Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25728 del 15/11/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 25728 Anno 2013
Presidente: MIANI CANEVARI FABRIZIO
Relatore: ARIENZO ROSA

SENTENZA

sul ricorso 24583-2011 proposto da:
ASSICURAZIONI GENERALI S.P.A. C.F. 00079760328, (già
Alleanza Assicurazioni S.p.a.), in persona dei legali
rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliata
in ROMA, VIA APRICALE

31,

presso

lo

studio

dell’avvocato VITOLO MASSIMO, che la rappresenta e
2013
2773

difende unitamente all’avvocato SIMONA RUBINI. giusta
delega in atti;
– ricorrente contro

ZAGO GIAMBATTISTA nato a CACCURI il 30/05/1958;

Data pubblicazione: 15/11/2013

- intimato –

Nonché da:
ZAGO GIAMBATTISTA nato a CACCURI il 30/05/1958,
geck FAPuJ05- sc,0D 27/1/a45-2,
elettivamente domiciliato in ROMA, I7IA SEBINO 16,[
presso lo studio dell’avvocato GURRIERI VANESSA,

giusta delega in atti;
– controri corrente e ricorrente incidentale contro

ASSICURAZIONI GENERALI S.P.A. C.F. 00079760328, (già
Alleanza Assicurazioni S.p.a.), in persona dei legali
rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliata
in ROMA, VIA APRICALE 31, presso lo studio
dell’avvocato VITOLO MASSIMO, che la rappresenta e
difende unitamente all’avvocato SIMONA RUBINI. giusta
delega inElID
– controri corrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 278/2011 della CORTE D’APPELLO
di CATANIA, depositata il 14/04/2011 R.G.N.
1295/2008;;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 02/10/2013 dal Consigliere Dott. ROSA
ARIENZO;
udito l’Avvocato VITOLO MASSIMO;
udito l’Avvocato AREZZO DOMENICO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

rappresentato e difeso dall’avvocato AREZZO DOMENICO,

Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO che ha concluso

per il rigetto di entrambi i ricorsi.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 14.4.2011, la Corte di Appello di Catania, in riforma della sentenza
impugnata, dichiarava l’illegittimità del licenziamento intimato a Zago Giambattista il
26.1.2004, per tardivo versamento di premio assicurativo nella sua qualità di dipendente
della Alleanza Ass.ni s.p.a., e condannava la società appellata al pagamento di
un’indennità commisurata alla retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento a

Rilevava la Corte territoriale che non poteva ritenersi che il fatto oggetto dell’addebito
disciplinare concretizzasse un inadempimento contrattuale, in quanto, se pure l’appellante
aveva versato alla società il giorno 10 novembre 2003 l’importo di euro 1232,00 riscosso,
a titolo di premio assicurativo, il 5.11.2003, pur prevedendo l’art. 10 delle condizioni di
contratto il versamento dei premi riscossi giornalmente, o, al più tardi, entro il giorno
successivo, e pur non essendo le giustificazioni addotte tali da delineare un’ ipotesi di
ritardo determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa non imputabile atteso che lo Zago era abilitato ai versamenti “in cassa continua” effettuabili a qualsiasi
ora -, tuttavia, la clausola risolutiva contenuta al punto 13 delle condizioni di contratto,
nella parte caratterizzata da specificità, faceva riferimento al mancato versamento
dell’incasso anche di una sola quietanza e l’ipotesi contemplata non era assimilabile al
“ritardato versamento”, ipotesi di minore idoneità lesiva e non indicativa di una volontà di
appropriazione indebita di somme. Mancava, invero, secondo la Corte del merito, la
gravità del comportamento idonea a ledere irrimediabilmente il vincolo fiduciario.
Per la cassazione ricorre la società assicuratrice con unico motivo.
Resiste, con controricorso, Zago Giambattista, che affida la proposta impugnazione
incidentale ugualmente ad un solo motivo.
La società resiste al ricorso incidentale con proprio controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Va, preliminarmente, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., disposta la riunione dei ricorsi, proposti
avverso la stessa decisione.
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quello della pronunzia.

