Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25723 del 13/11/2020

Cassazione civile sez. trib., 13/11/2020, (ud. 17/01/2020, dep. 13/11/2020), n.25723

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. ARMONE Giovanni Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28272-2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, persona dei Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

D.G. D.G.V. & C. SAS, in persona del legale

rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA P.ZZA CAVOUR presso

la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’Avvocato NICOLA DE PRISCO giusta delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 561/2011 della COMM. TRIB. REG. della

Campania, SEZ. DIST. di SALERNO, depositata il 24/11/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/01/2020 dal Consigliere Dott. GIOVANNI MARIA ARMONE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RITA SANLORENZO che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 561/4/11, depositata il 24 novembre 2011, che ha confermato la sentenza di primo grado, con cui era stato accolto il ricorso presentato dalla società D.G. Sas di D.G.V. & C. avverso il diniego totale dell’istanza di rimborso dell’eccedenza detraibile IVA relativa all’anno d’imposta 2006.

2. Il ricorso è affidato a un unico motivo.

3. La società D.G. Sas di D.G.V. & C. resiste con controricorso, illustrato con memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso, parte ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e la falsa applicazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 30 e del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917.

2. L’Agenzia censura la sentenza impugnata per aver riconosciuto il diritto della società controricorrente al rimborso dell’eccedenza IVA in relazione all’acquisto di un immobile, accatastato sotto la categoria A10, avendolo considerato strumentale all’attività d’impresa, nonostante che oggetto sociale di quest’ultima fosse proprio l’attività di acquisto e gestione di immobili propri.

3. Il motivo è inammissibile.

4. Il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 30, comma 3, lett. c), riconosce al contribuente il diritto al rimborso dell’eccedenza detraibile dell’IVA, “limitatamente all’imposta relativa all’acquisto o all’importazione di beni ammortizzabili”.

5. Con riferimento a tale imposta, la giurisprudenza di questa S.C. (v. Cass. 05/12/2014, n. 25777, e ivi richiami) ha condivisibilmente osservato che le operazioni di acquisto dei beni da parte di un soggetto societario costituiscono pur sempre esercizio di impresa commerciale, secondo la nozione offertane dalla normativa comunitaria (“ogni operazione che comporti lo sfruttamento di un bene materiale… per ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilità” – sesta direttiva in materia di IVA, art. 42);

6. Il principio di neutralità dell’IVA ha infatti tra i propri corollari quello di non alterare “la tendenziale simmetria tra attività che danno luogo ad operazioni imponibili e correlate operazioni passive che danno luogo a detrazione dell’imposta, essendo il soggetto passivo autorizzato a livello comunitario dalla sesta direttiva (art. 17, p. 2) a detrarre le imposte assolte sugli acquisti nella misura in cui i beni sono impiegati ai fini di operazioni soggette ad imposta” (così Cass. n. 25777 del 2014, cit., p. 4.5., richiamando i passaggi della circolare ministeriale n. 128/97; Cass. 26/03/2014, n. 7032).

7. Questo stesso principio è ricavabile, sia pure a contrarlo, da Cass. 22/12/2017, n. 30807, la quale ha escluso nel caso da essa esaminato che l’acquisto di un bene da parte di una società di gestione di complessi turistici fosse idoneo a generare un’eccedenza rimborsabile, ma ciò ha fatto perchè l’acquisto aveva avuto per oggetto la sola nuda proprietà del bene, con conseguente carenza, in capo a una società di gestione alberghiera, dei “poteri di disposizione e gestione del bene suscettibili di assicurare la fruibilità della res” (p. 4.6.); nello stesso paragrafo, la sentenza ha però affermato che, qualora la società fosse stata una società di vendita e gestione immobiliare, il bene si sarebbe atteggiato come bene-merce, suscettibile di circolazione anche solo come nuda proprietà e dunque idoneo a integrare i presupposti perchè l’acquisto generi un’eccedenza rimborsabile.

8. Rispetto all’IVA, la strumentalità ricorre dunque in ogni occasione in cui il bene oggetto dell’operazione passiva di acquisto sia funzionale all’utilizzo dello stesso bene nelle operazioni attive che costituiscono esercizio dell’attività commerciale.

9. Alla luce della ricostruzione sin qui compiuta, la strumentalità deve essere accertata in concreto, secondo un criterio di effettività che guardi alla funzionalità dell’operazione di acquisto rispetto al complesso delle operazioni di cessione (v. in tal senso le recenti Cass. 26/02/2019, n. 5559, Cass. 12/02/2020, n. 3396).

10. Ne derivano le seguenti conclusioni, che conducono poi all’inammissibilità del ricorso.

11. In primo luogo, il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 30, di cui l’Agenzia afferma la violazione, dà per presupposta la nozione di strumentalità e non ha dunque “un contenuto normativo volto a definire la controversa questione della distinzione tra “bene merce” e “bene strumentale” (così Cass. 30 giugno 2016, n. 13412, p. 1.3., citata dalla controricorrente nella memoria difensiva).

12. In secondo luogo, il passaggio della sentenza impugnata in cui la CTR, dopo aver dato atto che l’odierna controricorrente ha nel proprio oggetto sociale “l’acquisto di beni immobili ai fini della loro locazione”, ha fatto discendere la natura strumentale dell’immobile acquistato e successivamente locato dalla circostanza che “lo stesso immobile costituisce appunto lo strumento per poter raggiungere lo scopo sociale”, rappresenta l’accertamento in fatto della strumentalità, utile a farne discendere le conseguenze volute dalla legge, in primis dall’art. 30.

13. Ne consegue che la censura della sentenza impugnata basata sulla errata applicazione dell’art. 30, unica disposizione rilevante nella definizione di bene strumentale nell’ambito di un giudizio su un avviso di diniego del rimborso dell’IVA, si risolve in una inammissibile sollecitazione a sindacare nel merito l’accertamento compiuto (v. negli stessi termini Cass. n. 13412 del 2016 citata).

14. Il ricorso va pertanto rigettato.

15. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano nella misura indicata in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità, liquidandole in complessivi Euro 2.900,00, oltre spese generali, IVA e CPA come per legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della V sezione civile, il 17 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 novembre 2020

 

 

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