Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25729 del 14/12/2016


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Cassazione civile, sez. I, 14/12/2016, (ud. 13/09/2016, dep.14/12/2016),  n. 25729

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPPI Aniello – Presidente –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 16633/2015 proposto da:

(OMISSIS) S.R.L. IN LIQUIDAZIONE, in persona del Liquidatore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA COLA DI RIENZO 297,

presso l’avvocato BRUNO TASSONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato NICOLA RONDINONE, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

F.C., nella qualità di Curatore del FALLIMENTO

(OMISSIS) S.R.L. IN LIQUIDAZIONE, elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZA D’ARA COELI 1, presso l’avvocato ANGELO MOLINARO,

rappresentata e difesa dall’avvocato PAOLO MORONI, giusta procura a

margine del controricorso;

– controricorrente –

contro

PROCURATORE DELLA REPUBBLICA DI BUSTO ARSIZIO, PROCURATORE GENERALE

PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI MILANO, PROCURATORE GENERALE PRESSO LA

CORTE DI CASSAZIONE;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1935/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 05/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/09/2016 dal Consigliere Dott. FRANCESCO TERRUSI;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato B. TASSONE, con delega, che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato P. MORONI che ha chiesto

il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

RENZIS Luisa, che ha concluso per l’inammissibilità, in subordine

rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il tribunale di Busto Arsizio, con sentenza del 28-72014, dichiarava il fallimento di (OMISSIS) s.r.l., in liquidazione, previa revoca del decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo. Ciò in considerazione del compimento di atti in frode alle ragioni dei creditori, per essere stata trasferita, di fatto, l’azienda de (OMISSIS), senza corrispettivo, a una società di nuova costituzione, la Ab Trading s.r.l., al fine di consentire a quest’ultima di continuare l’attività d’impresa senza scontare i pesanti debiti accumulati dalla cedente.

La corte d’appello di Milano ha rigettato il reclamo proposto dalla fallita, la quale ricorre adesso per cassazione sulla base di tre motivi illustrati da successiva memoria.

Il fallimento replica con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Col primo mezzo la ricorrente denunzia l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 e comunque la nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, per lesione del principio del contraddittorio.

Dal primo punto di vista assume che il giudice del merito abbia (1) valorizzato elementi di prova ininfluenti, quali una lettera informativa della società mandante Delta Energy in ordine all’ampliamento della propria rete commerciale, non considerando che codesta era un soggetto diverso sia dalla fallita che dalla AB Trading; (2) richiamato dichiarazioni di persone come l’ex agente C.M., circa la ricezione di proposte contrattuali di passaggio alla rete distributiva di Ab Trading, nonostante la falsità delle dichiarazioni dette e la provenienza da soggetto interessato a screditare l’attività del comune amministratore della fallita e della AB Trading; (3) ritenuto la commistione del personale tra le società, senza considerare che il citato personale era costituito da ex agenti della fallita, ben legittimati ad andare a lavorare, dopo il fallimento, presso società diverse come Ab Trading; (iv) ritenuto dimostrato un passaggio di clientela tra le società in base a elementi non significativi, quali la gestione di un ordinativo previamente inoltrato alla fallita quando questa era già in liquidazione, e poi evaso da Delta Service, e un bonifico di altra società (Metalluminio), già cliente della fallita, effettuato a questa, anzichè all’avente diritto Delta Service, ma in verità imputabile a mero errore.

Dal secondo punto di vista, la ricorrente sostiene che la produzione documentale di riferimento, posta a base delle considerazioni della corte d’appello, sia stata irritualmente e intempestivamente acquisita, e che il giudice del reclamo non avrebbe potuto considerarla senza prima pronunciare un provvedimento motivato di rimessione in termini o di acquisizione processuale, e comunque senza accordare alla reclamante un termine al fine di svolgere su quella documentazione eventuali osservazioni.