Con il ricorso principale, la società denuncia la violazione dei criteri legali di ermeneutica
contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. c. c. in relazione al contratto individuale di lavoro,
nonché insufficiente e contraddittoria motivazione, assumendo che l’interpretazione della
clausola contrattuale fornita dal giudice del gravame sia in contrasto con i criteri suddetti,
atteso che dal tenore letterale delle pattuizioni emergeva che la clausola risolutiva era
operante in relazione all’inadempienza ad uno degli obblighi di cui ai precedenti punti della

nelle casse agenziali dei premi incassati. Sostiene che il ritardato versamento costituisca
un notevole inadempimento degli obblighi imposti contrattualmente, tenuto conto
dell’interesse degli assicurati a non correre il rischio di essere lesi nei propri obiettivi di
risparmio e previdenza Riporta varie massime giurisprudenziali della Corte di legittimità
che sottolineano la necessità di valutazione del fatto nella sua portata oggettiva e
soggettiva.
Nel ricorso incidentale, Zago Giambattista censura la decisione per violazione dell’art. 18
della legge 300/70 e dell’art. 1 della legge 604/66, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c.,
nonché per omessa motivazione in relazione al mancato esame della domanda, reiterata
in appello, di riconoscimento dell’indennità sostitutiva in aggiunta al risarcimento connesso
alla illegittimità del licenziamento.
Entrambi i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili.
Premesso che, a prescindere dall’inquadramento in sede contrattuale e di una tipizzazione
delle fattispecie legittimanti la sanzione espulsiva, il giudice deve sempre verificare in
concreto se il comportamento tenuto del lavoratore rivesta la necessaria gravità,
diversamente che per le sanzioni conservative, occorre rilevare che la ricorrente, in
dispregio del principio di autosufficienza, ha omesso di riportare nella sua completezza il
testo delle clausole del contratto individuale utili all’esame sollecitato nella presente sede
di legittimità.
Ed invero, proprio perché si assume che il punto 13 del contratto sottoscritto tra le parti
prevedeva, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte territoriale, che l’inadempienza a
qualunque degli obblighi previsti nei precedenti punti legittimasse la società a risolvere il
contratto di lavoro, non poteva omettersi la trascrizione di tutti i punti suddetti. La
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norma, tra cui figurava, tra i comportamenti prescritti, quello del versamento tempestivo

limitazione della trascrizione al solo punto 10), che prevede quale obbligo dell’agente
quello di versamento in tempi brevi, specificamente indicati, dei premi incassati, non
consente di procedere alla valutazione della correttezza dell’indagine operata dalla Corte
alla stregua delle regole di ermeneutica contrattuale, che prevedono (art. 1362 e ss. c. c.)
che l’interpretazione degli atti negoziali non si limiti al senso letterale delle parole — che
assume valore prioritario nella ricerca della comune volontà delle parti — ma che il rilievo di

denunciare un errore di diritto od un vizio di ragionamento nella detta interpretazione non
può limitarsi a richiamare genericamente le regole di cui agli artt. 1362 e ss. c. c., ad essa
incombendo, invece, l’onere di specificare i canoni che in concreto assuma violati ed il
punto ed il modo in cui il giudice del merito si sia dagli stessi discostato, non potendo le
censure risolversi, in contrasto con la qualificazione loro attribuita nella sentenza oggetto
di interpretazione, nella mera contrapposizione di un’interpretazione diversa e più
favorevole di quella criticata (Cfr. Cass. 10.7.2000 n. 9157). In continuità con il principio
giurisprudenziale suddetto è stato osservato che 1″interpretazione dei contratti collettivi di
diritto comune è riservata all’esclusiva competenza del giudice di merito, essendo il
sindacato di legittimità limitato alla sola verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica
contrattuale, di cui agli artt. 1362 e segg. cod. civ., nonché alla coerenza e logicità della
motivazione ed, in particolare, che ove la doglianza attenga alla violazione dei citati canoni
interpretativi, deve essere precisato in qual modo il ragionamento del giudice abbia
deviato da essi, non essendo ammissibile un generico richiamo ai criteri astrattamente
intesi e neppure una critica della ricostruzione della volontà dei contraenti non riferibile a
tale violazione, ma consistente nella prospettazione di un risultato interpretativo diverso da
quello accolto nella sentenza impugnata, aggiungendosi che, ove poi la censura riguardi
anche il vizio di motivazione, nel quale il giudice sarebbe incorso a prescindere dal rispetto
dei citati canoni ermeneutici, essa deve investire l’obiettiva deficienza o la contraddizione
del ragionamento su cui si fonda l’interpretazione accolta, potendo il sindacato di
legittimità riguardare unicamente la coerenza formale della motivazione ovvero l’equilibrio
dei vari elementi che ne costituiscono la struttura argomentativa (cfr., tra le altre, Cass.
21.11.2003, n. 17749, Cass. 10.3.2005 n. 5234, Cass. 13.6.2006 n. 13638 e, più
recentemente, Cass. 9.10.2012 n. 17168). I rilievi contenuti nel motivo di ricorso, in
ossequio al principio di autosufficienza del ricorso, debbono essere, poi, accompagnati
dalla trascriàone delle clausole individuative dell’effettiva volontà delle parti, al fine di
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questo sia verificato alla luce dell’intero contesto contrattuale. Peraltro, la parte che voglia

