Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25730 del 01/12/2011

Cassazione civile sez. I, 01/12/2011, (ud. 04/11/2011, dep. 01/12/2011), n.25730

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

INTERCOM s.r.l. in liquidazione, in persona del liquidatore

P.T., elett.te dom.ta in Roma via Ludovisi 16, presso

lo studio dell’avv.to Rossotto, rappr.ta e difesa dall’avv.ta

Perifano Ester, per procura speciale in calce al ricorso per

cassazione;

– ricorrente –

contro

Ministero della Giustizia, domiciliato in Roma via dei Portoghesi 12,

presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato che lo

rappresenta e difende nel presente giudizio;

– controricorrente –

avverso il decreto della Corte di appello di Roma, emesso il 19

novembre 2007, depositato l’11 giugno 2008, nella procedura iscritta

al n. 55602/05 R.G.;

udita la relazione della causa svolta all’udienza del 4 novembre 2011

dal Consigliere Dott. Giacinto Bisogni;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Intercom s.r.l. adiva la Corte di appello di Roma per ottenere la condanna del Ministero della Giustizia al pagamento della equa riparazione del danno non patrimoniale causato dalla durata non ragionevole (dal 17 luglio 1997 al 15 luglio 2004 per il solo primo grado) del processo civile (giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo) svoltosi davanti al Tribunale di Benevento.

Al giudizio veniva riunito quello intercorrente fra Istituto diocesano per il sostentamento del Clero di Capua e Ministero della Giustizia avente ad oggetto richiesta di equa riparazione ex L. n. 89 del 2001 relativa ad altro processo presupposto.

La Corte di appello di Roma con decreto del 19 novembre 2007 – 11 giugno 2008 ha respinto entrambi i ricorsi in ragione della normale riferibilità del danno non patrimoniale a pregiudizi di natura psicologica o morale, peculiari delle persone fisiche, e in ragione della mancanza di prov. idonee a superare tale presumibile esclusiva riferibilità prove consistenti, a titolo di esempio, nella dimostrazione di stati di sofferenza psichica di persone fisiche, quali i dirigenti e gli amministratori della società, conseguenti alla non ragionevole durata del processo.

Ricorre per cassazione la s.r.l. INTERCOM in liquidazione.

Si difende con controricorso il Ministero della Giustizia.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e/o falsa applicazione degli artt. 273 e 274 c.p.c. nonchè concorrente e contestuale violazione e/o falsa applicazione degli artt. 31-36 c.p.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3). La ricorrente propone alla Corte di Cassazione il seguente quesito di diritto: se costituisce violazione e/o falsa applicazione degli artt. 273 e 274 c.p.c. nonchè concorrente e contestuale violazione degli artt. 31-36 c.p.c. la riunione operata dai giudici di prime cure del procedimento contraddistinto con il numero 56264/05 (Istituto Diocesano per il sostentamento del Clero contro Ministero della Giustizia) al giudizio iscritto al n. 55602/2005 R.G.V.G. (Intercom s.r.l. c. Ministero della Giustizia) stante l’assenza di qualunque connessione, oggetti va e soggettiva, tra i due procedimenti, nè presentando gli stessi una ratio decidendi comune.

Con il secondo motivo di ricorso si deduce violazione e/o falsa applicazione della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, commi 1 e 2 con riferimento alla consolidata giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’Uomo sull’art. 6 par. 1 della Convenzione, in ordine al riconoscimento anche alle persone giuridiche di un danno non patrimoniale legato al protrarsi del giudizio oltre il termine di ragionevole durata (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3). La ricorrente propone alla Corte di Cassazione il seguente quesito di diritto: se costituisce violazione e/o falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 1 e 2, dando cosi luogo a contestuale e connessa violazione dell’art. 1 della C.E.D.U., il mancato riconoscimento alle persone giuridiche di un danno non patrimoniale legato al protrarsi del giudizio oltre il termine di ragionevole durata.