– Col secondo motivo la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2112 e c.c., in quanto gli elementi indicati dalla corte d’appello non sarebbero stati comunque sufficiente a integrare gli estremi della cessione d’azienda, non essendovi stato trasferimento di macchinari, attrezzature e simili, nè del marchio o di altri beni organizzati, nè dell’avviamento, invero non configurabile in mancanza di un conforme valore iscritto a bilancio.

3. – Col terzo motivo la ricorrente infine denunzia la violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 173, attesa l’inesistenza di qualsivoglia pregiudizio per i creditori conseguente alla costituzione di Ab Trading e alla sorte degli agenti. Difatti Ab Trading non era stata costituita al fine di continuare la medesima attività commerciale della fallita, con i relativi elementi attivi, e l’affermazione di avvenuta preclusione della possibilità di affittare l’azienda era assertoria, non avendo la corte d’appello inteso svolgere alcun accertamento circa il possesso di una componente oggettiva di avviamento. Nè, a dire della ricorrente, era stato dimostrato che le iniziative dell’amministratore avessero recato un pregiudizio ai creditori o inciso sul dissesto.

4. ricorso, i cui motivi possono essere unitariamente esaminati perchè strettamente connessi, infondato.

Va premesso che, in base alla disciplina fallimentare, il commissario giudiziale, se accerta che il debitore ha occultato o dissimulato parte dell’attivo, dolosamente omesso di denunciare uno o più crediti, esposto passività inesistenti o commesso “altri atti di frode”, deve riferirne immediatamente al tribunale, il quale apre d’ufficio il procedimento per la revoca dell’ammissione al concordato, dandone comunicazione al pubblico ministero e ai creditori.

La ricorrente sostiene che i fatti, che il giudice del merito ha considerato rilevanti ai fini della revoca dell’ammissione al concordato e al conseguente fallimento, da un lato, erano stati dedotti da documentazione irrituale e intempestiva e, dall’altro, non costituivano comunque atti di frode nel senso indicato dalla L. Fall., art. 173.

La prima affermazione, che sorregge la doglianza di nullità della sentenza e del procedimento (art. 360 c.p.c., n. 4), è inammissibile perchè totalmente generica, non essendo stato precisato a quale specifica documentazione essa sia da riferire, nè se e quando sia stata effettuata, dalla reclamante, un’istanza di concessione di termini per l’eventuale esame di documentazione. E’ da rammentare che il giudizio di impugnazione avverso la sentenza dichiarativa di fallimento – quanto ai procedimenti in cui trova applicazione la riforma di cui al D.Lgs. n. 169 del 2007, che ha modificato la L. Fall., art. 18, denominando tale mezzo come “reclamo” in adeguamento alla natura camerale dell’intero procedimento – è caratterizzato, per la sua specialità, da un effetto devolutivo pieno, cui non si applicano i limiti previsti, in tema di appello, dagli artt. 342 e 345 c.p.c.; e ciò ancorchè il reclamo attenga a un provvedimento decisorio, emesso all’esito di un procedimento contenzioso svoltosi in contraddittorio e suscettibile di acquistare autorità di cosa giudicata (per tutte Sez. 1^ n. 22546-10, n. 917412).

La seconda affermazione, oltre che tradursi in un sindacato di fatto notoriamente inammissibile in questa sede, nell’insistito riferimento alla non configurabilità, sul piano formale, di una cessione d’azienda, sostanzialmente elusiva della questione che effettivamente rileva, giacchè a integrare la fattispecie di revoca del concordato è sufficiente il riscontro di “atti di frode”.

5. – Con tale locuzione – “atti di frode” -, presupposto della revoca dell’ammissione al concordato preventivo ai sensi della L. Fall., art. 173, risultano sintetizzate quelle condotte del debitore volte a occultare situazioni di fatto idonee a influire sul giudizio dei creditori.

