziaria sussistono diversificate modalità di cognizione da parte delle autorità di supervisione di fatti suscettibili di valutazione sanzionatoria: tra queste l’acquisizione di flussi informativi di natura periodica frequente e tendenzialmente documentale (vigilanza cartolare, oggi definita “informativa” dal D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 8, e basata su flussi notiziali anche automatizzati), l’accesso diretto e anch’esso periodico, ma meno frequente, di incaricati dell’autorità di supervisione presso l’impresa in funzione di verifica, pur sempre ab extra, dell’effettività delle informazioni acquisite (vigilanza “ispettiva” secondo l’art. 10 dello stesso D.Lgs.), nonchè l’accesso diretto, in soli casi straordinari, di incaricati dell’autorità di supervisione in funzione sostitutiva degli organi di amministrazione e controllo interno dell’impresa (“gestione coattiva”) e, per tale via, di “accertamento della situazione aziendale” ab intra per il mezzo della stessa gestione (e tale è il portato dell’amministrazione straordinaria – oggi inquadrabile tra gli interventi precoci di cui all’art. 13 del regolamento n. 806/2014 del parlamento Europeo e del consiglio UE del 15 luglio 2014 – di cui all’art. 56, del D.Lgs. cit., il quale rinvia tra l’altro al D.Lgs. n. 385 del 1993, artt. 72 e 75, che rispettivamente ai commi 1 bis e 1 prevedono che ai commissari spettino i compiti di “accertare la situazione aziendale” e “rimuovere le irregolarità” riscontrate, nonchè di trasmettere a “intervalli periodici” e “al termine delle loro funzioni” rapporti all’autorità di supervisione, compito quest’ultimo anche del comitato di sorveglianza).

La giurisprudenza di questa corte ha tratto da tale quadro normativo la conclusione che il momento dell’accertamento degli illeciti amministrativi in materia di intermediazione finanziaria, pertanto, non deve essere fatto coincidere, necessariamente e automaticamente, nè con il giorno in cui l’attività accertativa (normalmente, ispettiva; ma, come si è detto, anche commissariale) è terminata, nè con quello in cui sono state depositate relazioni o rapporti finali degli incaricati degli accertamenti, e neppure con la data in cui l’autorità di supervisione ha investito o riunito il suo organo volitivo per prendere in esame la situazione: non con il primo, perchè la pura “costatazione” dei fatti non comporta di per sè il loro “accertamento”, se occorre una successiva attività istruttoria e valutativa; non necessariamente con il secondo o con il terzo, ove i relativi tempi si siano indebitamente protratti, perchè sia la redazione delle relazioni o rapporti sia il loro esame da parte dell’autorità di supervisione debbono essere compiuti nel tempo strettamente indispensabile, senza ingiustificati ritardi derivanti da disfunzioni burocratiche o artificiose protrazioni nello svolgimento dei compiti assegnati ai diversi organi.

Ne discende che anche per le violazioni delle norme in materia di intermediazione finanziaria, come per quelle in altri campi, occorre secondo la giurisprudenza individuare, secondo le particolarità dei singoli casi, indipendentemente dalle date di deposito delle relazioni o rapporti e di sottoposizione o convocazione rispetto agli organi volitivi dell’autorità di supervisione, il momento – successivo alla conclusione delle verifiche di natura ispettiva o commissariale – in cui ragionevolmente la costatazione avrebbe potuto essere tradotta in accertamento: momento dal quale deve farsi decorrere il termine per la contestazione (cfr. sul punto, in un quadro normativo che ha successivamente subito evoluzioni, Cass. Sez. U., 09/03/2007, n. 5395, nonchè Cass. 18/03/2008, n. 7257, 08/04/2009, n. 8561, 02/12/2011, n. 25836, 03/05/2016, n. 8687 e 25/01/2017, n. 1890).

