Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25714 del 13/11/2020

Cassazione civile sez. VI, 13/11/2020, (ud. 29/10/2020, dep. 13/11/2020), n.25714

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13447-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

T.F.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1941/9/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della TOSCANA, depositata il 26/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 29/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott.ssa

CAPRIOLI MAURA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso avverso la sentenza n. 1941/2018, depositata il 26.10.2018 dalla Commissione Tributaria Regionale della Lazio, che, confermando la pronuncia di primo grado favorevole al contribuente, accoglieva il ricorso della Franca T., quale socia della RO.BE avverso la cartella di pagamento, emessa a seguito di controllo formale D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 ter, con la quale erano recuperate le detrazioni, relative all’anno d’imposta 2009, per le agevolazioni fiscali riconosciute dalla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 344, con interessi e sanzioni.

Secondo quanto sostenuto dall’Ufficio, le detrazioni recuperate riguardavano interventi di riqualificazione energetica, con sostituzione di infissi vecchi, presso immobili della società concessi in locazione a terzi, e pertanto qualificabili come “beni merce”. L’Ufficio, anche sulla base di circolari e risoluzioni interpretative della normativa (in particolare le risoluzioni n. 340/E e 303 del 2008), sosteneva la non spettanza della agevolazione per le opere di riqualificazione eseguite su beni merce, a differenza di quanto riconoscibile per gli interventi eseguiti su beni strumentali dell’impresa.

Di contro la società sosteneva che la detrazione del 55% delle spese sostenute per la sostituzione degli infissi con nuovi prodotti a vetrocamera rispettanti specifici standards fosse applicabile alla totalità degli immobili, senza distinzione tra beni merce e beni strumentali dell’impresa.

Seguiva il contenzioso, esitato dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Arezzo con la sentenza n. 267/2016, con cui erano accolte le ragioni della contribuente.

L’Agenzia proponeva appello, che era rigettato dalla Commissione Tributaria Regionale della Toscana con la sentenza ora al vaglio della Corte.

Con unico motivo l’Ufficio censura la decisione, dolendosi della violazione e falsa applicazione della L. n. 296 del 2006, art. 1, commi da 344 a 347, nonchè del D.M. 19 febbraio 2007, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver erroneamente ritenuto che le detrazioni per opere di riqualificazione energetica spettino ai soggetti esercenti attività d’impresa anche relativamente ai beni merce e non ai soli beni strumentali.

Ha chiesto dunque la cassazione della stessa, con ogni consequenziale statuizione. L’intimata non si è costituita.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il motivo va rigettato.

L’Agenzia, premettendo che gli immobili per i quali la società chiese l’agevolazione non erano “beni strumentali”, ma cd. “beni merce” perchè oggetto dell’attività immobiliare svolta dalla società contribuente, assume che la normativa fiscale agevolata in materia di riqualificazione energetica era stata introdotta ad esclusivo vantaggio di coloro che si erano assunti il peso economico del miglioramento energetico degli immobili. In conseguenza la fruizione della detrazione da parte dei titolari di redditi d’impresa poteva spettare solo per i fabbricati strumentali all’esercizio dell’attività imprenditoriale. Tali non potevano considerarsi i beni che le società immobiliari concedono in locazione a terzi, dovendosi ragionevolmente ritenere che i costi di riqualificazione energetica degli edifici locati siano posti sostanzialmente a carico dei conduttori.

La ricorrente ritiene pertanto erronee le conclusioni cui perviene la sentenza impugnata, per aver riconosciuto il diritto della contribuente a fruire della detta agevolazione del 55% per interventi di riqualificazione energetica degli immobili oggetto dell’attività d’impresa, consistente nella gestione e locazione dei medesimi cespiti.

Questo Collegio ha già assunto decisioni conformi alla presente, riguardanti la medesima materia del contendere (sent. n. 19815/2019; 19816/2019; 20163/2019). Ad esse vanno pertanto ricondotte le ragioni del rigetto del ricorso.