Il primo motivo è inammissibile non essendo autonomamente impugnabile per cassazione il provvedimento di riunione con altro giudizio operato dal giudice di merito.

Il secondo motivo è fondato. Il giudice di merito si è infatti discostato dalla giurisprudenza ormai consolidata di questa Corte secondo cui, in tema di equa riparazione per irragionevole durata del processo ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2 anche per le persone giuridiche il danno non patrimoniale, inteso come danno morale soggettivo correlato a turbamenti di carattere psicologico, è tenuto conto dell’orientamento in proposito maturato nella giurisprudenza della Corte di Strasburgo conseguenza normale, ancorchè non automatica e necessaria, della violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, di cui all’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, a causa dei disagi e dei turbamenti di carattere psicologico che la lesione di tale diritto solitamente provoca alle persone preposte alla gestione dell’ente o ai suoi membri, e ciò non diversamente da quanto avviene per il danno morale da lunghezza eccessiva del processo subito dagli individui persone fisiche; sicchè, pur dovendo escludersi la configurabilita di un danno “in re ipsa” – ossia di un danno automaticamente e necessariamente insito nell’accertamento della violazione -, una volta accertata e determinata l’entità della violazione relativa alla durata ragionevole del processo, il giudice deve ritenere tale danno esistente, sempre che non risulti la sussistenza, nel caso concreto, di circostanze particolari che facciano positivamente escludere che tale danno sia stato subito dal ricorrente (Cass. civ., 1^ sez. n. 7145 del 29 marzo 2006).

Nel caso in esame la durata del processo è stata complessivamente di sette anni (dal 17 luglio 1997 al 15 luglio 2004). Il processo deve ritenersi ragionevolmente definibile in primo grado in tre anni cosicchè l’equa riparazione spettante alla INTERCOM deve determinarsi in complessivi 3.250,00 Euro attribuendo a ognuno dei primi tre anni di durata eccessiva del processo la produzione di un danno non patrimoniale indennizzabile equitativamente in 750 euro e quanto al successivo anno in 1.000 euro in conformità ai parametri della giurisprudenza della C.E.D.U. e di legittimità (cfr. ord. Cass. civ. sez. VI-1 n. 17922 del 30 luglio 2010, secondo cui in tema di equa riparazione per violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, i criteri di liquidazione applicati dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo non possono essere ignorati dal giudice nazionale, il quale può tuttavia apportare le deroghe giustificate dalle circostanze concrete della singola vicenda, purchè motivate e non irragionevoli. Peraltro, r ove non emergano elementi concreti in grado di far apprezzare la peculiare rilevanza del danno non patrimoniale, l’esigenza di garantire che la liquidazione sia satisfattiva di un danno e non indebitamente lucrativa comporta che la quantificazione del danno non patrimoniale dev’essere, di regola, non inferiore a euro 750,00 per ogni anno di ritardo, in relazione ai primi tre anni eccedenti la durata ragionevole, e non inferiore a Euro 1000,00 per quelli successivi, in quanto l’irragionevole durata eccedente il periodo da ultimo indicato comporta un evidente aggravamento del danno).

Il ricorso va quindi accolto con cassazione e decisione nel merito della controversia e condanna del Ministero intimato al pagamento delle spese processuali del giudizio di merito e di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, condanna il Ministero intimato al pagamento, a titolo di equa riparazione per la eccessiva durata del processo, in favore della s.r.l. INTERCOM in liquidazione, della somma di 3.250,00 Euro con interessi dalla domanda nonchè al pagamento delle spese processuali liquidate per il giudizio di merito in Euro 378,00 per diritti, 500,00 per onorari e 50,00 per rimborsi e in Euro 600,00 per il giudizio di cassazione, oltre 50,00 Euro per rimborsi, da distrarsi in favore dell’avv.to Perifano dichiaratasi antistataria nei due gradi di giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 9 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 1 dicembre 2011

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