Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25713 del 22/09/2021

Cassazione civile sez. VI, 22/09/2021, (ud. 28/04/2021, dep. 22/09/2021), n.25713

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 9862/2020 R.G. proposto da:

V.I., rappresentata e difesa, per procura speciale in calce

al ricorso, dall’avv. Luigi RICCIARDELLI, ed elettivamente

domiciliata in Roma, al viale Mazzini, n. 114/b, presso lo studio

legale dell’avv. Salvatore COLETTA;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore;

– intimata –

avverso l’ordinanza della Corte di cassazione n. 24582 del 2109,

depositata il 02/10/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non

partecipata del 28/04/2021 dal Consigliere LUCIOTTI Lucio.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. In controversia avente ad oggetto l’impugnazione degli avvisi di accertamento con i quali l’Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale di Caserta, aveva accertato sinteticamente, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 4, nei confronti di V.I. per gli anni d’imposta 2007 e 2008 con riferimento all’acquisto, da parte della predetta contribuente, con atto pubblico stipulato in data 01/08/2011, del quaranta per cento della quota societaria posseduta dagli eredi di V.V., per un corrispettivo di 840.000,00 Euro, che l’amministrazione finanziaria riteneva incremento patrimoniale intervenuto a partire dal periodo d’imposta 2007, nel decidere sul ricorso per cassazione proposto dalla ricorrente avverso la sfavorevole sentenza della CTR della Campania n. 5198/07/2014, depositata in data 26/05/2014 e notificata in data 21/10/2014, la Quinta sezione civile di questa Corte, con l’ordinanza in epigrafe indicata, dichiarava, per quanto qui di interesse, inammissibili il secondo e terzo motivo di ricorso per violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), e dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4), in base ai quali “il ricorrente deve indicare il fatto storico, il cui esame sia stato omesso, il dato testuale o extra testuale da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua decisività (Cass. sentenza n. 19987/2017)”, sostenendo che “nel caso in esame, la ricorrente non ha fornito tali indicazioni necessarie (la ricorrente deduce solo di aver prodotto la documentazione suddetta innanzi alla C.T.P.), né ha chiarito la decisività dei documenti, il cui esame sarebbe stato omesso dal giudice di appello, e la loro idoneità, secondo una valutazione ex ante, a giustificare una diversa decisione; sotto altro profilo, l’omesso esame di elementi istruttori, in quanto tale, non integra l’omesso esame circa un fatto decisivo previsto dalla norma, quando il fatto storico rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti; invero, sulla circostanza del pagamento, nella sentenza di appello si afferma che gli assegni prodotti dalla contribuente, a giustificazione della spesa sostenuta nel 2011, non risultano negoziati e sono da intendersi come mera promessa di pagamento e, quindi, del tutto inidonei a provare che l’incremento patrimoniale, destinato, poi, all’acquisto delle azioni, sia avvenuto nell’anno 2011”.

2. Avverso l’ordinanza di questa Corte la V. propone ricorso per revocazione affidato a due motivi, cui non replica l’intimata Agenzia delle entrate.

3. Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380-bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio, all’esito del quale la ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con un primo motivo di revocazione la ricorrente deduce l’errore di percezione in cui sarebbe incorsa la Corte, con riferimento alla questione dedotta con il secondo e terzo motivo di ricorso, in cui aveva lamentato che “la Commissione di appello ha assolutamente omesso di considerare il dato di fatto, risultante dalla dichiarazione ricognitiva del 23.10.2009, da cui emergerebbe che la prima parte del prezzo non è stata versata ai cedenti dalla Sig.ra V.I., ma anticipata dalla s.r.l. VECA SUD Autotrasporti, né fa alcun riferimento alla lettera del 04.08.2011, i cui avvisi di ricevimento ne confermano la data certa, da cui si ricaverebbe che prima dell’1 agosto 2011 la ricorrente non aveva pagato il saldo del prezzo, corrispondente a 196.000,000 Euro”, ha affermato che la “ricorrente deduce solo di aver prodotto la documentazione suddetta innanzi alla C.T.P.”. Affermazione, questa, in contrasto, secondo la ricorrente, con il contenuto del ricorso per cassazione in cui la stessa aveva elencato e descritto quattro documenti (ovvero: la dichiarazione ricognitiva del 23/10/2019; la coeva procura irrevocabile a vendere; la cessione delle quote sociali effettuata con atto in data 01/08/2011; la lettera raccomandata in data 04/08/2011) evidenziandone la decisività ai fini della decisione.

2. Con il secondo motivo di revocazione deduce che la Corte nell’ordinanza impugnata per revocazione, aveva erroneamente “negato l’esistenza dei documenti decisivi”, indicati nel precedente punto, “per non aver percepito che il loro contenuto e la rispettiva localizzazione risultavano testualmente riprodotti e indicati, ed infine per aver negato che la ricorrente avesse illustrato, nel rispetto delle regole che presiedono il giudizio di legittimità, il perché detti documenti erano stati prodotti e cosa dimostrassero”.

3. I motivi, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto strettamente connessi tra loro, sono manifestamente inammissibili.

4. Invero, è principio giurisprudenziale assolutamente condivisibile, quello secondo cui “In tema di revocazione delle sentenze della Corte di cassazione per errore di fatto, nel caso in cui la declaratoria di inammissibilità, contenuta nella sentenza revocanda, si regga su due autonome “rationes decidendi “, una sola delle quali revocabile perché viziata da errore percettivo, la permanenza della seconda comporta il venir meno del requisito indispensabile della decisività dell’errore revocatorio, ossia dell’idoneità a travolgere la ragione giuridica sulla quale si regge la sentenza impugnata, che, ex art. 395 c.p.c., n. 4, è richiamato dall’art. 391-bis c.p.c. per la revocazione delle sentenze della Cassazione” (Cass., Sez. 1, sentenza n. 25871 del 31/10/2017, Rv. 646006 – 01).

5. Orbene, nella specie, la ricorrente ha censurato soltanto una delle ragioni della decisione di inammissibilità del secondo e terzo motivo di ricorso per cassazione proposto avverso la sentenza della CTR, ovvero quella in cui questa Corte con l’ordinanza impugnata ha rilevato la violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), e dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4), omettendo però di censurare l’ulteriore ragione, rinvenibile nell’ordinanza in esame, di inammissibilità dei predetti motivi di ricorso per cassazione, avendo la Corte espressamente affermato che “sotto altro profilo, l’omesso esame di elementi istruttori, in quanto tale, non integra l’omesso esame circa un fatto decisivo previsto dalla norma, quando il fatto storico rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti; invero, sulla circostanza del pagamento, nella sentenza di appello si afferma che gli assegni prodotti dalla contribuente, a giustificazione della spesa sostenuta nel 2011, non risultano negoziati e sono da intendersi come mera promessa di pagamento e, quindi, del tutto inidonei a provare che l’incremento patrimoniale, destinato, poi, all’acquisto delle azioni, sia avvenuto nell’anno 2011”.

6. La questione, peraltro oggetto di espressa menzione nella proposta del relatore, non ha formato oggetto di alcun rilievo da parte della ricorrente che si è limitata a presentare memoria sulla diversa questione, pure rinvenibile nella predetta proposta, della non essenzialità e decisività dell’errore revocatorio, il cui esame e’, allo stato, del tutto superfluo.

7. In estrema sintesi, il ricorso va dichiarato inammissibile senza necessità di provvedere sulle spese in mancanza di costituzione dell’intimata.

P.Q.M.

dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 28 aprile 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2021

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