Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25716 del 15/11/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 25716 Anno 2013
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: CHINDEMI DOMENICO

SENTENZA

sul ricorso 17851-2009 proposto da:
LACCHE’ FRANCESCO nq di amministratore e socio della
AZZURRA SOC.TA’, VOLTATTORNI LORENA nq di
amministratrice e socia della AZZURRA SOC.TA’,
elettivamente domiciliati in ROMA PIAZZA DELL’UNITA’
13, presso lo studio dell’avvocato RICCI ROBERTO,
2013
2953

rappresentati e difesi dall’avvocato GIUSTI LAMBERTO
giusta delega in calce;
– ricorrenti contro

AGENZIA

DELLE

ENTRATE

DIREZIONE

CENTRALE

AMMINISTRAZIONE, AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO SAN

Data pubblicazione: 15/11/2013

BENEDETTO DEL TRONTO, MINISTERO ECONOMIA E FINANZE;

intimati –

avverso la sentenza n. 82/2008 della COMM.TRIB.REG.
di ANCONA, depositata il 24/06/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

CHINDEMI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FEDERICO SORRENTINO che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

udienza del 24/10/2013 dal Consigliere Dott. DOMENICO

R.G. 17851/2009
Fatto
La Commissione tributaria regionale delle Marche, con sentenza n. 82/02/2008, depositata il
24.6.2008,accoglieva l’appello dell’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Commissione
tributaria provinciale di Ascoli Piceno n. 86/06/2005, ritenendo la legittimità dell’avviso di
irrogazioni sanzioni, relativo all’anno 2003, nei confronti di Lacchè Francesco + 1, quale socio
della società Azzurra snc, ai sensi dell’art. 3 1. 73/2002, essendo stata accertata, da parte degli
lavoratori irregolarmente occupati e non registrati nel libro matricola
Proponeva ricorso per cassazione la società deducendo i seguenti motivi:
a) violazione dell’art. 360, n.1, c.p.c. rilevando, a seguito della sentenza della Corte
Costituzionale 14/5/2008, n. 130, il difetto di giurisdizione del giudice tributario sulle
controversie relative alle sanzioni irrogate dagli uffici finanziari per l’impiego di lavoratori
non risultanti dalle scritture obbligatorie;
b) violazione ed erronea applicazione di legge, in relazione all’art. 360, n. tre, c.p.c., in quanto,
anche in assenza di eccezione circa la giurisdizione del giudice adito, a seguito della
sentenza della Corte Costituzionale 14/5/2008, n. 130, non sorge alcun onere della parte di
dedurre il difetto di giurisdizione, potendo essere eccepito in qualunque stato e grado del
giudizio, compreso il giudizio di cassazione;
c) insufficiente e contraddittoria motivazione, in relazione all’art. 360, n. cinque c.p.c. con
riferimento alle risultanze del verbale INPS;
d) violazione e falsa applicazione dell’art. quattro 1. 628/1961, artt. 7 e 10, comma 5, D.lgs
124/2004, art. 115 c.p.c. e 2700 CC, in relazione all’art. 360, n. tre, c.p.c., rilevando come i
verbali del servizio effettivo della Direzione Provinciale del Lavoro costituiscono fonti di
prova, facendo piena fede fino a querela di falso in ordine ai fatti e alle circostanze ivi
rappresentate;
e) omessa pronuncia, ai sensi dell’art. 360, n. quattro, c.p.c. relativamente alla dedotta
illegittimità dell’ art. 3, comma 3, D.L. 222.2002,n. 12, conv. in 1. 23.4.2002,n. 73, e difetto
di motivazione relativamente alla mancata esplicitazione dei criteri per il calcolo del costo
del lavoro e sulla inapplicabilità della normativa citata al caso concreto;
O violazione e falsa applicazione dell’art. 3 1. 241/90, art. 12 1. 212/2000 per l’omessa
motivazione delle ragioni che hanno determinato le sanzioni in concreto irrogata da parte
dell’Agenzia delle entrate;

