Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25710 del 22/09/2021

Cassazione civile sez. VI, 22/09/2021, (ud. 27/04/2021, dep. 22/09/2021), n.25710

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – rel. Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 390-2020 proposto da:

C.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE BRUNO

BUOZZI N. 99, presso lo studio dell’avvocato FAUSTO CIAPPARONI, che

lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2206/4/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DELLA LOMBARDIA, depositata il 22/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non

partecipata del 27/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. LA TORRE

MARIA ENZA.

 

Fatto

RITENUTO

che:

C.G. ricorre per la cassazione della sentenza CTR della Lombardia n. 2206/2019 depositata il 22.05.2019, che ha accolto l’appello dell’Agenzia delle entrate in relazione ad avvisi di accertamento e atto di contestazione per la riscossione di imposte IRES, IVA ed IRAP, e sanzioni, per gli anni 2009/2010, avendolo ritenuto partecipe di una frode in veste di amministratore di fatto della società Arena s.r.l..

La pretesa erariale scaturiva dalla verifica eseguita dalla GGFF di Manerbio (BS), per gli anni 2007-2010, nell’ambito di un procedimento penale, Rg. 15079/2010, aperto presso la Procura della Repubblica di Brescia, nei confronti della società Arena s.r.l., che aveva consentito di accertare un articolato sistema fraudolento del quale facevano parte 63 società, tra cui l’Arena s.r.l., volto a fornire manodopera edile senza essere in possesso di alcuna struttura aziendale. Al fin di frodare il fisco e gli enti previdenziali, le società utilizzavano falsi crediti IVA per compensare ritenute Iperf e contributi sociali, imposte dirette gravanti sul reddito d’impresa.

Dagli accertamenti svolti, sulla base di una corposa documentazione, era emerso che a tale sistema fraudolento partecipasse anche il C., fornendo non solo assistenza fiscale e consulenza in materia di lavoro, ma collaborando attivamente alla gestione delle società (dagli accertamenti effettuati nell’anno 2010 risultava che il C. fosse titolare della società Infostudio s.r.l., ma che lo stesso attraverso la predetta società, si occupasse della gestione del personale dipendente, della contabilità delle società coinvolte in tale sistema, provvedendo a creare costi fittizi necessari a predisporre contabilità e bilanci che consentissero le frodi fiscali). Il C. contestava, in primo grado, la qualità di amministratore di fatto, avendo prestato per la società Arena s.r.l. solo consulenza fiscale, contabile e societaria, essendo amministrata invece B.D., P.F. e Pa.Gi.; contestava pertanto l’illegittimità dell’atto notificato a soggetto del tutto estraneo e difetto di legittimazione passiva, difetto di motivazione dell’atto impugnato; l’inapplicabilità del raddoppio dei termini di accertamento per l’anno 2009; assenza di prova; illegittimità delle sanzioni.

La CTP accoglieva il ricorso, ritenendo non raggiunta con certezza la prova in ordine alla qualifica del C. come amministratore di fatto, che era stato assolto anche nel processo penale a suo carico. In conseguenza dell’annullamento dell’avviso di accertamento, come atto prodromico, la CTP annullava l’atto di contestazione e irrogazione delle sanzioni, e la decisione veniva appellata dall’Ufficio.

La CTR Lombardia ha accolto l’appello dell’Ufficio, non avendo il giudice di primo grado valutato adeguatamente il materiale documentale e probatorio allegato dall’AG; ha ridimensionato la rilevanza dell’assoluzione del C. in sede penale, stante l’autonomia del processo tributario e la mancanza di qualunque questione pregiudiziale che debba essere decisa prima della trattazione del procedimento tributario, nonché la rilevanza delle sentenze di merito, fra le quali solo alcune erano favorevoli al C..