La L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 344 e s.s. (Finanziaria 2007) ha previsto che, per le spese documentate, sostenute entro il 31 dicembre 2007, relative ad interventi di riqualificazione energetica di edifici esistenti, spetta una detrazione dall’imposta lorda per una quota pari al 55% degli importi a carico del contribuente.

Il decreto economia finanze D.M. 19 febbraio 2007, attuativo di tale art., con riferimento ai “soggetti ammessi alla detrazione”, prevede che il bonus del 55% per interventi di risparmio energetico spetti alle persone fisiche, non titolari di reddito d’impresa – art. 2, comma 1, lett. a) -, nonchè ai soggetti titolari di reddito d’impresa che sostengano spese per l’esecuzione degli interventi di risparmio energetico sugli edifici esistenti, su parti di edifici esistenti o su unità immobiliari esistenti di qualsiasi categoria catastale, anche rurali, posseduti o detenuti – art. 2, comma 1, lett. b.

L’art. 2, comma 2, dispone che, nel caso in cui gli interventi di cui al comma 1 siano eseguiti mediante contratti di locazione finanziaria, la detrazione compete all’utilizzatore ed è determinata in base al costo sostenuto dalla società concedente.

Composto il quadro normativo di riferimento, deve affermarsi che la detrazione d’imposta, ossia il bonus fiscale del 55%, è finalizzata alla riqualificazione energetica degli edifici esistenti e si rivolge ad un’ampia platea di beneficiari (“soggetti ammessi alla detrazione”), siano essi persone fisiche non titolari di reddito d’impresa, o soggetti titolari di reddito di impresa, incluse le società, con la precisazione che, se gli immobili sui quali è effettuato l’intervento sono concessi a terzi a titolo di leasing, la detrazione è comunque dovuta, ma compete all’utilizzatore anzichè alla società concedente.

L’Agenzia sostiene che, per i redditi d’impresa (inclusi quelli prodotti dalle società), il bonus del 55% spetti solo per gli interventi sui fabbricati strumentali all’attività sociale, mentre dovrebbero rimanere esclusi dall’agevolazione gli “immobili-merce” (o “beni-merce”), categoria nella quale inserisce anche quelli locati a terzi dalle società di gestione immobiliare.

Per le imprese dunque, condizione per potere fruire della detrazione è che all’intervento di risparmio energetico consegua un’effettiva riduzione dei consumi energetici nell’esercizio dell’attività imprenditoriale, mentre l’agevolazione non può riguardare gli interventi realizzati su beni oggetto dell’attività esercitata, come nel caso degli immobili locati a terzi.

La delimitazione del perimetro applicativo della detrazione collide intanto con il carattere di “detrazione dall’imposta” proprio del beneficio fiscale; è inoltre incompatibile con l’interpretazione letterale delle norme che introducono l’agevolazione fiscale, senza prevedere alcuna limitazione soggettiva.

Nell’ipotesi in cui l’interpretazione letterale di una norma di legge o di una norma secondaria sia sufficiente ad individuarne, in modo chiaro e univoco, il relativo significato e la connessa portata precettiva, l’interprete non deve ricorrere al criterio ermeneutico sussidiario costituito dalla ricerca, mercè l’esame complessivo del testo, della “mens legis”, specie se, attraverso siffatto procedimento possa pervenirsi al risultato di modificare la volontà della norma sì come inequivocabilmente espressa dal legislatore. Soltanto qualora la lettera della norma medesima risulti ambigua (e si appalesi altresì infruttuoso il ricorso al predetto criterio ermeneutico sussidiario), l’elemento letterale e l’intento del legislatore, insufficienti in quanto utilizzati singolarmente, acquistano un ruolo paritetico in seno al procedimento ermeneutico, sicchè il secondo funge da criterio comprimario e funzionale ad ovviare all’equivocità del testo da interpretare (cfr. Cass. n. 24165/2018; n. 5128/2001).

