Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25725 del 01/12/2011

Cassazione civile sez. I, 01/12/2011, (ud. 04/11/2011, dep. 01/12/2011), n.25725

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

D.C. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA ANTONIO CHINOTTO 1, presso l’avvocato PRINZI

PASQUALE, rappresentato e difeso dall’avvocato ROTOLO NICOLA, giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

UNICREDIT BANCA S.P.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 203/2006 della CORTE D’APPELLO DI LECCE –

SEZIONE DISTACCATA di TARANTO, depositata il 13/07/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/11/2011 dal Consigliere Dott. SALVATORE DI PALMA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che D.C., con ricorso notificato il 5 ottobre 2007, ha impugnato per cassazione – deducendo tre motivi di censura -, nei confronti della s.p.a. Unicredit Banca, la sentenza della Corte d’Appello di Lecce depositata in data 13 luglio 2006, con la quale la Corte d’appello, pronunciando sull’appello del D. – volto ad ottenere la riforma della sentenza del Tribunale di Taranto n. 1070/04 del 21 maggio 2004 -, in contraddittorio con la s.p.a.

Unicredit Banca – la quale ha concluso per l’inammissibilità o per l’infondatezza dell’appello – ha rigettato l’appello;

che la s.p.a. Unicredit Banca, benchè ritualmente intimata, non si è costituita nè ha svolto attività difensiva;

che la Corte di Lecce ha respinto l’appello del D. – il quale aveva chiesto che fosse accertato che egli non era obbligato, quale fideiussore, a garantire lo scoperto del conto corrente n. (OMISSIS), aperto ed intrattenuto dalla garantita Società cooperativa a r.l. Coavin, e che, conseguentemente, l’Istituto di credito fosse condannato a restituirgli il libretto bancario n. (OMISSIS), da lui aperto ed indebitamente trattenuto dalla banca – osservando che: a) il D., in data 9 febbraio 1987, aveva prestato fideiussione omnibus per la predetta Società cooperativa in favore del Credito Italiano, relativamente alle operazioni bancarie effettuate dalla Cooperativa sul c/c n. (OMISSIS) ed a quelle che venissero in seguito consentite, c/c poi estinto il 1 settembre 1989;

b) in data 12 febbraio 1988, il D. aveva revocato la fideiussione con effetto dal successivo 15 febbraio, revoca che la Banca aveva accettato per i crediti … in dipendenza di rapporti costituiti successivamente al 15 febbraio 1988; d) in data 24 giugno 1989, la Società cooperativa, quando non era stato ancora estinto il c/c n. (OMISSIS), aveva chiesto ed ottenuto altro finanziamento sul c/c n. (OMISSIS); e) ancorchè questo nuovo finanziamento fosse successivo alla revoca della fideiussione e, quindi, da questa non “coperto”, il D., alla richiesta della Banca, di pagamento della somma di L. 713.421.4 91, aveva sottoscritto due lettere con le quali aveva costituito volontariamente in pegno, a favore della Banca, la somma di L. 50.000.000 depositata sul predetto libretto bancario che, pertanto, la stessa Banca deteneva legittimamente.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con i tre motivi di censura, il ricorrente denuncia: a) vizi di contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata, anche per contrasto con le risultanze istruttorie, nella parte in cui, da un lato, ha riconosciuto che la prestata fideiussione era divenuta inefficace dal 15 febbraio 1988 e, dall’altro, ha contraddittoriamente ritenuto che, ciononostante, il trattenimento del libretto bancario e della somma di L. 50.000.000 ivi depositata da parte della Banca fosse legittimo; b) vizi di omissione della motivazione della sentenza impugnata, nella parte in cui ha omesso di considerare il dedotto dolo della Banca, per averlo indotto in errore in ordine alla costituzione del pegno; c) vizi di violazione di legge per la dedotta nullità del costituito pegno;

che il ricorso è inammissibile, quanto ai primi due motivi del ricorso – che deducono vizi di motivazione -, per la mancata formulazione del cosiddetto “momento di sintesi” e, quanto al terzo motivo – che deduce vizio di violazione di legge -, per la mancata formulazione del quesito di diritto, ai sensi dell’art. 366-bis cod. proc. civ.;

che, infatti, tale disposizione si applica alla fattispecie in forza del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 27, comma 5, entrato in vigore il 2 marzo 2006, in quanto la sentenza impugnata è stata pubblicata in data 13 luglio 2006;

che inoltre, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, in forza del principio generale di cui all’art. 11 preleggi, comma 1, – secondo cui, in mancanza di un’espressa disposizione di legge contraria, la legge non dispone che per l’avvenire e non ha effetto retroattivo – nonchè del correlato specifico disposto della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 58, comma 5, – in base al quale Le disposizioni di cui all’art. 47 si applicano alle controversie nelle quali il provvedimento impugnato con il ricorso per cassazione è stato pubblicato ovvero, nei casi in cui non sia prevista la pubblicazione, depositato successivamente alla data di entrata in vigore della presente L. 4 luglio 2009 -, l’abrogazione dell’art. 366- bis cod. proc. civ., disposta dalla citata L. n. 69 del 2009, art. 47 ha effetto per i ricorsi per cassazione avverso i provvedimenti pubblicati successivamente alla suddetta data, con la conseguenza che per i ricorsi proposti antecedentemente (ma dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 40 del 2006, cioè dal 2 marzo 2006) detta norma codicistica è da ritenersi ancora applicabile (cfr., ex plurimis, l’ordinanza n. 7119 del 2010 e la sentenza n. 26364 del 2009);

che la predetta totale omissione della formulazione sia del “momento di sintesi” sia del quesito di diritto rende superflua ogni ulteriore considerazione;

che non sussistono i presupposti per provvedere sulle spese del presente grado del giudizio.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Prima Sezione Civile, il 4 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 1 dicembre 2011

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