Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25709 del 15/11/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 25709 Anno 2013
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: CHINDEMI DOMENICO

SENTENZA

sul ricorso 11844-2009 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro

CIANTI SILVANO;
– intimato –

Nonché da:
CIANTI SILVANO nq di titolare della ditta CIANTI
SILVANO, elettivamente domiciliato in ROMA VIA SILVIO

Data pubblicazione: 15/11/2013

PELLICO 24, presso lo studio dell’avvocato CARELLO
CESARE ROMANO, che lo rappresenta e difende giusta
delega a margine;
– controricorrente incidentale contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

avverso la sentenza n. 7/2008 della COMM.TRIB.REG. di
FIRENZE, depositata il 28/03/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 23/10/2013 dal Consigliere Dott. DOMENICO
CHINDEMI;
udito per il controricorrente l’Avvocato CARELLO che
si riporta;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ENNIO ATTILIO SEPE che ha concluso per
l’accoglimento per guanto di ragione del ricorso.

– intimato –

R.G41844/2009
Fatto
La Commissione tributaria regionale della Toscana, con sentenza n. 7/30/08, depositata il
28.3.2008, confermava, rigettando sia l’appello principale che incidentale, la sentenza della
Commissione tributaria provinciale di

Firenze n. 19/06/2006 che riduceva le sanzioni da

135.704,92 a E 15.838,40., in parziale accoglimento del ricorso proposto da Cianti Silvano, titolare
di “bar, alimentari, pizzeria, ristorante”, avverso l’avviso di irrogazioni sanzioni, a seguito di
non iscritti nei libri obbligatori.
La Ctr, confermando la decisione dei primi giudici, riteneva non sanzionabile l’impiego ritenuto
saltuario di quattro familiari (Cianti Largo, Cianti Sabrina, Orlandi Gianna e Pagliai Debora),
impiegati come camerieri, ritenendo trattarsi di un rapporto di collaborazione familiare; in relazione
all’aiuto cuoco Giuseppe Leto e dei due lavapiatti la sanzione veniva determinata dal 1 gennaio
2002 ma per due soli giorni della settimana ( sabato e domenica), così come dichiarato dagli stessi.
Proponeva ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate deducendo i seguenti motivi:
a) insufficiente motivazione in ordine a un punto decisivo della controversia, in relazione all’art.
360, n. cinque, c.p.c., con riferimento alla qualificazione giuridica della natura del rapporto di
lavoro dei quattro familiari del datore di lavoro;
b) insufficiente motivazione in ordine a un punto decisivo della controversia, in relazione all’art.
360, n. cinque, c.p.c., con riferimento alla posizione dell’aiuto cuoco e dei due lavoratori con
mansioni di lavapiatti, ritenuti prestare attività lavorativa per due soli giorni a settimana (sabato e
domenica).
L’intimato si è costituita con controricorso, formulando ricorso incidentale con cui deduce
insufficiente motivazione in ordine a un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360,
n. cinque, c.p.c., con riferimento all’inizio del rapporto di lavoro dell’aiuto cuoco dal 1/1/2002
anziché dal 1/8/2002, come dallo stesso dichiarato.
Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 23.10.2013, in cui il PG ha concluso come in
epigrafe.
Motivi della decisione
Entrambi i ricorsi sono infondati.
1. La sentenza della Corte Cost. 12.4.2005 n. 144 ha dichiarato costituzionalmente illegittimo, in
relazione agli artt. 3 e 24 della Costituzione, l’art. 3, comma 3, del decreto-legge 22 febbraio 1992,
n. 12, convertito in legge dall’art. 1 della legge 23 aprile 2002, n. 72, nella parte in cui non ammette

1

ispezione in data 24.8.2002, ai sensi dell’art. 3 1. 73/2002, per l’impiego, di 7 lavoratori subordinati