La ricostruzione e la valutazione delle circostanze di fatto inerenti ai tempi occorrenti per la contestazione rispetto all’acquisizione informativa, e in particolare la stima della congruità del tempo utilizzato in relazione alla maggiore o minore difficoltà del caso, sono elementi rimessi al giudice del merito, con apprezzamento incensurabile in sede di legittimità, al di fuori del sindacato di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

4.4. Ai fini della disamina delle questioni specificamente sollevate, giova altresì richiamare che questa corte, al fine di sindacare la tempistica degli atti di indagine e di valutare se taluno di essi sia superfluo, depurandoli) quindi da ingiustificati ritardi derivanti da disfunzioni burocratiche o artificiose protrazioni nello svolgimento dei compiti assegnati ai differenti organi nel pur diversificato campo delle sanzioni amministrative in generale, ha affermato:

– che la valutazione dell’opportunità dell’esercizio dei poteri di indagine resta rimessa all’autorità competente; il giudice non può sostituirsi dunque all’organo addetto al controllo nel valutare l’opportunità dell’esercizio dei poteri di indagine per riscontrare la sussistenza dell’illecito, ma può e deve apprezzare, in base alle deduzioni dell’amministrazione ed all’esame degli atti relativi all’accertamento, se sia stato osservato il tempo ragionevolmente necessario per giungere alla completa conoscenza dell’illecito, tenendo conto della maggiore o minore difficoltà del caso concreto e della necessità comunque che tali indagini, pur nell’assenza di limiti temporali predeterminati, avvengano entro un termine congruo (così ad es. Cass. 08/08/2005, n. 16642 e 30/05/2006, n. 12830, ove richiami; v. anche Cass. 13/12/2011, n. 26734 e 03/09/2014, n. 18574); senza “entrare nel merito dell’opportunità” di atti di indagine, il giudice deve limitarsi a “rilevare se vi sia stata una ingiustificata e protratta inerzia… durante o dopo la raccolta dei dati di indagine”, tenuto anche conto che “ragioni di economia possono indurre… a raccogliere ulteriori elementi atti a dimostrare la sussistenza, accanto a violazioni già risultanti dagli atti raccolti, di altre violazioni amministrative, al fine di emettere un unic(o)” provvedimento sanzionatorio (così Cass. n. 16642 del 2005 cit.);

– che la valutazione della superfluità degli atti di indagine va effettuata con un giudizio ex ante (e in tal senso il giudice deve “rilevare la evidente superfluità… per essere manifestamente già accertati tempi, entità e altre modalità delle violazioni” – così Cass. n. 16642 del 2005 cit. – al momento in cui le verifiche sono state disposte; e tale superfluità va specificamente valutata, come detto, anche in relazione alla possibile connessione con altre violazioni ancora da accertare); essendo irrilevante che indagini potenzialmente fruttuose in via prognostica si rivelino, ex post, inutili.

4.5. In ordine poi alle specifiche connotazioni delle verifiche che conducono agli accertamenti di violazioni in materia di intermediazione finanziaria, si pone l’esigenza di chiarire i passaggi procedimentali che possano influire sulla tempistica degli accertamenti stessi, in tal modo ridondando sul tema che interessa della decorrenza del termine per le contestazioni.

Un primo profilo riguarda il rapporto tra l’esercizio di poteri di vigilanza di più autorità, e segnatamente di Banca d’Italia e Consob, posto che l’Italia ha designato entrambe come competenti per diversi profili (secondo il riparto di cui al D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 5, commi 2 e 4). In proposito, anche in coerenza con disposizioni sovranazionali (v. art. 101, direttiva 2009/65/CE del 13 luglio 2009 e 49 direttiva 2004/39/CE del 21 aprile 2004), il D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 4, e art. 5,commi 5, 5 bis e ter, pongono i principi della collaborazione tra le autorità (che procedono allo “scambio di informazioni” e “non possono reciprocamente opporsi il segreto d’ufficio” – art. 4, comma 1) e del coordinamento ai fini dell’esercizio della vigilanza; particolari norme riguardano i medesimi principi nei rapporti transfrontalieri. Con specifico riguardo alla vigilanza, l’art. 5, comma 5, dispone che “la Banca d’Italia e la Consob operano in modo coordinato anche al fine di ridurre al minimo gli oneri gravanti sui soggetti abilitati e si danno reciprocamente comunicazione dei provvedimenti assunti e delle irregolarità riscontrate nell’esercizio dell’attività di vigilanza” e, a tal fine, l’art. 5, comma 5 bis, prescrive la stipula di un protocollo d’intesa, reso pubblico (comma 5 ter), avente ad oggetto altresì “lo scambio di informazioni, anche con riferimento alle irregolarità rilevate e ai provvedimenti assunti nell’esercizio dell’attività di vigilanza”. Quanto alla vigilanza ispettiva in particolare, l’art. 10 dà attuazione a tali principi disponendo che le autorità si diano reciproca comunicazione delle ispezioni disposte, potendo l’autorità non ispezionante “chiedere accertamenti su profili di propria competenza” (comma 2).

