Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25720 del 22/09/2021

Cassazione civile sez. II, 22/09/2021, (ud. 16/02/2021, dep. 22/09/2021), n.25720

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 25707/2019 R.G. proposto da:

D.A.S., rappresentato e difeso dall’avv. Davide

Verlato, con domicilio eletto presso la Cancelleria della Corte di

Cassazione;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t.;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia n. 3242/2019,

depositata in data 1.8.2019;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16.2.2021 dal

Consigliere Dott. Giuseppe Fortunato.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte di appello di Venezia ha confermato la sentenza di primo grado, respingendo definitivamente la richiesta di protezione internazionale proposta da D.A.S..

Il ricorrente, proveniente dal (OMISSIS), aveva sostenuto di essersi allontanato dal paese per sfuggire ad un arruolamento forzato da parte di miliziani islamici e per evitare di essere inviato nelle regioni settentrionali per combattere la guerra civile scoppiata a seguito del colpo di stato del 2012 e dell’offensiva del Movimento nazionale di liberazione dell'(OMISSIS).

Il giudice distrettuale ha dichiarato inammissibile – ai sensi dell’art. 342 c.p.c. – il primo motivo di impugnazione, vertente sul mancato riconoscimento dello status di rifugiato e sulla mancata concessione della protezione sussidiaria, rilevando che il gravame si limitava a riproporre le argomentazioni sollevate in primo grado, senza formulare critiche al ragionamento decisorio del tribunale quanto alla ritenuta inattendibilità del racconto del richiedente asilo.

Passando all’esame della situazione del (OMISSIS), ha distinto le aree al nord del paese, sfuggite al controllo dell’autorità statale, da quelle del sud, ove risiedeva il ricorrente, evidenziando che, secondo i più recenti reports internazionali, la regione non era interessata da un clima di violenza indiscriminata.

La sentenza ha poi respinto la domanda di protezione umanitaria, ponendo in rilievo che la sola provenienza da (OMISSIS) o dalla Regione del (OMISSIS) non lasciava ipotizzare una situazione soggettiva di vulnerabilità e ritenendo insufficienti la frequentazione di taluni corsi di studio e il possesso di un contratto di lavoro a tempo determinato, ormai scaduto nel giugno 2018.

Per la cassazione della sentenza D.A.S. propone ricorso in due motivi.

Il Ministero dell’Interno non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo denuncia la violazione del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, commi 2 e 3, e D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 19, comma 8, nel testo modificato dal D.L. n. 13 del 2017, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Si addebita al giudice di merito di aver respinto la domanda per la ritenuta inattendibilità del racconto del ricorrente, senza svolgere alcun ruolo di cooperazione istruttoria per la ricognizione della situazione del paese di provenienza, non avendo acquisito informazioni aggiornate sul (OMISSIS) neppure in merito al grado di tutela dei diritti umani.

Il secondo motivo denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo e la violazione degli artt. 115,116 c.p.c., art. 2697 c.c.D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8 e art. 32, comma 3, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. a), b) e c) ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, imputando alla Corte di merito di aver negato lo status di rifugiato e la protezione sussidiaria sulla base dell’asserita inesistenza di una situazione di violenza indiscriminata, in palese contrasto con numerosi precedenti di merito di segno contrario, e per aver dichiarato infondata anche la domanda di permesso umanitario, senza valutare la situazione personale dell’interessato e il rischio di gravi violazioni dei diritti umani, svalutando il grado di inserimento sociale e lavorativo conseguito in Italia.

I due motivi, che sono suscettibili di esame congiunto, sono inammissibili.

Entrambe le censure non si confrontano con la declaratoria di inammissibilità dei motivi di appello quanto alla ritenuta inattendibilità del racconto del richiedente asilo, che deve ritenersi definitivamente accertata.

Il giudizio espresso in proposito dal tribunale – ormai definitivo giustificava il rigetto della richiesta di protezione di cui all’art. 14, lett. a) e b), decreto qualifiche.

Difatti, l’accertamento del giudice di merito deve avere innanzi tutto ad oggetto la credibilità soggettiva della versione del richiedente circa l’esposizione a rischio grave alla vita o alla persona, e qualora le dichiarazioni siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, non occorre procedere a un approfondimento istruttorio officioso circa la prospettata situazione persecutoria nel Paese di origine, salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori (Cass. 16925/2018; Cass. 4892/2019). La valutazione di non credibilità della sua narrazione integra una autonoma e autosufficiente ratio decidendi della sentenza impugnata che, se non (o, come in questo caso, inammissibilmente) censurata, è destinata a consolidarsi e a precludere, in sede di impugnazione, lo scrutinio dei motivi inerenti i profili sostanziali della domanda di protezione, rendendola di per sé non suscettibile di accoglimento, non sussistendo elementi sui quali concretamente basare una decisione in senso positivo (in termini, Cass. 3237/2019; Cass. 33096/2018; Cass. 33137/2018; Cass. 33139/2018; Cass. 21668/2015).

1.1. Quanto alla valutazione dei presupposti applicativi del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c), il ricorso non indica quali fonti più attendibili, rispetto a quelle utilizzate in giudizio, smentiscano le conclusioni – motivatamente raggiunte dalla Corte distrettuale sulla base di informazioni tratte da reports internazionali accreditati ed aggiornati a data prossima a quella della decisione – in merito alla situazione di sicurezza interna del paese, traducendosi nella richiesta di una complessiva rivalutazione dei presupposti di legge su profili che attengono al merito, insindacabili in cassazione.

Giova ribadire che, per dar prova della violazione del dovere di collaborazione istruttoria gravante sul giudice di merito, non può procedersi alla mera prospettazione, in termini generici, di una situazione complessiva del Paese di origine del richiedente diversa da quella ricostruita dal giudice, sia pure sulla base del riferimento a fonti internazionali alternative o successive a quelle utilizzate dal giudice e risultanti dal provvedimento decisorio, ma occorre che la censura dia atto in modo specifico degli elementi di fatto idonei a dimostrare che il giudice di merito abbia deciso sulla base di informazioni non più attuali, dovendo contenere precisi richiami, anche testuali, alle fonti alternative o successive proposte (Cass. 14307/2020).

1.2. Quanto infine alla protezione umanitaria, la pronuncia, evidenziando che la sola residenza in (OMISSIS) o la provenienza dal (OMISSIS) non era sufficiente ad integrare i presupposti per la concessione del permesso, ha – in effetti – inteso porre in risalto la mancanza di una situazione generale di grave compromissione dei diritti umani nel paese di provenienza, con argomentazione neppure attinta dai motivi di ricorso.

Le condizioni di vulnerabilità soggettiva che possono fondare il diritto alla protezione umanitaria devono inscriversi in un contesto di diffusa e grave violazione dei diritti fondamentali della persona, da correlare alla condizione personale che ha determinato la ragione della partenza.

In mancanza di tali condizioni, della cui insussistenza la Corte di appello ha – sia pur sinteticamente – dato atto con motivazione esente da vizi (cfr. sentenza pag. 16), la domanda non era di per sé insuscettibile di accoglimento, anche tenuto conto dell’insufficiente grado di inserimento conseguito in Italia, comprovato dal possesso di un’occupazione precaria – ormai cessata – e dalla frequentazione di corsi di formazione.

Il ricorso è – pertanto – inammissibile.

Nulla sulle spese, non avendo il Ministero svolto difese.

Si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione seconda civile, il 16 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2021

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