Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25714 del 15/11/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 25714 Anno 2013
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: CHINDEMI DOMENICO

SENTENZA

sul ricorso 16418-2009 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro

RIPARAZIONI TRATTORI TR DI FIORATTI BRUNO & C. SNC;
– intimato –

avverso la sentenza n. 14/2008 della COMM.TRIB.REG.
di TORINO, depositata il 22/05/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

Data pubblicazione: 15/11/2013

udienza del 24/10/2013 dal Consigliere Dott. DOMENICO
CHINDEMI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FEDERICO SORRENTINO che ha concluso

per l’accoglimento per quanto di ragione del ricorso.

R.G. 16418/2009
Fatto
La Commissione tributaria regionale del Piemonte, con sentenza n. 14/10/08, depositata il
22.5.2008, in parziale riforma della sentenza della Commissione tributaria provinciale di Torino n.
78/09/2007, determinava la sanzione in riferimento all’ avviso di irrogazioni sanzioni, relativo
all’anno 2003, nei confronti della società Riparazione Trattori T.R. di Fioratti Bruno C. s.n.c.., ai
sensi dell’art. 3 1. 73/2002, a seguito di accesso Inps in data 16/10/2003 per l’impiego di due
ciascun dipendente, commisurata a 300 volte il costo del lavoro accertato.
Proponeva ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate deducendo i seguenti motivi:
a) violazione e falsa applicazione dell’art. 2 D.L. gs 546/92, in relazione all’art. 360, n. 1, c.p.c.
rilevando, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale 14/5/2008, n. 130, il difetto di
giurisdizione del giudice tributario sulle controversie relative alle sanzioni irrogate dagli uffici
finanziari per l’impiego di lavoratori non risultanti dalle scritture obbligatorie;
b) violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma 3, nel testo vigente ratione temporis, D.L.
22/2/2002, n.12, convertito con modificazioni in 1. 23/4/2002, n. 73, in combinato disposto con
l’art. 2697 cc, in relazione all’art. 360, n. tre, c.p.c.,rilevando come, a seguito della sentenza della
Corte Costituzionale n. 14472005, era onere del datore di lavoro produrre documentazione idonea a
provare che i lavoratori sorpresi a lavorare presso di lui non erano suoi dipendenti, ritenendo
irrilevante, ai fini probatori, la dichiarazione resa dal lavoratore agli ispettori dell’Inps;
c) violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma 3, nel testo vigente ratione temporis, D.L.
22/2/2002, n.12, convertito con modificazioni in 1. 23/4/2002, n. 73, in combinato disposto con gli
art. . 2697, 2700, 2727, 2728 c.c. in relazione all’art. 360, n. tre, c.p.c.,rilevando come le sole
dichiarazioni verbali, rese in via extraprocessuale, dei lavoratori in nero non potessero assumere il
valore di prova piena, idonea a vincere la presunzione relativa di legge;
d) omessa motivazione circa un punto decisivo e controverso della decisione, in relazione all’art.
360, n. cinque, c.p.c., avendo la CTR erroneamente ritenuto assolto l’onere della prova, che invece
avrebbe dovuto gravare sul datore di lavoro, qualificando come “fatti specifici” elementi che, in
realtà, erano delle dichiarazioni avente il valore probatorio dei semplici elementi giudiziari
La società non ha svolto attività difensiva
Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 24.10.2013, in cui il PG ha concluso come in
epigrafe.
Motivi della decisione

1

lavoratori subordinati non iscritti nei libri obbligatori, per due giornate di lavoro irregolari per

Il primo motivo è infondato.
Se è vero infatti che a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 130 del 2008, con cui è
stata dichiarata la illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2 (come sostituito dalla
L. n. 448 del 2001, art. 12, comma 2) nella parte in cui attribuisce alla giurisdizione tributaria le
controversie relative a tutte le sanzioni irrogate dagli Uffici finanziari, anche quando conseguano a
violazione di disposizioni non aventi natura fiscale(quali quelle in esame), la presente controversia
appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario (Cass. S.U. 15846/2008), la pronuncia del giudice
implicito sulla giurisdizione formatosi a seguito della decisione di merito pronunciata in primo
grado e non impugnata in sede d’appello in punto di difetto di giurisdizione, sebbene tale difetto
fosse stato già rilevato dalla Corte Costituzionale con le ordinanze n. 34 e 35 del 2006 e 395/2007,
che avevano sottolineato l’imprescindibile collegamento tra la giurisdizione del giudice tributario e
la natura tributaria del rapporto.
L’interpretazione dell’art. 37 cod. proc. civ., secondo cui il difetto di giurisdizione “è rilevato, anche
d’ufficio, in qualunque stato e grado del processo”, deve tenere conto dei principi di economia
processuale e di ragionevole durata del processo (“asse portante della nuova lettura della norma”),
della progressiva forte assimilazione delle questioni di giurisdizione a quelle di competenza e
dell’affievolirsi dell’idea di giurisdizione intesa come espressione della sovranità statale, essendo
essa un servizio reso alla collettività con effettività e tempestività, per la realizzazione del diritto
della parte ad avere una valida decisione nel merito in tempi ragionevoli. (Cass. Sez. U, Sentenza n.
24883 del 09/10/2008; cfr anche Cass. Sez. U, Ordinanza n. 2067 del 28/01/2011; Cass. Sez. U,
Sentenza n. 26019 del 30/10/2008; Cass. Sez. U, Sentenza n. 26019 del 30/10/2008;
Il principio costituzionale della durata ragionevole del processo consente,quindi, come nella
fattispecie, di escludere la rilevabilità davanti alla Corte di cassazione, del difetto di giurisdizione
qualora sul punto si sia formato un giudicato implicito, per effetto della implicita pronuncia sul
merito in primo grado e della mancata impugnazione, al riguardo, dinanzi al giudice di appello.
È, quindi, inammissibile l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata per la prima volta in sede di
legittimità in mancanza di prova di avere appellato la sentenza del giudice tributario anche con
riferimento alla giurisdizione, così ponendo in essere un comportamento incompatibile con la
volontà di eccepire il difetto di giurisdizione e prestando acquiescenza al capo implicito sulla
giurisdizione della sentenza di primo grado, ai sensi dell’art. 329, comma 2 cod. proc. civ.
2. Gli altri motivi di ricorso, esaminati congiuntamente in quanto logicamente connessi sono,
invece, fondati.