Il predetto protocollo, in data 31 ottobre 2007, prevede, ai fini della vigilanza ispettiva, che la Banca d’Italia e la Consob effettuino ispezioni su profili rientranti nella responsabilità dell’altra autorità, previa richiesta di quest’ultima formulata ai sensi del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 10, comma 2, disponendo che, al fine di contenere gli oneri per gli intermediari, la facoltà di chiedere accertamenti vada esercitata, tenendo conto dell’ambito degli accertamenti, in tempo utile. E’ poi previsto che “gli esiti delle verifiche svolte sono trasmessi quanto prima all’Autorità richiedente” (art. 7, comma 2); che “qualora, in connessione di propri accertamenti, la Banca d’Italia o la Consob riscontrino profili significativi rientranti nella competenza dell’altra Autorità, esse ne informano tempestivamente quest’ultima” (art. 7, comma 3); e che “la Banca d’Italia e la Consob possono stabilire forme di collaborazione ispettiva variamente articolate, avendo cura di concordare, di volta in volta, le modalità di coordinamento del gruppo ispettivo e di svolgimento degli accertamenti” (art. 7, comma 4).

In relazione a tali disposizioni, si deve affermare che, tranne che nei casi in cui le autorità dispongano ispezioni in collaborazione formando un unico gruppo ispettivo (art. 7, comma 4 del protocollo), il principio di contenimento degli oneri (art. 5, comma 5, del D.Lgs.) impone che non si sovrappongano verifiche mediante accesso diretto dell’una e dell’altra autorità, dovendo l’autorità non ispezionante avvalersi dell’altra avanzando richieste in tempo utile (art. 10, comma 2, del D.Lgs., e art. 7, comma 2, del protocollo). In ordine alla trasmissione delle risultanze delle verifiche ispettive, i “profili significativi” vengono comunicati, nella logica dello scambio di informazioni, da un’autorità all’altra “tempestivamente” (art. 7.3.), mentre i dati che coinvolgono valutazioni, com’è ovvio in relazione all’esigenza di un inserimento di essi in una considerazione complessiva, vengono trasmessi, quali “esiti delle verifiche svolte” (art. 7, comma 2. del protocollo) e più precisamente di “irregolarità rilevate” e “provvedimenti assunti” (art. 5, commi 5 e 5 bis, lett. b) del D.Lgs.), “quanto prima” ma, ovviamente, pur sempre dopo il formale rilievo delle irregolarità o l’assunzione di provvedimenti (si pensi ai provvedimenti ingiuntivi di cui agli artt. 51 e ss. D.Lgs. o alla proposta di amministrazione straordinaria di cui all’art. 56, D.Lgs., di cui più specificamente in appresso).

Su tali basi normative, si deve concludere che dovrà presumersi, salvo prova del contrario, che – quanto alle irregolarità riscontrate nell’ambito di ispezioni svolte da altra autorità – l’autorità non ispezionante sia in grado di apprezzare le stesse, ai fini sanzionatori, solo dal momento in cui sia stata trasmessa notizia dall’autorità ispezionante del rilievo di irregolarità, ciò che di regola si ha una volta che siano trasmessi i rilievi ispettivi o i provvedimenti sanzionatori dell’autorità ispezionante che valgano anche ad altri fini (cfr., per il principio, mutatis mutandis, Cass. n. 9456 del 19/05/2004).

