Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25728 del 22/09/2021

Cassazione civile sez. lav., 22/09/2021, (ud. 17/03/2021, dep. 22/09/2021), n.25728

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

Dott. BUFFA Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24964-2015 proposto da:

PROMETEO SOC. COOP. a r.l., (già COFAR SOC. COOP. a. r.l.), in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA DEI GRACCHI 128, presso lo studio

dell’avvocato EMILIO TRUCCO, rappresentata e difesa dall’avvocato

ANTONIO DAVI’;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e

quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. Società di Cartolarizzazione

dei Crediti I.N.P.S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE

BECCARIA N. 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto,

rappresentati e difesi dagli avvocati ESTER ADA SCIPLINO, LELIO

MARITATO, CARLA D’ALOISIO, ANTONINO SGROI;

– controricorrenti –

nonché contro

RISCOSSIONE SICILIA S.P.A., (già SE.RI.T. SICILIA S.P.A.);

– intimata –

avverso la sentenza n. 1239/2014 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 10/12/2014 R.G.N. 1468/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/03/2021 dal Consigliere Dott. ROSSANA MANCINO.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. con sentenza n. 1239 del 2014, la Corte di Appello di Catania ha riformato la sentenza di primo grado, che aveva dichiarato estinto, per compensazione, parte del credito portato dalla cartella esattoriale, opposta dall’attuale ricorrente, per omissioni contributive, e illegittima la cartella opposta per la somma eccedente l’importo di Euro 50.221,02;

2. per la Corte di merito, all’esito dell’accertamento tecnico contabile e delle molteplici domande, di compensazione e regolarizzazione, da parte della società, riteneva, quanto al credito ancora vantato dall’INPS, e per quanto di rilievo in questa sede, non decisivi i rilievi formulati con le note conclusive recanti la tardiva allegazione, da parte della società, dell’esistenza di un credito derivante da sentenza passata in giudicato del 1999, neanche prodotta, in ordine ad altro credito riconosciuto dall’INPS e che, conclusivamente, non provato il maggior credito nei confronti dell’INPS, seppure esistente, avrebbe potuto essere recuperato in altra sede;

3. avverso tale sentenza la Promoteo soc.c.oop. a r.l., già Copfar soc.c.oop. a r.l. ha proposto ricorso, affidato a quattro motivi, al quale ha opposto difese l’INPS, con controricorso;

4. Riscossione Sicilia s.p.a è rimasta intimata.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

5. con i motivi di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., comma 1 e art. 116 c.p.c., art. 2697 c.c., D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24 e di ogni norma e regola giurisprudenziale in materia di ripartizione dell’onere della prova; omesso esame di un fatto decisivo; violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., art. 415 c.p.c., comma 3, art. 420 c.p.c., commi 5 e 7, art. 437 c.p.c., comma 2, e nullità del procedimento;

6. la ricorrente censura l’erronea regolazione dell’onere della prova e del principio di non contestazione, per avere la Corte di merito fondato la decisione su documenti dell’ente previdenziale depositati unitamente al gravame, da ritenere tardivi e non mera integrazione di quanto depositato in primo grado, e omesso esame del fatto storico costituito dall’inesistenza del debito contributivo alla stregua dei documenti e atti processuali che, se esaminati, avrebbero dimostrato la posizione della società, debitrice e non già creditrice;

7. il ricorso è da rigettare;

8. è assorbente il rilievo, nell’esaminare i tre motivi logicamente connessi, che nessuna contestazione ha svolto la società all’esito del deposito della relazione peritale dell’ausiliare, officiato in giudizio proprio al fine di verificare, nel compendio debitorio-creditorio, i debiti estinti, totalmente o parzialmente, per effetto di pagamenti effettuati dalla società;

9. la sentenza impugnata ha fatto propria l’indagine compiuta dall’ausiliare, costituente parte integrante della motivazione, e la parte ricorrente, che neanche trascrive i passaggi dell’elaborato peritale, avrebbe dovuto dimostrare di aver tempestivamente criticato, innanzi al giudice del merito, singole voci di calcolo, conclusioni finali, imputazioni operate dall’ente previdenziale a fronte dei pagamenti parziali;

10. va anche aggiunto che l’omesso esame di un fatto decisivo si risolve, nel ricorso all’esame, nel censurare il mancato apprezzamento del compendio documentale, gravame come tale inammissibile giacché non rientrante nel paradigma del novellato art. 360 c.p.c., n. 5;

11. neanche risulta conferente la doglianza volta a qualificare come nuovi, e dunque tardivi, i documenti depositati in appello, qualificati dalla Corte di merito come mera integrazione di documenti già prodotti dall’INPS e sorretti dal rilievo secondo cui, per essere onere della società provare il pagamento, la società medesima non poteva dolersi della produzione, da parte dell’INPS, di documenti attestanti una compensazione parziale del debito;

12. inoltre, quanto al credito asseritamente derivante da sentenza passata in giudicato, rimane non smentito, né censurato il rilievo della statuizione impugnata secondo cui la sentenza passata in giudicato sarebbe rimasta evocata e non prodotta in giudizio;

13. infine, è da rigettare anche il quarto motivo, con il quale si deduce nullità della sentenza e del procedimento, per omessa pronuncia, in violazione dell’art. 112 c.p.c., in ordine alla dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 91,92 c.p.c. e al gravame incidentale, svolto dalla società, avverso la compensazione delle spese di lite disposta dal primo giudice;

14. la sentenza gravata ha espressamente statuito sul rigetto del gravame incidentale, conseguente all’accoglimento del gravame principale svolto dall’INPS, e il motivo è comunque inammissibile, essendo consolidato il principio secondo cui, in tema di spese processuali, il sindacato di questa Corte, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le stesse non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, per cui vi esula, rientrando nel potere discrezionale del giudice di merito, la valutazione dell’opportunità di compensarle in tutto o in parte, sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca che in quella di concorso di altri giusti motivi (cfr., fra tante, Cass. n. 17196 del 2018);

15. segue coerente la condanna alle spese, liquidate come in dispositivo, in favore dell’INPS; nulla spese per la parte rimasta intimata;

16. ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13, comma 1, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese, in favore dell’INPS, liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 5.000,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge e rimborso forfetario del 15 per cento. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13, comma 1, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 17 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2021

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