Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25715 del 22/09/2021

Cassazione civile sez. II, 22/09/2021, (ud. 03/11/2020, dep. 22/09/2021), n.25715

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22174/2019 proposto da:

I.N., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE MANZONI, 81,

presso lo studio dell’avvocato ANTONELLA CONSOLO, che lo rappresenta

e difende, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2081/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 21/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

03/11/2020 dal Consigliere Dott. CHIARA BESSO MARCHEIS.

 

Fatto

PREMESSO

Che:

1. I.N., cittadino del Pakistan (Sialkot, regione del Punjab), adiva il Tribunale di Venezia in seguito al rigetto, da parte della Commissione territoriale di Verona, sezione di Padova, della sua domanda di protezione internazionale e, in subordine, di rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari. A sostegno della domanda, aveva dichiarato di avere lasciato il proprio paese a causa di un conflitto di natura ereditaria per un terreno, lasciato dal nonno in parte direttamente a lui e in parte allo zio, che lo zio aveva iniziato a minacciarlo contestando il testamento, passando poi a violenze, arrivando a cercare di ucciderlo, episodi che aveva denunciato alla polizia senza che la denunce avessero avuto seguito.

2. Rigettata la domanda dal Tribunale, I.N. proponeva appello. La Corte d’appello di Venezia, con sentenza 21 maggio 2019, n. 2081, ha rigettato il ricorso e confermato l’ordinanza del Tribunale di Venezia.

Avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia propone ricorso per cassazione I.N..

Il Ministero dell’interno resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

I. Il ricorso è articolato in due motivi.

1) Il primo motivo denuncia “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 5”, per avere la Corte d’appello omesso di valutare circostanze decisive per la decisione, ossia che “la forza probante della denuncia penale esibita dal ricorrente regge l’intero sistema della credibilità delle sue affermazioni”.

Il motivo non può essere accolto. La Corte d’appello, come riporta lo stesso ricorrente a p. 4 del ricorso, ha considerato l’allegazione di denunce da parte del ricorrente, ma ha ritenuto inverosimili i fatti narrati e ha comunque affermato che si tratta di una vicenda di natura privata relativa alla proprietà di un terreno, così che la circostanza è stata esaminata e non ha carattere decisivo. In relazione, poi, alle liti tra privati per ragioni proprietarie questa Corte ha più volte affermato che non possono essere addotte come causa di persecuzione o danno grave, nell’accezione offerta dal D.Lgs. n. 251 del 2007, trattandosi di vicende estranee al sistema della protezione internazionale che non rientrano né nelle forme dello status di rifugiato (art. 2, lett. e), né nei casi di protezione sussidiaria, (art. 2, lett. g) (cfr., ex multis, Cass. 23281/2020).

2) Il secondo motivo contesta alla Corte d’appello “violazione e falsa applicazione” del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5,D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e art. 32, comma 3, in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 5, per non avere “valorizzato l’audizione giudiziale al fine di acquisire una più incisiva conoscenza delle condizioni personali del richiedente, anche in relazione al transito in Libia”.

Il motivo non può essere accolto. A prescindere dalla scarsa chiarezza del medesimo (non si comprende se il ricorrente lamenti che la Corte d’appello non abbia disposto la sua audizione ovvero che nel sentire il medesimo non abbia posto domande circa il soggiorno in Libia, anche perché l’unica audizione cui si fa riferimento nel ricorso è quella disposta dalla commissione territoriale, v. p. 2 dell’atto), parte ricorrente non ha né esposto specifiche ragioni di protezione internazionale con riferimento al Paese di transito, né tanto meno ha allegato di dover rimpatriare, in ipotesi di diniego della protezione, in Libia o necessariamente tramite il territorio libico (v. al riguardo Cass. 23281/2020, già citata, nonché Cass. 31676/2018 e Cass. 2861/2018).

II. Il ricorso va quindi rigettato.

Nessuna statuizione deve essere adottata sulle spese, in quanto il controricorso del Ministero, per la sua aspecificità, non è neppure chiaramente riferibile alla vicenda in esame, e dunque non presenta i requisiti minimi di cui all’art. 370 c.p.c..

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Sussistono, del D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale della Sezione Seconda Civile, il 3 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2021

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