D’altronde l’art. 12 preleggi enuncia tutti i criteri ermeneutici della legge, primo tra essi quello dell’interpretazione letterale, in ossequio al principio “in claris non fit interpretatio”, in base al quale nell’applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse e dall’intenzione del legislatore. Sono invece strumenti esegetici sussidiari sia quello dell’interpretazione estensiva, che consente l’utilizzazione di norme regolanti casi simili (e non già identici), sia quello dell’interpretazione analogica (analogia legis), che permette l’utilizzazione di norme che disciplinano materie analoghe, ossia istituti diversi aventi solo qualche punto in comune con il caso da decidere (in senso conforme: Cass. 24/07/1990, n. 7494).

Ebbene, la ratio legis del bonus fiscale relativo al caso di specie, che traspare con chiarezza dal testo normativo, consiste nell’intento d’incentivare gli interventi di miglioramento energetico dell’intero patrimonio immobiliare nazionale, in funzione della tutela dell’interesse pubblico ad un generalizzato risparmio energetico, ed è coerente e si salda con il tenore letterale delle norme di riferimento, le quali non pongono alcuna limitazione, nè di tipo oggettivo (con riferimento alle categorie catastali degli immobili), nè di tipo soggettivo (riconoscendo il bonus alle “persone fisiche”, “non titolari di reddito d’impresa” ed ai titolari di “reddito d’impresa”, incluse ovviamente le società), alla generalizzata operatività della detrazione d’imposta.

A conferma della validità dell’interpretazione testuale del dato normativo, rafforzata dall’univoca intenzione del legislatore, si rileva che, senza che ciò comporti alcuna riduzione della platea dei destinatari del beneficio, una norma speciale (come suaccennato) stabilisce che, trattandosi di locazione finanziaria, la detrazione (spettante anche in tale ipotesi negoziale, come nella generalità dei casi) non compete alla società concedente, ma all’utilizzatore.

Precisato che non esiste un’analoga norma speciale per le imprese (incluse le società) la cui attività consista nella locazione immobiliare – anzichè nella locazione finanziaria dei medesimi beni -, è evidente che, in tale ultima ipotesi, negata l’introduzione, da parte dell’interprete, di distinzioni soggettive svincolate da una solida base testuale, il diritto alla detrazione dall’imposta -senz’altro sussistente-spetta al proprietario/locatore (che, nella locazione tout court, a differenza di quanto di solito accade in materia di leasing, è proprio il soggetto che compie l’intervento migliorativo, sopportandone il costo) e non al conduttore, semprechè, ovviamente, si tratti di “importi rimasti a carico” del locatore e che, quindi, per previsione negoziale, non debbano essere sostenuti dal conduttore medesimo. L’inserimento nelle norme fiscali in materia di riqualificazione energetica degli immobili, in virtù di un’indefinita “interpretazione sistematica”, di eccezioni e limitazioni alla fruizione generalizzata, sul piano oggettivo e sul piano soggettivo, del bonus del 55%, configurerebbe un artificiale fattore ostativo, astrattamente idoneo a depotenziare la volontà del legislatore.

D’altronde ad un’identica soluzione si perviene anche ragionando, come mostra di fare l’Amministrazione finanziaria, secondo un’ottica di quantificazione del reddito imponibile delle imprese, peraltro estranea alla ratio legis del bonus fiscale.

Com’è stato evidenziato dalla dottrina, la distinzione, formulata nelle circolari interpretative, tra “immobili strumentali” (destinati, ex art. 43 T.U.I.R., comma 2, alla produzione propria o di terzi), “immobili-merce” (destinati al mercato di compravendita) e “immobili-patrimonio” (destinati al mercato locativo, ai sensi degli artt. 37,90, TUIR), non rileva ex se, ma incide solo sul piano contabile e fiscale.

L’art. 1, comma 344 citato (Finanziaria 2007), non mostra alcuna differenza oggettiva e riconosce la detrazione d’imposta per gli interventi di risparmio energetico (consequenziali alla Dir. comunitaria in materia, che, a sua volta, non contiene distinzioni) “per una quota pari al 55% degli importi rimasti a carico del contribuente”.