1

xv

ispettori di vigilanza dell’Inps, a seguito di ispezione compiuta il 10.7.2003, la presenza di 4

g) violazione dell’art. 3, comma 3, D.L. 222.2002,n. 12, conv. in 1. 23.4.2002,n. 73, in
relazione all’art. 360, n. tre, c.p.c.,ritenendo la citata normativa applicabile solo con
riferimento ai lavoratori irregolarmente già occupati alla data del 25.10.2001;
L’Agenzia delle entrate non ha svolto attività difensiva
Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 24.10.2013, in cui il PG ha concluso come in
epigrafe.
Motivi della decisione
infondati.
Se è vero infatti che a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 130 del 2008, con cui è
stata dichiarata la illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2 (come sostituito dalla
L. n. 448 del 2001, art. 12, comma 2) nella parte in cui attribuisce alla giurisdizione tributaria le
controversie relative a tutte le sanzioni irrogate dagli Uffici finanziari, anche quando conseguano a
violazione di disposizioni non aventi natura fiscale(quali quelle in esame), la presente controversia
appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario (Cass. S.U. 15846/2008), la pronuncia del giudice
delle legge non può incidere su una situazione già esaurita, quale – nella specie – il giudicato
implicito sulla giurisdizione formatosi a seguito della decisione di merito pronunciata in primo
grado e non impugnata in sede d’appello in punto di difetto di giurisdizione, sebbene tale difetto
fosse stato già rilevato dalla Corte Costituzionale con le ordinanze n. 34 e 35 del 2006 e 395/2007,
che avevano sottolineato l’imprescindibile collegamento tra la giurisdizione del giudice tributario e
la natura tributaria del rapporto.
L’interpretazione dell’art. 37 cod. proc. civ., secondo cui il difetto di giurisdizione “è rilevato, anche
d’ufficio, in qualunque stato e grado del processo”, deve tenere conto dei principi di economia
processuale e di ragionevole durata del processo (“asse portante della nuova lettura della norma”),
della progressiva forte assimilazione delle questioni di giurisdizione a quelle di competenza e
dell’affievolirsi dell’idea di giurisdizione intesa come espressione della sovranità statale, essendo
essa un servizio reso alla collettività con effettività e tempestività, per la realizzazione del diritto
della parte ad avere una valida decisione nel merito in tempi ragionevoli. (Cass. Sez. U, Sentenza n.
24883 del 09/10/2008; cfr anche Cass. Sez. U, Ordinanza n. 2067 del 28/01/2011; Cass. Sez. U,
Sentenza n. 26019 del 30/10/2008; Cass. Sez. U, Sentenza n. 26019 del 30/10/2008;
Il principio costituzionale della durata ragionevole del processo consente,quindi, come nella
fattispecie, di escludere la rilevabilità davanti alla Corte di cassazione, del difetto di giurisdizione
qualora sul punto si sia formato un giudicato implicito, per effetto della implicita pronuncia sul
merito in primo grado e della mancata impugnazione, al riguardo, dinanzi al giudice di appello.
2

1 . I primi due motivi di ricorso, esaminati congiuntamente in quanto logicamente connessi sono

