Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25727 del 15/11/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 25727 Anno 2013
Presidente: LAMORGESE ANTONIO
Relatore: VENUTI PIETRO

SENTENZA

sul ricorso 379-2009 proposto da:
ANDREOZZI

IVANA

NDRVNI57E52A515Q,

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA ANAPO 46, presso lo studio
dell’avvocato DEL CAPRARO LETIZIA, rappresentata e
difesa dall’avvocato BACCHETTA MIRELLA, giusta delega
in atti;
– ricorrente –

2013
2731

contro

I.N.A.I.L – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE
CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, (C.F. 01165400589), in
persona del legale rappresentante pro tempore,

Data pubblicazione: 15/11/2013

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144,
presso lo studio degli avvocati LA PECCERELLA LUIGI e
ROMEO LUCIANA, che lo rappresentano e difendono giusta
delega in atti;
– controri corrente –

di L’AQUILA, depositata il 04/03/2008 r.g.n. 57/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 01/10/2013 dal Consigliere Dott. PIETRO
VENUTI;
udito l’Avvocato PASCALE ALDO SILVIO per delega
BACCHETTA MIRELLA;
udito l’Avvocato ROMEO LUCIANA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA, che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

avverso la sentenza n. 100/2008 della CORTE D’APPELLO

R.G. n. 379/09
Ud. 1 ott. 2013

La Corte d’Appello di L’Aquila, con sentenza depositata il 4
marzo 2008, in riforma della decisione di primo grado che aveva
riconosciuto ad Andreozzi Ivana una rendita

“per tecnopatia

(dermatite allergica)”, ha rigettato, a seguito di impugnazione
dell’INAIL, la domanda dell’assicurata.
Ha osservato la Corte di merito, richiamando la consulenza
tecnica d’ufficio disposta in sede d’appello, che doveva escludersi la
sussistenza di una patologia di origine lavorativa, avendo la
Andreozzi cessato l’attività di parrucchiera da circa venti anni,
onde non poteva “considerarsi attiva e comunque persistente una

patologia allergica indotta da sostanze prive di influenza su un
soggetto che ha cessato di avere con esse qualsiasi contatto”; che la
cessazione dell’attività era stata determinata da una sopravvenuta,
gravissima patologia (sclerosi multipla), del tutto estranea al suo
lavoro, “totalmente ed autonomamente preclusiva di qualsiasi

attività lavorativa”, onde non poteva attribuirsi rilevanza alla
patologia allergica.
Per la riforma di questa sentenza ha proposto ricorso per
cassazione l’assicurata sulla base di due motivi. L’INAIL resiste con
controricorso, illustrato da successiva memoria ex art. 378 cod.
proc. civ.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, cui fa seguito il relativo quesito di
diritto ex art. 366 bis cod. proc. civ, allora in vigore, la ricorrente,
denunziando violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 434 e
132, comma 2, n. 3, cod. proc. civ., deduce che, pur non avendo

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

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l’Istituto contestato l’esistenza della patologia allergica, ma solo la
sua eziologia lavorativa, la sentenza impugnata ha escluso la
sussistenza di tale patologia, così pronunciando su una eccezione
non proposta dall’Istituto, in violazione dell’art. 112 citato.
Aggiunge, sotto altro profilo, che la sentenza è nulla, non
2. Il motivo è infondato.
Quanto alla prima censura, la sentenza impugnata,
diversamente da quanto sostenuto dalla ricorrente, non esclude la
sussistenza della patologia denunziata, ma, cosa diversa, che essa
fosse di “origine lavorativa”, come è stato evidenziato nella
narrativa.
L’altra censura è inammissibile.
L’omessa trascrizione delle conclusioni delle parti nella
sentenza comporta la nullità della stessa soltanto quando tali
conclusioni non siano state esaminate, di guisa che sia mancata in
concreto una decisione sulle domande ed eccezioni ritualmente
proposte, mentre quando dalla motivazione risulta che le
conclusioni sono state effettivamente esaminate, il vizio si risolve
in una semplice imperfezione formale, irrilevante ai fini della
validità della sentenza (cfr., fra le altre, Cass. 24 ottobre 2005 n.
20469; Cass. 10 marzo 2006 n. 5277; Cass. 28 luglio 2007 n.
18159).
Nella specie. la ricorrente non precisa le conclusioni che la
Corte di merito non avrebbe esaminato o alle quali non avrebbe
dato risposta, ciò che rende la censura inammissibile.
3. Con il secondo motivo, cui fa seguito il quesito di diritto, la
ricorrente denunzia omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione su fatti controversi e decisivi per il giudizio nonché
violazione o falsa applicazione dell’art. 13 d. lgs. n. 38 del 2000.
Deduce che la Corte di merito ha rigettato la domanda sulla
scorta degli accertamenti eseguiti dal c.t.u. nominato in grado
d’appello, il quale non ha riscontrato sull’assicurata i sintomi della

essendo state in essa indicate le conclusioni rassegnate dalle parti.