4.6. Un secondo profilo specifico in ordine alle verifiche di violazione nel settore dell’intermediazione (Ndr: testo originale non comprensibile) concerne l’ipotesi in cui all’esercizio del potere di vigilanza ispettiva segua quello della vigilanza mediante gestione coattiva dell’intermediario in crisi, mediante amministrazione straordinaria. Come già sopra accennato, in tali casi incaricati dell’autorità di supervisione, di regola in seguito a verifica ispettiva (o anche più raramente in base a risultanze di vigilanza informativa) da cui emergano “gravi irregolarità nell’amministrazione ovvero gravi violazioni delle disposizioni legislative, amministrative o statutarie” (art. 56, comma 1, lett. a), del D.Lgs.) o anche “previste gravi perdite del patrimonio” (lett. b), assumono la gestione della società in funzione sostitutiva degli organi di amministrazione e controllo interno. In tali casi, sotto la direzione della Banca d’Italia sentita la Consob e con applicazione, in quanto compatibili, delle norme sull’amministrazione straordinaria delle banche (art. 56, comma 3 del D.Lgs.), la procedura, in continuità con le verifiche ispettive che, per quanto con accesso diretto all’impresa, si basano sempre su una valutazione esterna delle informazioni fornite, ha come obiettivo l'”accertamento della situazione aziendale” ab intra per il mezzo della stessa gestione (unica modalità di accertamento in presenza di inattendibilità delle valutazioni patrimoniali o addirittura di più ampi comparti della contabilità dell’impresa), ciò che è particolarmente importante sia per valutare appieno le irregolarità più serie (che la procedura mira anche a “rimuovere”, dopo averle riscontrate) che per quantificare adeguatamente le perdite previste (D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 72, comma 1 bis). Il termine di durata massima, prorogabile limitatamente, della procedura è ulteriore garanzia di contenimento dei tempi per gli accertamenti.

In base a tale quadro normativo, si deve dunque affermare – a complemento di quanto innanzi – che, qualora, anche di seguito a verifiche ispettive di un’autorità, sia instaurata la procedura di amministrazione straordinaria a carico di una società di intermediazione, si debba presumere, salvo prova del contrario, stante la funzione della procedura di “accertare la situazione aziendale” e le “irregolarità” riscontrate (D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 56, comma 3, che rinvia al D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 72 e ss.), che – quanto alle irregolarità riscontrate nell’ambito dell’amministrazione straordinaria stessa, sotto la direzione della Banca d’Italia – la Consob sia in grado di apprezzare le stesse, ai fini sanzionatori, solo dal momento in cui sia stata trasmessa notizia dalla Banca d’Italia del rilievo di irregolarità, ciò che di regola si ha con l’inoltro di uno dei rapporti trasmessi a “intervalli periodici” e “al termine delle loro funzioni” dai commissari straordinari e dal comitato di sorveglianza (D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 75), ovvero dei provvedimenti sanzionatori assunti ad altri fini dalla stessa Banca d’Italia, che rilevino anche per l’analoga attività della Consob.

5. A fronte di tali principi desumibili dalla legislazione e dalla giurisprudenza, il provvedimento impugnato ha, come detto, fatto applicazione del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 195, ai fini della verifica dell’avvenuta contestazione degli addebiti agli interessati entro 180 giorni dall'”accertamento”, semplicemente valutando ‘”se gli elementi utilizzati (da Consob) per formulare le contestazioni fossero a conoscenza (della stessa autorità) già nella primavera del 2011 o soltanto nei primi mesi del 2012″ (rispettivamente, come accennato, epoche della sottoposizione della SGR ad amministrazione straordinaria con trasmissione del rapporto ispettivo e della sua conclusione con sottoposizione a liquidazione coatta con irrogazione di sanzioni della Banca d’Italia – p. 7); acclarato poi che, in base al contenuto degli atti, la Consob ha contestato violazioni basate sui medesimi fatti accertati dalla Banca d’Italia fin dal 18.4.2011, non avendo neppure i commissari straordinari “segnalato alcuna novità” (p. 12) ed escluso che “l’una (autorità)… debba attendere la chiusura dei procedimenti dell’altra” (p. 11) alla luce del diritto degli interessati di ottenere l’esito dei controlli in tempi brevi, la corte territoriale ha ritenuto sussistere una “colpevole inerzia” della Consob dopo la primavera del 2011, pur tenendo conto di une spatium deliberandi aggiuntivo di un mese dopo il pervenimento delle informazioni.

