Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25709 del 22/09/2021

Cassazione civile sez. VI, 22/09/2021, (ud. 27/04/2021, dep. 22/09/2021), n.25709

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 34991-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

C.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ACCIAIOLI

7, presso lo studio dell’avvocato PAOLO TAMIETTI, che lo rappresenta

e difende;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 2159/16/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DEL LAZIO, depositata il 09/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non

partecipata del 27/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. CAPRIOLI

MAURA.

 

Fatto

Ritenuto che:

C.F. ricorreva per la cassazione della sentenza della CTR – Lazio che il 30 marzo 2015 ha rigettato la domanda di revocazione della pronunzia della CTR – Lazio che il 3 luglio 2013, riformando la decisione della CTP – Rieti, aveva rigettato la domanda di rimborso dell’IRAP versata per gli anni d’imposta dal 2007 al 2009.

Il contribuente censurava – per violazione di norme di diritto sostanziali (D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2) – la sentenza impugnata laddove questa, pur rilevando che il contribuente non svolge affatto attività di consulente del lavoro con studio di Roma ma quella di promotore finanziario presso uffici della Fineco Bank, riteneva che la svista del giudice di appello non sarebbe decisiva. La ratio decidendi della sentenza impugnata era costituita, infatti, dal rilievo che “l’errore materiale nell’indicazione dell’attività espletata da quest’ultimo, contenuto nella motivazione, è stato irrilevante ai fini della decisione del giudice” e che “allo stesso modo è da considerare irrilevante… il luogo di svolgimento dell’attività del ricorrente”. Sul punto il giudice della revocazione sosteneva che “la sola circostanza di svolgere la propria attività presso uffici della Fineco Bank… non esclude l’autonoma organizzazione del ricorrente, dal momento che tale rapporto non elimina la sua autonoma scelta sul merito e le modalità della propria attività professionale, senta vincoli di subordinazione”.

Questa Corte con ordinanza 7457/2017 accoglieva il ricorso evidenziando che il giudice della revocazione non aveva ancorato l’accertamento della decisività del pacifico errore di fatto sullo svolgimento dell’attività presso uffici della Fineco Bank, ai parametri elaborati dalla giurisprudenza di questa Corte, ed in particolare alla responsabilità dell’organizzazione, qui verosimilmente mancante, essendo il contribuente inserito in una struttura organizzativa riferibile ad altrui responsabilità stante lo svolgimento dell’attività all’interno dell’organizzazione di un ente creditizio.

Sottolineava altresì che il giudice della revocazione, dunque, si era discostato da principi regolativi ora definitivamente certificati da Cass., Sez. U., n. 9451 del 2016 laddove si afferma in generale che, riguardo al presupposto dell’IRAP, il decisivo requisito dell’autonoma organizzazione ricorre quando il contribuente: a) sia responsabile dell’organizzazione; b) impieghi beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione oppure impieghi più di un collaboratore con mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive.

Così come si discosta da Cass., Sez. U, n. 21111 del 2009 laddove si afferma, con riguardo specifico ai promotori finanziari, che “l’autonoma organizzazione sussiste quando il contribuente sia anche responsabile dell’organizzazione, e quindi non inserito in una struttura facente capo ad altri”, per cui “non sono soggetti ad IRAP i proventi che un lavoratore autonomo percepisca come compenso per le attività svolte all’interno di una struttura da altri organizzativa” (conf. Cass., Sez. 6-5, n. 22535 del 2016).

Conseguentemente il ricorso veniva accolto e la sentenza impugnata veniva cassata con rinvio alla CTR – Lazio in diversa composizione, per nuovo esame, alla luce dei criteri indicati, nonché per la statuizione sulle spese del presente giudizio.

Riassunta la causa dal contribuente nel contraddittorio con l’Ufficio il giudice del rinvio, con sentenza nr2159/2019, respingeva il gravame proposto dall’amministrazione finanziaria ritenendo che il contribuente svolgesse l’attività senza una propria organizzazione e senza impiegare beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività.

La CTR pertanto accoglieva l’istanza di rimborso per l’Irap versata in relazione agli anni dal 2007 al 2009.

Avverso tale sentenza l’Agenzia delle Entrate propone ricorso affidato ad un unico motivo cui resiste con controricorso l’intimato.

Si denuncia in particolare la violazione e falsa applicazione dell’art. 384, del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3 e dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Si lamenta che il giudice di appello avrebbe svolto una indagine monca rispetto ai principi enunciati dalla Corte che si non era limitata al fatto che il dipendente avesse svolto la professione di promotore finanziario all’interno della banca mandante e non all’interno del loro studio ma doveva essere estesa ai mezzi strumentali utilizzati per l’esercizio dell’attività verificando se gli stessi eccedessero il minimo indispensabile per l’esercizio della professione.

Si duole altresì che la CTR non avrebbe indagato sugli ingenti quantitativi negativi dichiarati dal contribuente per ciascun anno di imposta.

Il motivo è fondato.

L’ordinanza della Corte nei termini riassunti nella parte narrativa, aveva demandato al giudice del rinvio il compito di verificare se in concreto il contribuente avesse fornito la dimostrazione dell’assenza di autonoma organizzazione e se i beni strumentali eccedessero il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività.

Indagine che, nella specie, non è stata tuttavia svolta dal giudice del rinvio il quale ha accolto l’istanza di rimborso sostenendo che l’attività di promotore finanziario svolto all’interno della banca dal contribuente è stata svolta senza una propria organizzazione e senza impiegare beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività.

Nella sentenza qui impugnata non vengono spiegate le ragioni su cui la CTR ha fondato il suo convincimento.

Così facendo il giudice di rinvio non si è attenuto al principio di diritto impartito dal giudice rescindente non dando corso a quell’accertamento concreto in merito alla responsabilità o meno dell’organizzazione preteso dall’ordinanza di remissione.

La sentenza va cassata e rinviata alla CTR del Lazio per un nuovo esame.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la decisione impugnata e rinvia alla CTR del Lazio per un nuovo esame e per la liquidazione delle spese di legittimità.

Così deciso in Roma, il 27 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2021

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