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dermatite allergica. Sulla base di tale accertamento e considerato
che la Andreozzi aveva cessato l’attività lavorativa da circa venti
anni la sentenza impugnata ha escluso la sussistenza di una
patologia di origine lavorativa.
Ma, rileva la ricorrente, la sig.ra Andreozzi non poteva
affetta da una gravissima patologia, il suo sistema immunitario era
stato reso inattivo dalle “terapie immunosoppressive, steroidee,

nootrope e neurolettiche” necessarie a contrastare la sclerosi
multipla.
Tale stato di cose era stato posto in evidenza dal c.t.u.
nominato in primo grado ed era stato confermato dallo stesso
Istituto, il quale nel verbale del collegio medico-legale del 24
settembre 2003. aveva dato atto delle gravissime condizioni di
salute dell’assicurata.
Inoltre, la documentazione sanitaria in atti dimostrava
inequivocamente che la Andreozzi era affetta da dermatosi allergica
e che i relativi test eseguiti nel corso degli anni erano risultati tutti
positivi.
4. Il motivo è fondato.
La sentenza impugnata, al di là di un generico richiamo alla
relazione del c.t.u., da considerare “parte integrante” della
motivazione, non dà conto delle ragioni che hanno indotto la Corte
di merito ad escludere il nesso eziologico tra la patologia
denunziata e l’attività lavorativa svolta dalla Andreozzi.
In particolare, la Corte di merito non ha considerato:
– che il c.t.u. nominato in primo grado ha accertato che la
Andreozzi era affetta da una forma di “dermatosi tecnopatia cronica

professionale a genesi irritativa, interessante il volto e il collo

“;

– che lo stesso c.t.u. ha affermato che l’esame clinicoobiettivo dell’assicurata non costituiva elemento utile per accertare
la patologia epidermica, tenuto conto che la Andreozzi aveva
contratto altra gravissima patologia (sclerosi multipla) che la

presentare i sintomi della dermatite allergica, in quanto, essendo

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costringeva a cure particolarmente intense, con “compromissione

sensibile anche del sistema immunitario, in parte responsabile
dell’alterazione specifica della dermatosi”;
– che dalle certificazioni mediche e dalle cartelle cliniche in
atti, richiamate in ricorso e trascritte per la parte rilevante, risulta

“allergodermia diffusa”, conseguente a sostanze usate “per motivi
professionali”;
– che i ricoveri ospedalieri presso il reparto di dermatologia
sono avvenuti nel corso dell’attività lavorativa o immediatamente
dopo la cessazione di questa;
– che i test allergologici richiamati nel ricorso hanno avuto
esito positivo, con riguardo anche a sostanze chimiche utilizzate
per motivi professionali.
Inoltre, secondo i principi costantemente enunciati in materia
da questa Corte, se è vero che il giudice del merito che riconosce
convincenti le conclusioni del consulente tecnico non è tenuto ad
esporre in modo specifico le ragioni che lo inducono a fare propri
gli argomenti dell’ausiliare, dato che in tal caso l’obbligo della
motivazione è stato assolto con l’indicazione della fonte
dell’apprezzamento espresso, tuttavia lo stesso giudice non può
sottrarsi – come è avvenuto nella specie – al dovere di esporre le
ragioni che lo hanno indotto a disattendere i rilievi formulali dalla
parte e dal suo consulente.
Ciò tanto più che si era in presenza di due contrastanti
consulenze tecniche d’ufficio, circostanza questa che avrebbe
dovuto indurre la Corte di merito a non adeguarsi acriticamente al
parere del secondo ausiliario, ma, quanto meno, a valutare le
censure di parte e ad indicare le ragioni per le quali erano da
disattendere le conclusioni del primo c.t.u.
Tutte queste lacune comportano la cassazione della
impugnata sentenza, con rinvio al giudice indicato in dispositivo,
per un nuovo esame.

che all’assicurata è stata più volte diagnosticata una

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In proposito, irrilevante è la circostanza dedotta nella
sentenza impugnata, secondo cui non potrebbe attribuirsi
rilevanza alla patologia allergica, essendo la Andreozzi affetta da
una gravissima patologia che le impedisce di svolgere
autonomamente qualsiasi attività lavorativa. Ed infatti, il presente

professionale indennizzabile, avente carattere permanente ed
incidente su tutte le manifestazioni della vita.
Il giudice di rinvio provvederà anche sulle spese del presente
giudizio.
P.Q.M.
La Corte rigetta il primo motivo ed accoglie il secondo. Cassa la
sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche
per le spese, alla Corte d’Appello di L’Aquila in diversa
composizione.
Così deciso in Roma in data 1 ottobre 2013.

giudizio ha per oggetto l’accertamento di una malattia

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