E giova sottolineare che la locuzione non sanziona gli atti di per sè idonei a pregiudicare le aspettative di soddisfacimento del ceto creditorio (come gli atti di cui alla L. Fall., artt. 64 e segg.), ma i comportamenti intesi a occultare situazioni rilevanti ai fini del consenso, che, se conosciute, avrebbero presumibilmente comportato una valutazione diversa e negativa della proposta.

Il valore sotteso dall’istituto, ai fini della revoca dell’ammissione al concordato preventivo, è quindi il consenso informato dei creditori. E difatti da questo punto di vista è stato affermato (cfr. Sez. 1^ n. 17191-14) che gli atti di frode vanno intesi, sul piano oggettivo, come le condotte volte a occultare situazioni di fatto idonee a influire sul giudizio dei creditori aventi valenza potenzialmente decettiva per l’idoneità a pregiudicare il consenso informato degli stessi sulle reali prospettive di soddisfacimento in caso di liquidazione, inizialmente ignorate (v. Sez. 1^ n. 2338713) e successivamente accertate nella loro sussistenza o anche solo nella loro completezza e integrale rilevanza a fronte di una precedente inadeguata rappresentazione; mentre sul piano soggettivo rileva la semplice rispondenza a una consapevole volontarietà della condotta, di cui non è necessaria la dolosa preordinazione (cfr. conf. Sez. 1^ n. 9050-14; n. 1077814).

6. – Ora è da dire che la corte d’appello ha correlato l’esistenza degli atti di frode a una sintomatica serie di circostanze:

(1) l’avvenuta costituzione, il 1-8-2013, della società AB Trading, a opera dello stesso amministratore della società (OMISSIS), in un contesto a ristretta base capitalistica che vedeva quotisti la moglie, all’80% e un amico d’infanzia, al 20 %; tale contesto era stato caratterizzato dal medesimo oggetto sociale della società proponente il concordato: e cioè l’assunzione di rappresentanze commerciali, l’importazione, l’esportazione e il commercio all’ingrosso e al dettaglio di carburanti e altri prodotti petroliferi;

(2) la preordinazione della neo costituita società a operare in continuità rispetto alla proponente il concordato, stante la lettera di presentazione aziendale avviata, con menzione dell’indirizzo mail di AB Trading, il 9-9-2013, da Delta Energy s.r.l., società mandante la distribuzione dei medesimi prodotti petroliferi commercializzati da (OMISSIS) con marchio “Oil line”;

(3) le profferte a un ex agente di (OMISSIS) (tale C.) di passare a lavorare come agente di commercio di AB Trading, onde distribuire giustappunto i prodotti col marchio “Oil line”; e ciò agli inizi di luglio del 2013, prima cioè della messa in liquidazione della società concordante;

(4) il connesso transito alla nuova società di ulteriori collaboratori (sette in tutto, su dodici) che avevano svolto attività di agenti per conto di (OMISSIS), con il connesso pacchetto di clientela.

La suddetta serie di circostanze, tenuto conto della tempistica, è stata ritenuta dal giudice del merito indicativa della cessione di fatto, senza corrispettivo, di componenti aziendali dalla società (OMISSIS) – e segnatamente della componente soggettiva dell’avviamento – alla nuova società AB Trading; la quale era stata costituita allo specifico fine di continuare l’antecedente attività tramite il rapporto di agenzia con Delta Energy.

La costituzione era stata a sua volta taciuta sia ai creditori che agli organi della procedura. Invero la decisione di non ricapitalizzare (OMISSIS), formalmente attuata a settembre 2013, era stata, secondo la corte d’appello, assunta già a luglio del medesimo anno, al pari di quella di presentare la domanda di concordato. Donde l’esistenza del pregiudizio patrimoniale, peraltro non indefettibile ai fini della L. Fall., art. 173, andava associata all’avvenuta disposizione di elementi dell’attivo (i collaboratori, la clientela e l’uso del marchio “Oil line”) con preclusione di una eventuale successiva possibilità, per (OMISSIS), di affittare l’azienda al fine di proseguire l’attività medesima e di salvaguardare il valore di avviamento.