2

delle legge non può incidere su una situazione già esaurita, quale – nella specie – il giudicato

La sentenza della Corte Cost. 12.4.2005 n. 144 ha dichiarato costituzionalmente illegittimo, in
relazione agli artt. 3 e 24 della Costituzione, l’art. 3, comma 3, del decreto-legge 22 febbraio 1992,
n. 12, convertito in legge dall’art. 1 della legge 23 aprile 2002, n. 72, nella parte in cui non ammette
la possibilità di provare che il rapporto di lavoro irregolare ha avuto inizio successivamente al
primo gennaio dell’anno in cui è stata constatata la violazione.
L’irrogazione della sanzione prevista dall’art. 3, comma 3, del d.l. 22 febbraio 2002, n. 12, conv. in
legge 23 aprile 2002, n. 73 (nel testo anteriore alle modifiche introdotte dall’alt 36 bis del d.l. 4
dell’Amministrazione, alcun onere di dimostrare l’effettiva durata del rapporto di lavoro irregolare,
essendo sufficiente il mero accertamento dell’esecuzione di prestazione lavorativa da parte di
soggetto che non risulti da scritture o da altra documentazione obbligatoria.
È, invece, specifico onere del datore di lavoro dimostrare l’effettiva durata della prestazione
lavorativa per evitare che l’entità della sanzione pecuniaria sia determinata “ex lege”, “per il periodo
compreso tra l’inizio dell’anno e la data di constatazione della violazione (Sez. 5, Sentenza n. 21778
del 20/10/2011)
Fermo restando il divieto di ammissione della prova testimoniale posto dall’art. 7 del d.lgs. 31
dicembre 1992, n. 546, nel processo tributario, sussiste il potere di introdurre, per entrambe le parti,
dichiarazioni rese da terzi in sede extraprocessuale – con il valore probatorio proprio degli elementi
indiziari, i quali, possono concorrere a formare il convincimento del giudice, per garantire il
principio della parità delle armi processuali nonché l’effettività del diritto di difesa.
I verbali di accertamento dell’ispettorato del lavoro e dei funzionari ispettivi degli enti previdenziali,
in materia di omesso versamento di contributi, fanno fede, fino a querela di falso, sulla loro
provenienza dal pubblico ufficiale che li ha formati, nonchè sui fatti che il medesimo attesti
avvenuti in sua presenza o da lui compiuti e possono,altresì, fornire utili elementi di giudizio,
liberamente apprezzabili, in ordine agli altri fatti che i verbalizzanti abbiano dichiarato di aver
desunto o attinto dall’inchiesta da essi svolta, ivi comprese le dichiarazioni di terzi tra cui vanno
ricomprese anche le dichiarazioni dei lavoratori oggetto di indagine ispettiva. (Cass. Sez. L,
Sentenza n. 14158 del 02/10/2002)
Peraltro il verbale ispettivo da contezza unicamente della situazione riscontrata dagli ispettori al
momento dell’accesso e non è finalizzato a individuare la durata dell’illecito ai fini della sanzione
in questione, stante la presunzione (relativa) di retrodatazione dell’assunzione (superabile dal
datore di lavoro), essendovi una evidente differenza tra i comparti normativi che regolano il
recupero dei contributi previdenziali, la repressione degli illeciti connessi all’assunzione e le
sanzioni di contrasto alla c.d economia sommersa.
3

luglio 2006, n. 223, conv. in legge 24 agosto 2006, n. 248) non richiede, da parte

Tuttavia non è sufficiente a provare la data di inizio del rapporto di lavoro la sola dichiarazione del
dipendente, in mancanza di ulteriori elementi di prova che facciano ritenere plausibile tale
affermazione, apparendo la motivazione sopra riportata del tutto insufficiente a dimostrare la data
di effettivo inizio del rapporto di lavoro (cfr Cass. Sez. 5, Sentenza n. 1960 del 10/02/2012)
Appare, dunque, erronea la motivazione della sentenza che ha ritenuto che le dichiarazioni dei
lavoratori “non hanno bisogno di ulteriore prova”, non essendo mai state poste in discussione dalle
parti.
del rapporto di lavoro.
Va, conseguentemente, rigettato il primo moto di ricorso, accolti gli altri, cassata senza rinvio
l’impugnata sentenza e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di merito, ex art. 384 c.p.c.,
rigettato l’originario ricorso introduttivo.
L’evolversi della giurisprudenza in epoca successiva alla presentazione del ricorso costituisce
giusto motivo per la compensazione delle spese dell’ intero giudizio
PQM
Rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie gli altri, cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel
merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente
Dichiara compensate le spese dell’intero giudizio
Così deciso in Roma, il 24.10.2013

Non risulta, quindi, fornita dal datore di lavoro la prova contraria relativa all’effettiva data di inizio

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