la possibilità di provare che il rapporto di lavoro irregolare ha avuto inizio successivamente al
primo gennaio dell’anno in cui è stata constatata la violazione.
L’irrogazione della sanzione prevista dall’art. 3, comma 3, del d.l. 22 febbraio 2002, n. 12, conv. in
legge 23 aprile 2002, n. 73 (nel testo anteriore alle modifiche introdotte dall’art. 36 bis del d.l. 4
luglio 2006, n. 223, conv. in legge 24 agosto 2006, n. 248) non richiede, da parte
dell’Amministrazione, alcun onere di dimostrare l’effettiva durata del rapporto di lavoro irregolare,
essendo sufficiente il mero accertamento dell’esecuzione di prestazione lavorativa da parte di
È, invece, specifico onere del datore di lavoro dimostrare l’effettiva durata della prestazione
lavorativa per evitare che l’entità della sanzione pecuniaria sia determinata “ex lege”, “per il periodo
compreso tra l’inizio dell’anno e la data di constatazione della violazione (Sez. 5, Sentenza n. 21778
del 20/10/2011)
Fermo restando il divieto di ammissione della prova testimoniale posto dall’art. 7 del d.lgs. 31
dicembre 1992, n. 546, nel processo tributario, sussiste il potere di introdurre, per entrambe le parti,
dichiarazioni rese da terzi in sede extraprocessuale – con il valore probatorio proprio degli elementi
indiziari, i quali, possono concorrere a formare il convincimento del giudice, per garantire il
principio della parità delle armi processuali nonché l’effettività del diritto di difesa.
I verbali di accertamento dell’ispettorato del lavoro e dei funzionari ispettivi degli enti previdenziali,
in materia di omesso versamento di contributi, fanno fede, fino a querela di falso, sulla loro
provenienza dal pubblico ufficiale che li ha formati, nonche sui fatti che il medesimo attesti
avvenuti in sua presenza o da lui compiuti e possono,altresi, fornire utili elementi di giudizio,
liberamente apprezzabili, in ordine agli altri fatti che i verbalizzanti abbiano dichiarato di aver
desunto o attinto dall’inchiesta da essi svolta, ivi comprese le dichiarazioni di terzi tra cui vanno
ricomprese anche le dichiarazioni dei lavoratori oggetto di indagine ispettiva. (Cass. Sez. L,
Sentenza n. 14158 del 02/10/2002)
Peraltro il verbale ispettivo da contezza unicamente della situazione riscontrata dagli ispettori al
momento dell’accesso e non è finalizzato a individuare la durata dell’illecito ai fini della sanzione
in questione, stante la presunzione (relativa) di retrodatazione dell’assunzione (superabile dal
datore di lavoro), essendovi una evidente differenza tra i comparti normativi che regolano il
recupero dei contributi previdenziali, la repressione degli illeciti connessi all’assunzione e le
sanzioni di contrasto alla c.d economia sommersa.
Tuttavia non è sufficiente a provare la data di inizio del rapporto di lavoro la sola dichiarazione del
dipendente, in mancanza di ulteriori elementi di prova che facciano ritenere plausibile tale

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soggetto che non risulti da scritture o da altra documentazione obbligatoria.

affermazione, apparendo la motivazione sopra riportata del tutto insufficiente a dimostrare la data
di effettivo inizio del rapporto di lavoro (cfr Cass. Sez. 5, Sentenza n. 1960 del 10/02/2012)
Nella fattispecie i giudici di merito hanno fondato la decisione, oltre che sulle dichiarazioni dei
lavoratori anche su elementi di carattere fattuale e logico, rilevando, con riferimento al primo
motivo di ricorso,che i vincoli di parentela e affinità esistenti fra i predetti soggetti e il titolare
dell’azienda (figli e nuore), unitamente alla circostanza che gli stessi abitino in appartamenti
ubicati sopra l’azienda, escludono la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato, anche con

tempo pieno, elemento che, sulla base della valutazione dei giudici di merito, rende credibile
l’affermazione del quarto familiare cameriere di aver lavorato solamente sabato e domenica,
deducendone logicamente, in relazione al secondo motivo di ricorso, come l’occupazione dei
lavapiatti e dell’aiutocuoco sia avvenuta anche in tali giornate in quanto è difficilmente ipotizzabile
il loro impiego in un ristorante pizzeria senza camerieri.
Ciò di cui si duole il ricorrente non è l’omessa considerazione di fatti decisivi, bensì la valutazione
di tali fatti in maniera diversa da quella auspicata.
In proposito, è appena il caso di osservare che, secondo la univoca giurisprudenza di questo giudice
di legittimità, il motivo di ricorso per cassazione con il quale la sentenza impugnata venga censurata
per vizio della motivazione non può essere inteso a far valere la rispondenza della ricostruzione dei
fatti operata dal giudice del merito al diverso convincimento soggettivo della parte e, in particolare,
non si può proporre con esso un preteso migliore e più appagante coordinamento dei molteplici dati
acquisiti, atteso che tali aspetti del giudizio, interni all’ambito della discrezionalità di valutazione
degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice
e non ai possibili vizi del percorso formativo di tale convincimento rilevanti ai sensi della
disposizione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, posto che, diversamente opinando il motivo di
ricorso in esame si risolverebbe in una inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei
convincimenti del giudice di merito, e, perciò, in una richiesta diretta all’ottenimento di una nuova
pronuncia sul fatto, sicuramente estranea alla natura e alle finalità del giudizio di cassazione (v. tra
le tante cass. n. 9233 del 2006).
2. Medesime considerazioni valgono con riferimento al motivo di ricorso incidentale che
sottopone, inammissibilmente, all’esame di questo giudice di legittimità mere questioni fattuali, in
ordine alle quali nella sentenza impugnata non si riscontra nessuna carenza propriamente
motivazionale.

3

riferimento alla circostanza che tre di essi, per l’anno 2002, risultavano occupati presso terzi a

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Nel caso di specie le doglianze proposte dal ricorrente, si risolvono nella sola esposizione della sua
contraria (ma interessata) valutazione della (oggettivamente) totale insufficienza probatoria delle
prove emerse.
La CTR ha ritenuto inattendibile la dichiarazione del lavoratore Leto di svolgere attività lavorativa
presso il locale in questione dall’1/8/2002, ” potendo essere stata determinata dalle più diverse
motivazioni, non ultima quella di non contraddire le precedenti dichiarazioni”.
In conclusione vanno rigettati sia il ricorso principale che incidentale con compensazione delle
PQM
Rigetta il ricorso principale e incidentale
Dichiara compensate le spese del giudizio di legittimità
Così deciso in Roma, il 23.10.2013

spese di giudizio di legittimità stante la reciproca soccombenza.

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