7. – Può in effetti discutersi della configurazione di una cessione d’azienda in casi simili, secondo l’argomentazione sostenuta dalla corte d’appello di Milano.

Tale argomentazione, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., u.c., va corretta in ciò: che l’avviamento (in disparte ogni distinzione aziendalistica tra componente oggettiva e soggettiva) non è un bene compreso nell’azienda del quale si possa ipotizzare la cessione, ma è una qualità dell’azienda stessa corrispondente alla sua capacità di profitto (v. per tutte Sez. 5 n. 9115-12); tanto che, potendo tale qualità essere solo promessa nella vendita, il relativo difetto dà luogo alla fattispecie di inadempimento di cui all’art. 1497 cod. civ. in tema di mancanza di qualità promesse (v. Sez. 1 n. 5845-13).

Tuttavia la valenza dei fatti dalla corte d’appello accertati – taciuti ai creditori e agli organi della procedura in ragione di una carenza assoluta di rappresentazione stata comunque e non implausibilmente ritenuta decettiva per l’idoneità a pregiudicare il consenso informato dei creditori sulle reali prospettive della liquidazione concorsuale.

Da questo punto di vista può osservarsi che senza dubbio l’informazione in ordine alla programmata continuazione dell’attività da parte di un’altra società (AB Trading) poteva influire sulle valutazioni relative alla congruità di offerte di acquisito dei beni rimasti in proprietà della società proponente il concordato.

Consegue che nella suddetta valutazione non si annidano errori di diritto, in quanto non rileva di per sè la questione giuridica se la fattispecie potesse o meno inquadrarsi nello schema della cessione d’azienda in difetto di trasferimento del marchio o dei macchinari produttivi. Ciò che rileva è che il legislatore, con la L. Fall., art. 173, ha inteso precludere la via del concordato preventivo al debitore il quale, avendo posto dolosamente in essere atti di frode nel senso all’inizio precisato, abbia svelato una ragione di radicale inaffidabilità, tale da rappresentare in sè un ostacolo – obiettivo e non superabile – allo svolgimento ulteriore della procedura.

8. – Il ricorso non è accoglibile neppure sotto il profilo di pretesi vizi di motivazione.

Gli elementi valorizzati ai fini della decisione sono stati invero riferiti dalla corte d’appello con completezza in rapporto alla valutazione del fatto storico afferente, l’unica in relazione alla quale, complessivamente, è possibile discorrere di omesso esame ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (cfr. Sez. un. n. 8053-14).

Il comportamento reticente in relazione ai fatti che hanno interessato la costituzione, per iniziativa del comune amministratore, della società AB Trading, e la conseguente sua attività nel settore di riferimento della proponente il concordato, oltre che naturalmente volontario, è stato giudicato ostativo al consenso informato del ceto creditorio, mai edotto delle circostanze; e dunque oggettivamente sanzionabile con la revoca dell’ammissione al concordato in quanto impeditivo della possibilità di valutare una prospettiva di gestione della società, per quanto in stato di crisi economico-finanziaria. E il dolo nelle predette operazioni è stato desunto dalla tempistica di riferimento.

Un tale iter argomentativo rende conto, con le precisazioni già dette, della valutazione fornita e non è minimamente scalfito dal quanto in contrario sostenuto, con chiara esorbitanza dei limiti del sindacato di fatto, nel primo motivo di ricorso.

E’ appena il caso di puntualizzare che la valutazione del nesso funzionale e dell’elemento psicologico, che lega gli atti pregressi in frode dei creditori con la proposta del concordato preventivo, spetta al giudice del merito, restando insindacabile in sede di legittimità se non sotto il profilo, qui insussistente, del vizio della motivazione.

Spese alla soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese processali, che liquida in Euro 7.800,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella percentuale di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 13 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 14 dicembre 2016

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