Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2572 del 04/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 04/02/2020, (ud. 09/01/2020, dep. 04/02/2020), n.2572

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – rel. Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso 25220-2018 proposto da:

S.T., S.A., S.G.,

F.C., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CICERONE, 49, presso lo

studio dell’avvocato LUIGIA D’AMICO, rappresentati e difesi

dall’avvocato GIUSEPPE NOLE’;

– ricorrenti –

contro

F.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COSTANTINO, N.

136, presso lo studio dell’avvocato CARLOTTA GUGLIELMAN,

rappresentato e difeso dall’avvocato GERARDO COLASANTE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 667/2018 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 16/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 09/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CIGNA

MARIO.

Fatto

RILEVATO

che:

Con citazione 9-7-1998 F.P. convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Nocera Inferiore S.S. per sentirlo condannare al risarcimento del danno da fatto illecito subito in relazione a circostanze accertate a suo carico da sentenza penale di condanna della Corte d’Appello di Salerno; nel corso del giudizio, con ordinanza 8-72004, il processo fu dichiarato intercorro per morte del convenuto S.S.; e successivamente, a seguito di riassunzione da parte dell’attore, si costituirono S.G., S.A. e S.T. (figli del “de cuius”) e F.C. (moglie), quali chiamati all’eredità, chiedendo il rigetto della domanda.

Con sentenza 926/2012 del 12/13-11-2012 l’adito Tribunale accolse la domanda del F., condannando S.G., S.A. e S.T. e F.C. al pagamento, in favore dell’attore, della somma di Euro 206.268,00, oltre interessi e spese di lite; in particolare il Tribunale evidenziò che l’attore, nel notificare l’atto di riassunzione, aveva proceduto, come suo onere, ad individuare i chiamati all’eredità, mentre quest’ultimi si erano limitati a contestare la loro qualità di eredi, senza nulla provare in merito.

Con sentenza 667/2018 del 16-5-2018 la Corte d’Appello di Salerno ha rigettato il gravame proposto da S.G., S.A. e S.T. e F.C.; in particolare la Corte ha confermato la legittimazione passiva di quest’ultimi a subentrare nel processo; al riguardo ha precisato: che il ricorso per riassunzione ad opera della parte non colpita dall’evento interruttivo, notificato individualmente nei confronti dei chiamati all’eredità (come nella specie), è idoneo ad instaurare validamente il rapporto processuale tra notificante e destinatario della notifica, se questi riveste la qualità di successore universale della parte deceduta ex art. 110 c.p.c.; in tal caso, la parte che procede alla riassunzione ha l’onere di individuare i chiamati all’eredità rispetto ai quali sussistono le condizioni legittimanti l’accettazione dell’eredità; che, pertanto, pur non assumendo i chiamati all’eredità, per il solo fatto di avere ricevuto la notifica, la qualità di erede, gli stessi hanno tuttavia l’onere di contestare, costituendosi in giudizio, l’effettiva assunzione di tale qualità ed il conseguente difetto di “legittimatio ad causam”, così da escludere la condizione di fatto che ha giustificato la predetta riassunzione; che, nella specie, S.G., S.A. e S.T. e F.C. si erano costituiti in giudizio in primo grado quali chiamati all’eredità ed avevano contestato la domanda nel merito, e solo in comparsa conclusionale avevano formulato generica eccezione di carenza di legittimazione passiva; in appello avevano poi dedotto che la costituzione quali “chiamati all’eredità” lasciava inevitabilmente intendere che disconoscevano quella di eredi; che siffatta contestazione della qualità di eredi era tuttavia assolutamente generica, non essendo indicati quale di essi (tutti pacificamente successori universali di S.S.), o quale altra persona, avesse acquistato (e in che modo) la qualità di erede; che, di conseguenza, doveva ritenersi che gli stessi non avevano soddisfatto l’onere, su di essi incombente in base al principio di prossimità della prova, di dimostrare la propria carenza di legittimazione a contraddire.

Avverso detta sentenza S.G., S.A. e S.T. e F.C. propongono ricorso per Cassazione affidato a tre motivi ed illustrato anche da successiva memoria.

F.P. resiste con controricorso

Il relatore ha proposto la trattazione della controversia ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.; detta proposta, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata, è stata ritualmente notificata alle parti.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo i ricorrenti, denunziando – ex art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., nonchè – ex art. 360 c.p.c., n. 5 – violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 (motivazione apparente), si dolgono che la Corte territoriale abbia apoditticamente sostenuto che l’erede convenuto in riassunzione abbia non solo l’onere di contestare la detta qualità di erede ma anche di provarne l’insussistenza; al riguardo sostengono che, al contrario, spetti a chi deduce l’avvenuta acquisizione della qualità di erede della controparte dimostrare che, in concreto, vi sia stata accettazione dell’eredità. Con il secondo motivo i ricorrenti, denunziando – ex art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione degli artt. 112,324,329 e 342 c.p.c., si dolgono che la Corte territoriale, senza proposizione di motivo di doglianza da parte dell’appellato, abbia ritenuto che essi avessero l’obbligo di contestare la loro qualità di eredi in modo più specifico.

Con il terzo motivo i ricorrenti, denunziando – ex art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione dell’art. 167 c.p.c., nonchè – ex art. 360 c.p.c., n. 5 – violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 (motivazione apparente ed incongrua) ed omessa percezione e valutazione di un fatto decisivo per il giudizio, si dolgono che la Corte territoriale abbia loro imposto di circostanziare la contestazione della qualità di erede; obbligo quest’ultimo non imposto da nessuna norma, e, in particolare, non richiesto dall’art. 167 c.p.c..

Siffatti motivi pongono all’attenzione della Corte questioni che appare opportuno esaminare nel contraddittorio della Pubblica udienza.

P.Q.M.

Rimette il giudizio alla terza sezione civile e rinvia la causa a nuovo ruolo.

Così deciso in Roma, il 9 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 febbraio 2020

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