È, quindi, inammissibile l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata per la prima volta in sede di
legittimità in mancanza di prova di avere appellato la sentenza del giudice tributario anche con
riferimento alla giurisdizione, così ponendo in essere un comportamento incompatibile con la
volontà di eccepire il difetto di giurisdizione e prestando acquiescenza al capo implicito sulla
giurisdizione della sentenza di primo grado, ai sensi dell’art. 329, comma 2 cod. proc. civ.
2. Anche il terzo e quarto motivo vanno rigettati.
L’ art. 3, comma 3, D.L. 22 febbraio 2002, n. 12, (nel testo originario, introdotto dalla Legge di
incostituzionale, per “lesione del diritto di difesa garantito dall’art. 24 Cost.”, dalla competente
Corte (sentenza 12 aprile 2005 n. 144) “nella parte in cui non consente al datore di lavoro di provare
che il rapporto di lavoro irregolare ha avuto inizio successivamente al primo gennaio dell’anno in
cui è stata constatata la violazione”.
Tale norma è stato introdotta per inasprire ulteriormente il trattamento sanzionatorio per coloro che
continuino ad impiegare lavoratori irregolarmente, nonostante le agevolazioni di varia natura volte
ad incentivare l’emersione del lavoro sommerso. Il predetto meccanismo presuntivo esclude
qualsiasi obbligo dell’ente, che irroga la sanzione, di provare l’effettiva prestazione di attività
lavorativa subordinata per il periodo intermedio compreso tra il giorno di accertamento
dell’infrazione ed il primo gennaio dello stesso anno e prescrive al medesimo ente di commisurare
la sanzione a quella durata, fino a prova contraria, facente carico all’autore della violazione. (Cass.
Sez. U, del 13/01/2010 n. 356)
Non opera più, a seguito della citata sentenza della Corte Costituzionale n. 144/2005, il diverso
meccanismo di determinazione della sanzione fondato su una presunzione assoluta, divenuta
relativa, comminandosi la sanzione in base al tempo intercorso tra l’inizio dell’anno e la
constatazione della violazione, fatta salva la prova contraria da parte del datore di lavoro.
I motivi di ricorso sottopongono, inammissibilmente, all’esame di questo giudice di legittimità
mere questioni fattuali, in ordine alle quali nella sentenza impugnata non si riscontra nessuna
violazione di legge o carenza motivazionale.
Il verbale di accertamento dell’ispettorato del lavoro e dei funzionari ispettivi degli enti
previdenziali, in materia di omesso versamento di contributi, fanno fede, fino a querela di falso,
sulla loro provenienza dal pubblico ufficiale che li ha formati, nonche sui fatti che il medesimo
attesti avvenuti in sua presenza o da lui compiuti e possono,altresi, fornire utili elementi di giudizio,
liberamente apprezzabili, in ordine agli altri fatti che i verbalizzanti abbiano dichiarato di aver
desunto o attinto dall’inchiesta da essi svolta, ivi comprese le dichiarazioni di terzi tra cui vanno
ricomprese anche le dichiarazioni dei lavoratori oggetto di indagine ispettiva, restando, comunque,
3

Conversione 23 aprile 2002 n. 73, applicabile alla specie ratione temporis), è stata dichiarato

liberamente valutabile dal giudice in concorso con gli altri elementi probatori. (Cass. Sez. L,
Sentenza n. 14965 del 06/09/2012), oppure anche da solo in mancanza di riscontri di segno
contrario.
Nel caso di specie la CTR ha ritenuto, con valutazione di merito, incensurabile in sede di
legittimità, la insufficienza probatoria del verbale per essere basato su dichiarazioni delle parti,
ritenute inattendibili al fine di individuare l’inizio del lavori dei quattro lavoratori in nero, non
violando alcuna delle disposizioni indicate ma giudicato secondo diritto, attenendosi al principio di
3. Il quinto e sesto motivo difettano di autosufficienza in quanto non viene riprodotta testualmente
la motivazione dell’ avviso di irrogazione sanzioni, documento ai quali questa Corte non può
accedere direttamente e la cui conoscenza è necessaria per valutare la fondatezza delle censure
proposte in questa sede.
4.Anche l’ultimo motivo va disatteso, trovando applicazione generalizzata la citata normativa, in
forza della chiara lettera della legge e non con riferimento ai soli lavoratori irregolarmente già
occupati alla data del 25.10.2001, così come infondatamente dedotto dal ricorrente
In conclusione il ricorso va rigettato senza pronuncia sulle spese in mancanza di attività difensiva
dell’ intimata
PQM
Rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 24.10.2013

legalità di cui all’art. tre D.Igs 472/1997.

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