consentire alla S.C. di verificare l’erronea applicazione della disciplina normativa (cfr.
Cass. 28.5.2005 n. 15798).
Ed invero, il sindacato di legittimità in tema di interpretazione del contratto non può
investire il risultato interpretativo in sé, cha appartiene all’ambito dei giudizi di fatto riservati
al giudice di merito, ma esclusivamente il rispetto dei canoni legali di ermeneutica e la

Proprio in coerenza con questi principi la ricorrente avrebbe dovuto, prima di approfondire
la critica svolta, trascrivere le clausole ed i punti del contratto individuale, enunciati prima
del punto 13 che contemplava la previsione espressa di un caso di risoluzione, per
consentire di valutare la ricorrenza della denunziata violazione dei canoni di ermeneutica
contrattuale, tra i quali figura anche quello di cui all’art. 1365 c. c., secondo il quale,
quando in un contratto si è espresso un caso al fine di spiegare un patto, non si
presumono esclusi i casi non espressi, ai quali, secondo ragione, può estendersi lo stesso
patto. Pertanto, proprio per la particolare natura della clausola risolutiva, era necessario
esplicitare la portata degli obblighi prescritti in tutti i precedenti punti, per valutare se i
criteri interpretativi — dei quali solo genericamente si assume l’avvenuta violazione –siano
stati disattesi nel processo valutativo condotto dal giudice del gravame in relazione
all’estensione della clausola suddetta.
Quanto al ricorso incidentale, è sufficiente rilevare che la decisione del giudice di secondo
grado che non esamini e non decida un motivo di censura della sentenza del giudice di
primo grado è impugnabile per cassazione non già per omessa o insufficiente motivazione
su di un punto decisivo della controversia e neppure per motivazione “per relationem” resa
in modo difforme da quello consentito, bensì per omessa pronuncia su un motivo di
gravame; ne consegue che, se il vizio è denunciato ai sensi dell’art. 360, n. 3 o n. 5, cod.
proc. civ., anziché dell’art. 360, n. 4, cod. proc. civ. in relazione all’art. 112 dello stesso
codice, il ricorso è inammissibile (cfr., in tali termini, Cass. 15.6.2013 n. 11801).
Peraltro, va anche rilevato che, per sostenere la mancata disamina della domanda intesa
ad ottenere l’indennità sostitutiva della reintegra, il ricorrente avrebbe dovuto dedurre
un’erronea interpretazione della domanda giudiziale, pur tenendo presente che questa,
anche nel processo del lavoro rientra nella valutazione del giudice di merito e non è
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coerenza e logicità della motivazione addotta (2074/2002).

censurabile in sede di legittimità ove motivata in modo sufficiente e non contraddittorio (cfr.
Cass. 24.7.2012 n. 12944, in relazione ad un caso in cui il lavoratore aveva impugnato il
licenziamento chiedendo la condanna al risarcimento del danno da licenziamento
illegittimo, senza precisare se era richiesta anche la reintegrazione o l’indennità sostitutiva
della reintegra; la S.C., in applicazione del principio su esposto, ha confermato la sentenza
della Corte d’appello che, valutando la reale portata della domanda, aveva valorizzato

reintegrazione nel posto di lavoro ).
Conclusivamente, entrambi i ricorsi vanno dichiarati inammissibili e le spese di lite del
presente giudizio in considerazione della reciproca soccombenza, possono essere
integralmente compensate tra le parti.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi e li dichiara inammissibili. Compensa tra le parti le spese di lite
del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 2.10.2013

l’effetto tipico dell’impugnazione del licenziamento in regime di tutela reale che è la

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