La L. n. 244 del 2007, art. 1, comma 20 recepisce le modalità applicative del D.M. 19 febbraio 2007, che, all’art. 2, comma 1, lett. b), si riferisce senza distinzioni ai soggetti titolari di redditi d’impresa.

Il richiamo testuale agli “importi rimasti a carico” potrebbe essere letto secondo una chiave interpretativa diversa da quella sopra indicata, vale a dire come un indice rivelatore (nel comma 344) del fatto che la detrazione d’imposta spetta nella misura in cui il costo “a monte” non sia altrimenti deducibile.

L’art. 90 T.U.I.R., comma 2, afferma che le spese relative agli “immobili-patrimonio” non sono ammesse in deduzione; ciò che accade perchè, riguardo specificamente ai fabbricati concessi in locazione (non costituenti “beni strumentali” o “beni-merce”), il reddito è di regola determinato ponendo a confronto il canone di locazione, ridotto fino a un massimo del 15% dello stesso, e le spese di manutenzione ordinaria (D.P.R. n. 380 del 2001, art. 3, comma 1, lett. a), documentate ed effettivamente rimaste a carico (vale a dire non recuperate dagli inquilini).

L’art. 90 T.U.I.R., comma 2, dunque, speciale e derogatorio rispetto al principio generale dell’inerenza dei componenti negativi del reddito, sancisce un divieto assoluto di deducibilità per tutti i componenti negativi relativi agli “immobili-patrimonio”.

Al riguardo questa Corte, anche di recente, ha precisato che: “In tema di redditi d’impresa, i beni immobili non strumentali nè riconducibili ai beni-merce agli effetti del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 57 (ora art. 90) – che prevede l’indeducibilità dei relativi costi ed il concorso alla formazione del reddito secondo la disciplina sui redditi fondiari – vanno individuati in ragione della loro natura e della destinazione all’attività di produzione o di scambio oggetto dell’attività d’impresa. (In applicazione del principio, la S.C. ha annullato la decisione impugnata che aveva escluso la strumentalità di numerosi cespiti appartenenti ad un’impresa commerciale, operante nel settore immobiliare, in quanto locati a terzi, senza approfondire se gli stessi fossero, in tutto o in parte, destinati alla vendita).” (Cass., n. 2153/2019).

Nel caso concreto pertanto, in ragione dell’indeducibilità delle spese di miglioramento energetico, benchè inerenti e migliorative, il bonus fiscale del 55% spetta alla società contribuente, esattamente come spetterebbe ad una persona fisica, non titolare di redditi d’impresa, che nulla può dedurre dalla base imponibile.

Nè al fine della esclusione dal beneficio è utile il richiamo alla giurisprudenza di legittimità, pur invocata dalla ricorrente, riguardante la fattispecie agevolativa di cui all L. n. 449 del 1997, art. 1, in materia di disposizioni tributarie concernenti interventi di recupero del patrimonio edilizio (Cass., n. 12466/2015). Secondo tale arresto giurisprudenziale “In tema di reddito di impresa, la norma di agevolazione introdotta dalla L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 1, si riferisce alla sola ipotesi di determinazione del reddito immobiliare secondo il criterio del reddito fondiario, atteso che, in questa ipotesi, i costi sostenuti (in particolare, per gli interventi di ristrutturazione) non concorrono come componenti negativi ma costituiscono un onere per alleviare il quale il legislatore ha introdotto tale beneficio; viceversa, in caso di redditi derivanti da immobili strumentali, il reddito è il risultato della somma tra le entrate e i costi sostenuti, deducibili dall’imponibile, sicchè l’applicazione della suddetta agevolazione si tradurrebbe in una duplicazione della deduzione e, dunque, in una indebita locupletazione poichè non correlata ad un costo effettivamente rimasto a carico dell’imprenditore.”.