Nel merito ha riformato la sentenza della CTP, ritenendo che avesse contraddittoria mente motivato quanto al mancato raggiungimento della prova della qualità di amministratore di fatto del C.; in base a plurimi elementi probatori, ha invece ritenuto acclarato che il C. rivestisse la qualità di amministratore di fatto, caratterizzata da poteri di gestione significativi e che la società Arena s.r.l. fosse un semplice “schermo” costituito al fine di porre in essere attività illecite volte ad evadere le imposte. Ciò in base sia agli accertamenti della GGFF (riportati nell’avviso impugnato), sia alle dichiarazioni dei dipendenti delle società facenti capo al C., sia dagli accertamenti bancari, nonché alla localizzazione della sede amministrativa dell’Arena s.r.l. presso gli studi operativi del C., in (OMISSIS), ove era stata ritrovata la documentazione della società Arena s.r.l.

La CTR ha quindi ritenuto l’avviso di accertamento motivato, anche con riferimento al ruolo del C.; non fondata l’eccezione dell’inapplicabilità del raddoppio dei termini, anche con riferimento all’Irap.

L’Agenzia delle Entrate contribuente si costituisce con controricorso.

Il ricorrente deposita successiva memoria nella quale insiste nella fondatezza del secondo motivo di ricorso, essendo le imposte della società non imputabili alla persona fisica; sul primo e terzo motivo, mancando la motivazione sulla creazione di società schermo (Arena) al solo fine di porre in essere attività illecite; sui motivi quarto e quinto (quantificazione delle sanzioni) mancando le modalità di calcolo e la motivazione sulla dedotta duplicazione.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo del ricorso si deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4, dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, dell’art. 118 disp. att. c.p.c.: motivazione apparente o inesistente sulle ragioni che hanno indotto a ritenere il C. responsabile per imposte e sanzioni per violazioni contestate a società di capitali in relazione al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62 ed ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

2. Il motivo è infondato.

2.1. La giurisprudenza di questa Corte ha affermato che “ricorre il vizio di omessa motivazione della sentenza, nella duplice manifestazione di difetto assoluto o di motivazione apparente, quando il Giudice di merito ometta di indicare, nella sentenza, gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero indichi tali elementi senza una approfondita disamina logica e giuridica, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento” (Cass. n. 1756 del 2006, n. 16736 del 2007, n. 9105 del 2017).

2.2. La motivazione e’, quindi, solo apparente – e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo quando, benché graficamente esistente, non renda tuttavia percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. U, 3 novembre 2016, n. 22232).

2.3. Nella specie, non è ravvisabile una motivazione apparente in quanto la Commissione regionale, nel confermare l’atto impositivo, ha esattamente indicato gli elementi indiziari dai quali ha tratto il convincimento che l’odierno contribuente rivestisse il ruolo di amministratore di fatto della società sottoposta a verifica, estrinsecando in tal modo il percorso logico-giuridico seguito per addivenire alla decisione. Trattandosi di motivazione che esplicita le ragioni della decisione, eventuali profili di “insufficienza” della motivazione non determinano nullità processuale deducibile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

2.4. Le censure svolte con il motivo in esame mirano piuttosto ad ottenere una nuova rivalutazione di tutte le risultanze istruttorie, già sottoposte all’esame del giudice di merito, secondo la diversa prospettazione dei fatti operata dal ricorrente.

3. Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione del TUIR, art. 73, del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 3, del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 1 e 17, nonché del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37, del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 36 e dell’art. 2462 c.c.: mancanza dei presupposti di legge per richiedere al ricorrente, a qualunque titolo, con gli avvisi di accertamento impugnati, imposte a titolo di IRES, IRAP e IVA, viceversa esclusivamente imputabili alla persona giuridica Arena s.r.l. in relazione al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62 ed ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Il motivo è fondato.

3.1. Ed invero non può configurarsi una responsabilità diretta del C. in relazione al pagamento delle imposte evase dalle società, dovendo escludersi una responsabilità solidale dell’amministratore e liquidatore nell’obbligazione tributaria di una società di capitali. L’autonomia patrimoniale perfetta che caratterizza le società di capitali implica infatti l’esclusiva imputabilità alla società dell’attività svolta in suo nome e dei relativi debiti e tale principio non conosce alcuna deroga con riferimento alle obbligazioni di carattere tributario della società.

