Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25718 del 14/12/2016


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Cassazione civile, sez. VI, 14/12/2016, (ud. 16/09/2016, dep.14/12/2016),  n. 25718

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Presidente –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – rel. Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22725/2013 proposto da:

COOPERATIVA EDILE LAVORI STERRO E AFFINI SOC. COOP., C.F. (OMISSIS),

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANGELO EMO 106, presso lo

studio dell’avvocato FRANCO CHIAPPARELLI, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato LORENZO CUDINI, giusta procura in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) S.R.L. IN LIQUIDAZIONE, in persona del curatore

fallimentare, elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso

la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

MARIAGRAZIA STOCCO, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza del TRIBUNALE di TREVISO, emessa il 18/07/2016 e

depositata il 09/08/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

16/09/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ANDREA SCALDAFERRI;

udito l’Avvocato Franco Chiapparelli, per la parte ricorrente, che si

riporta alla memoria;

udito l’Avvocato Mariagrazia Stocco, per la parte controricorrente,

che si riporta agli atti e deposita la notifica del controricorso.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

1. E’ stata depositata in Cancelleria, e regolarmente comunicata, la seguente relazione: “Il consigliere relatore, letti gli atti depositati, rilevato che la Cooperativa Edile Lavori Sterro e affini (CELSA) a r.l. ha proposto ricorso per cassazione del decreto, depositato il 9 agosto 2013, con il quale il Tribunale di Treviso, in parziale accoglimento dell’opposizione allo stato passivo del fallimento (OMISSIS) s.r.l. proposta da essa ricorrente, ha ammesso in via privilegiata (ed in via chirografaria limitatamente all’importo dell’I.V.A.) alcuni dei crediti azionati da quest’ultima a titolo di corrispettivi dell’appalto dei lavori di costruzione di immobile;

che l’intimata Curatela del fallimento resiste con controricorso;

considerato che il primo motivo denuncia la violazione delle norme sulla competenza (artt. 38, 806 e 819 ter c.p.c.), nella quale sarebbe incorso il tribunale basando le sue valutazioni in ordine alla presenza di vizi e difetti nelle opere eseguite (onde determinare il credito della opponente per lo svincolo delle trattenute di garanzia detraendo il credito della massa per le somme necessarie a rimediare a tali inesattezze della prestazione dell’appaltatrice) sulle risultanze di una consulenza tecnica d’ufficio che sarebbe affetta da nullità in quanto espletata in un precedente giudizio instaurato dalla società committente poi fallita dinanzi al Tribunale di Gorizia nonostante la clausola compromissoria per arbitrato rituale contenuta nel contratto di appalto, clausola che di fatto sarebbe stata aggirata dal tribunale fallimentare decidendo il merito della pretesa risarcitoria della società fallita impedendo ad essa appaltatrice di esercitare il suo diritto di difesa; che con il secondo motivo si lamenta che, in violazione degli artt. 1655 e 1665 c.c., il Tribunale abbia escluso il credito di essa opponente per lavori extra contratto in difetto di documentazione di un ordine o un’autorizzazione scritta del Direttore dei lavori, nonostante tali lavori risultassero documentati in due stati di avanzamento sottoscritti per approvazione dal Direttore dei lavori;

ritenuto che il primo motivo appare infondato: premesso che, una volta fallita la società committente, era la sede concorsuale quella in cui accertare le reciproche posizioni creditorie in relazione al contratto di appalto, anche ai fini di una eventuale compensazione (cfr. ex multis Cass. n. 3918/11; n. 7967/08), la tesi della radicale inutilizzabilità in tale contesto, da parte del tribunale fallimentare, delle risultanze della c.t.u. non appare condivisibile – nè invero adeguatamente giustificata con il riferimento ad una pretesa nullità del mezzo istruttorio che non pare discendere dalla mera incompetenza del giudice che l’aveva disposto, tenendo anche presente l’orientamento giurisprudenziale più volte espresso in ordine alla legittimità dell’utilizzo di prove raccolte in altro processo, purchè ritualmente acquisite al processo nel contraddittorio delle parti, il che nella specie appare fuori discussione;

che non pare meritevole di accoglimento neppure la censura relativa alla esclusione del credito azionato per corrispettivo di lavori extra contratto, atteso che, se è vero che solo nel caso in cui le variazioni siano dovute all’iniziativa dell’appaltatore l’art. 1659 c.c., richiede che le modifiche siano autorizzate dal committente e che l’autorizzazione risulti da atto scritto ad substantiam, e che invece ove provenga dal committente l’art. 1661 c.c., consente all’appaltatore, secondo i principi generali, di provare con tutti i mezzi consentiti, ivi comprese le presunzioni, di provare tale richiesta (cfr., tra le tante, Cass. n. 208/06; n. 7242/01), nel caso in esame tuttavia il tribunale ha rilevato come neppure la richiesta da parte del committente risulti documentata e tale rilievo non pare oggetto di censura da parte della ricorrente, la quale piuttosto intende far leva su un fatto (le opere eseguite extra contratto risulterebbero incluse in due stati di avanzamento) che non risulta evocato nel giudizio di merito ed appare dunque inammissibilmente dedotto in questa sede onde farne derivare una prova presuntiva che non compete a questa Corte di legittimità ravvisare;

ritiene pertanto che il ricorso può essere trattato in camera di consiglio a norma dell’art. 380 bis, per ivi, qualora il collegio condivida i rilievi che precedono, essere rigettato”.

2. In esito alla odierna adunanza camerale, il Collegio, letti gli atti e sentite le parti, condivide integralmente le considerazioni svolte nella relazione, che peraltro non ritiene superate dalle repliche contenute nella memoria di parte ricorrente, tenendo presente: a) che nella specie non può negarsi al giudice della opposizione allo stato passivo la competenza a giudicare della sussistenza di vizi e inesattezze delle opere eseguite, essendo tale accertamento strettamente dipendente dall’accertamento del credito alla restituzione dei decimi versati dall’appaltatrice a garanzia, fatto valere da quest’ultima con l’istanza di ammissione al passivo (cfr. ex multis: Cass. Sez. 1 n. 9904/07; n. 19929/07; n. 28442/11; n. 3918/11), e del resto il giudice di merito si è limitato a determinare il minor importo da restituire alla istante; b) che legittimamente il giudice di merito ha fatto riferimento, quanto a lavori extra contratto, alla mancanza di ordine o autorizzazione scritta della direzione lavori, non risultando in ogni caso come ed in quale sede del giudizio stesso sia stata posta la questione di una ratifica successiva.

Si impone pertanto il rigetto del ricorso, con la conseguente condanna della ricorrente al rimborso delle spese di giudizio, che si liquidano come in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso in favore della parte resistente delle spese di questo giudizio, in Euro 2.700,00 (di cui Euro 100,00 per esborsi), oltre spese generali forfetarie e accessori di legge.

Dà inoltre atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 14 dicembre 2016

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