A prescindere dalla constatazione che per un verso questa giurisprudenza esclude un certo beneficio per i “beni strumentali”, laddove invece nella

presente controversia l’Amministrazione sostiene che

la detrazione fiscale spetti solo per la riqualificazione energetica dei “beni strumentali” e che, per altro verso, Cass. 12466/2015 si occupa del tema della “deduzione” di costi -al fine di quantificare la base imponibile delle imprese, consistente in linea di massima nella differenza tra i costi e i ricavi- e non della materia, in generale non sovrapponibile alla prima, della “detrazione” dall’imposta, va qui rimarcato che tale pronuncia non è affatto “in termini” rispetto alla materia del contendere anche da un altro punto di vista.

L’agevolazione di cui alla citata L. n. 449 del 1997, art. 1, secondo il significato letterale della norma, era espressamente volta ad incentivare gli interventi di recupero del patrimonio edilizio, con riferimento “all’imposta sul reddito delle persone fisiche”.

La Corte quindi con l’ordinanza n. 12466/2015, ha risolto la questione dell’applicazione estensiva del beneficio a favore dei soggetti economici diversi dalle persone fisiche (che erano le uniche menzionate dalla norma), ed è giunta alla condivisibile conclusione, rispettosa di un’esigenza di parità di trattamento delle persone fisiche e delle imprese, che la norma agevolativa si riferisse soltanto ai “beni patrimoniali” (e non ai “beni strumentali”), produttivi di reddito fondiario, i cui costi (nella specie, gli interventi di ristrutturazione), non concorrono, come componenti negativi, alla formazione del reddito di impresa, ma costituiscono un onere che il legislatore ha inteso attenuare riconoscendo il beneficio. Nella stessa prospettiva, invece, è stato escluso che l’agevolazione si applicasse ai redditi d’impresa delle società derivanti dagli immobili che sono da considerarsi “strumentali” o “beni-merce”, posto che detto reddito è la risultante della differenza tra costi e ricavi, essendo i primi già dedotti dall’imponibile, sicchè, se anche in quest’ipotesi si riconoscesse l’agevolazione, ne deriverebbe una duplicazione delle “deduzioni” e, in definitiva, un indebito arricchimento dell’imprenditore. Nella fattispecie concreta, al contrario, il beneficio fiscale introdotto dalla Finanziaria 2007 non riguarda (testualmente) la più limitata categoria dei (soli) soggetti IRPEF, ma è diretta (di regola, salva l’ipotesi speciale del leasing, nella quale la detrazione spetta al conduttore) a beneficio di tutte le categorie immobiliari e di tutti i soggetti che ne hanno la proprietà, inclusi i titolari di reddito d’impresa (e le società), a condizione che questi ultimi abbiano sostenuto spese per il potenziamento dei loro cespiti (ed a prescindere dalla categoria reddituale di riferimento), in coerenza con la finalità pubblicistica di un generalizzato miglioramento energetico del patrimonio immobiliare nazionale, che rimarrebbe parzialmente (con riferimento ai beni posseduti dalle società di gestione immobiliare) indebolita a causa dell’interpretazione restrittiva proposta dall’Agenzia.

In conclusione deve affermarsi il seguente principio di diritto: “Il beneficio fiscale, consistente in una detrazione dall’imposta lorda per una quota pari al 55% degli importi rimasti a carico del contribuente, di cui alla L. n. 296 del 2006, artt. 1, commi 344 e seguenti (Finanziaria 2007) e al decreto economia e finanze D.M. 19 febbraio 2007, per le spese documentate relative ad interventi di riqualificazione energetica di edifici esistenti, spetta anche ai soggetti titolari di reddito d’impresa (incluse le società), i quali abbiano sostenuto le spese per l’esecuzione degli interventi di risparmio energetico su edifici concessi in locazione a terzi.” Conf. Cass. 19815/19.

Ne consegue il rigetto del ricorso.

Nessuna determinazione in punto spese stante la mancata costituzione della parte intimata.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 29 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 novembre 2020

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