3.2. La particolare ipotesi di responsabilità posta dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 36, a carico di liquidatori, amministratori e soci di società in liquidazione, è infatti una particolare ipotesi di responsabilità per obbligazione propria ex lege, ed ha natura civilistica e non tributaria, in quanto trova il suo fondamento in un credito civilistico fondato sulla violazione degli artt. 1176 e 1218 c.c., non ponendo detta norma alcuna coobbligazione di debiti tributari a carico di tali soggetti (Cass. Ss. Uu. nn. 2079/1989 e 2767/1989, Cass. n. 9688/95, n. 12546/2001, n. 10508/2008, n. 7327/2012 e n. 179/2014).

3.3. Va quindi esclusa una responsabilità diretta dell’ex amministratore per le obbligazioni tributarie della società. Nel caso di specie, non viene eccepita tale peculiare ipotesi di responsabilità dell’amministratore, né viene allegata la sussistenza dei relativi elementi costituivi.

3.4. Questa Corte (v. dal ultimo n. 15378/2020) ha statuito che la responsabilità dei liquidatori, degli amministratori e dei soci di società in liquidazione, in presenza dell’integrazione delle distinte fattispecie previste dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 36, per l’ipotesi di mancato pagamento delle imposte sul reddito delle persone giuridiche i cui presupposti si siano verificati, è responsabilità per obbligazione propria ex lege (per gli organi, in base agli artt. 1176 e 1218 c.c., e per i soci di natura sussidiaria), avente natura civilistica e non tributaria, non ponendo la norma alcuna successione o coobbligazione nei debiti tributari a carico di tali soggetti, nemmeno allorché la società sia cancellata dal Registro delle Imprese (cfr. Cass. n. 7327/2012; conf. Cass. nn. 29969/2019, 17020/2019);

3.5. Quello verso il liquidatore e l’amministratore e’, in conclusione, credito dell’amministrazione finanziaria non strettamente tributario, ma più che altro civilistico, il quale trova titolo autonomo rispetto all’obbligazione fiscale vera e propria, costituente mero presupposto della responsabilità stessa (S.U. 2767/1989), ancorché detta responsabilità debba essere accertata dall’Ufficio con atto motivato da notificare ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, avverso il quale è ammesso ricorso secondo le disposizioni relative al contenzioso tributario ex art. 36 cit., penult. e ult. commi (cfr. Cass. nn. 7327/2012, 11968/2012);

3.7. essa e’, sempre, riconducibile alle norme degli artt. 1176 e 1218 c.c. (Cass. 12546/2001), con onere per l’Amministrazione di provare d’avere iscritto i relativi crediti quantomeno in ruoli provvisori, dei quali poter pretendere il pagamento in via sussidiaria nei confronti del liquidatore (Cass. 10508/2008);

3.8. con riguardo al caso in esame manca quell’atto motivato che accerti la responsabilità dell’amministratore in relazione agli elementi obiettivi della sussistenza di attività nel patrimonio della società e della distrazione di tali attività a fini diversi dal pagamento delle imposte dovute ed ogni eventuale integrazione avvenuta sul punto solo in corso di causa trascura che nel giudizio tributario, l’oggetto del dibattito processuale è delimitato da un lato dalle ragioni di fatto e di diritto esposte dall’Ufficio nell’atto impositivo impugnato, e dall’altro dagli specifici e correlati motivi d’impugnazione dedotti dal contribuente nel ricorso introduttivo (cfr. Cass. n. 10779/2007).