5.1. Così argomentando, i giudici di merito si sono, anzitutto, posti contro il principio per cui, ove siano disposte ulteriori verifiche rispetto a quelle che abbiano già permesso di acclarare gli elementi di fatto idonei alla contestazione poi effettuata, non è consentito in sede di sindacato giurisdizionale entrare nel merito dell’opportunità degli atti di indagine medesimi, dovendo limitarsi il giudice a desumere l’ingiustificato ritardo non già dall’eventuale inutilità ex post, ma dalla “evidente superfluità” ex ante degli ulteriori accertamenti. Nel caso di specie, la valutazione risulta effettuata ex post, sulla base della mera verifica del non essere emersi ulteriori elementi dalle attività successive, così propugnandosi una visione – non corrispondente a quella di legge – dell’attività di indagine nell’ambito della quale, non appena emersi i fatti costitutivi di una violazione, la violazione stessa dovrebbe essere contestata, anche se – in un’ottica di valutazione, come detto, ex ante – non siano “manifestamente già accertati tempi, entità e altre modalità”, i quali potrebbero in astratto meglio chiarirsi in base a ulteriori attività (anche se poi, in concreto, tali evoluzioni manchino); o anche se “ragioni di economia possono indurre… a raccogliere ulteriori elementi atti a dimostrare la sussistenza, accanto a violazioni già risultanti dagli atti raccolti, di altre violazioni amministrative, al fine di emettere un unic(o)” provvedimento sanzionatorio (così Cass. n. 16642 del 2005 cit.). Ciò dà conto della fondatezza, in particolare, del primo motivo di ricorso.

5.2. In secondo luogo, avendo la corte territoriale sottoposto a un giudizio di superfluità ex post anche le risultanze dell’espletamento della funzione accertativa legalmente demandata agli organi straordinari, pubblici ufficiali a ciò deputati anche in funzione di rilevazione e rimozione di (anche ulteriori) irregolarità, essendosi limitata a notare la sentenza impugnata che i commissari straordinari non avessero “segnalato alcuna novità” ed avendo essa escluso che “l’una (autorità) debba attendere la chiusura dei procedimenti dell’altra”, sono risultati violati i principi di diritto che pongono, almeno ex ante, l’amministrazione straordinaria in una logica di continuum accertativo rispetto alle verifiche che la precedono, con la predetta presunzione derivante dalla legge (a maggior ragione nel caso di specie, ove all’amministrazione straordinaria seguiva la liquidazione coatta che, D.Lgs. n. 58 del 1998, ex art. 57, presuppone che le irregolarità amministrative, le violazioni di norme o le perdite previste siano di “eccezionale gravità”, e cioè di gravità acclarata come superiore a quella che ha legittimato la precedente procedura di rigore) di incompletezza delle verifiche precedentemente svolte, cui consegue – salvo manifesta evidenza del contrario – l’utilità, anche alla luce della collaborazione e del coordinamento tra le due autorità vigilanti, della previa cognizione dei rapporti finali degli organi straordinari. Da ciò discende la fondatezza del secondo e del terzo motivo, strettamente connessi tra loro e con il primo dianzi esaminato.

6. Dovendosi in definitiva accogliere il ricorso con cassazione della sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti, il giudice del rinvio, sulla base di un rinnovato esame del materiale probatorio, applicherà i principi di diritto di cui innanzi e governerà anche le spese del giudizio di legittimità.

PQM

La corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della corte d’appello di Milano, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile, il 13 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2017

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