4. Con il terzo motivo si deduce violazione e falsa applicazione del D.L. n. 269 del 2003, art. 7 (conv. nella L. n. 236 del 2003) e del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 2, comma 2, e artt. 5, 9 e 11: inapplicabilità delle sanzioni in capo al ricorrente per esclusiva imputabilità delle stesse alla persona giuridica che si assume dal medesimo gestita in relazione al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62, ed ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

5. Il motivo è infondato.

5.1. Va sul punto richiamata la giurisprudenza consolidata, secondo cui il principio secondo cui “Le sanzioni amministrative relative al rapporto tributario proprio di società o enti con personalità giuridica, D.L. n. 269 del 2003 ex art. 7 (conv. con modif. in L. n. 326 del 2003), sono esclusivamente a carico della persona giuridica anche quando sia gestita da un amministratore di fatto, non potendosi fondare un eventuale concorso di quest’ultimo nella violazione fiscale sul disposto di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 9, che non può costituire deroga al predetto art. 7, ad esso successivo, che invece prevede l’applicabilità delle disposizioni del D.Lgs. n. 472 ma solo in quanto compatibili” (Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 25284 del 25/10/2017, Rv. 645980 – 01) non può ritenersi operante anche nell’ipotesi di società artificiosamente costituita, come nel caso di specie risulta dalla sentenza impugnata avere costituito accertamento in fatto della Commissione d’appello non adeguatamente censurata.

5.2. Al riguardo ha sostenuto questa Corte che “il menzionato art. 7 intende regolamentare le ipotesi in cui vi sia una differenza tra trasgressore e contribuente, e, in particolare, l’ipotesi di un amministratore di una persona giuridica che, in forza del proprio mandato, compie violazioni nell’interesse della persona giuridica medesima”, ma non nel caso in cui la persona fisica sia “esclusivo beneficiario delle violazioni contestate”, nel qual caso “non sussiste detta differenza, atteso che quest’ultimo e’, al tempo stesso, trasgressore e contribuente, e la persona giuridica è una mera fictio, creata nell’esclusivo interesse della persona fisica”.

5.3. Il C. si è reso nella specie destinatario del trattamento sanzionatorio, pur non rivestendo alcuna carica formale nell’organigramma delle società coinvolte nella vicenda, in ragione della sua ritenuta qualità di orchestratore della vasta rete di attività illecite imputate alle società anzidette, delle quali egli risultava esserne parte. L’assunzione della qualità di amministratore di fatto che ciò comporta rende certamente applicabili al soggetto che la rivesta le sanzioni previste. (Cass. n. 1904/2020; Cass. n. 10975/2019; Cass. n. 5924/ 2017; Cass. n. 19716/2013).

6. Con il quarto motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c.: omessa pronuncia circa la illegittima duplicazione delle medesime sanzioni in capo al ricorrente derivanti dagli avvisi di accertamento e dell’atto di contestazione, in relazione al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62, ed ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

7. Con il quinto motivo si deduce l’illegittima duplicazione in capo al ricorrente delle medesime sanzioni derivanti dagli avvisi di accertamento e dall’atto di contestazione in relazione al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62, ed ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

8. Il quarto e il quinto motivo, suscettibili di trattazione unitaria, sono fondati.

9. La CTR, pur essendosi pronunciata in merito alle sanzioni (v. pag. 16 della sentenza) affermando che le sanzioni “sono state specificamente calcolate secondo le disposizioni di legge” e che “non si ravvisa neppure la violazione del diverso calcolo” cui fa riferimento il C., non ha adeguatamente motivato sull’ottavo motivo di impugnazione in appello, riproduttiva di analoga doglianza proposta in primo grado, sulla illegittima duplicazione delle sanzioni, irrogate quale consulente e quale coobbligato

10. Conclusivamente, va accolto il secondo, quarto e quinto motivo del ricorso, rigettati i restanti; la sentenza va cassata in relazione ai motivi accolti con rinvio alla CTR della Lombardia, anche per le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

11. Accoglie il secondo, quarto e quinto motivo del ricorso. Rigetta i restanti; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti con rinvio alla CTR della Lombardia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 27 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2021

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