Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25709 del 13/11/2020

Cassazione civile sez. VI, 13/11/2020, (ud. 28/10/2020, dep. 13/11/2020), n.25709

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20856-2019 proposto da:

COMUNE DI VILLASIMIUS, in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato GANDINO ANDREA;

– ricorrente –

contro

ALISA SRL;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1333/5/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della SARDEGNA, depositata il 28/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 28/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. DELLI

PRISCOLI LORENZO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

la parte contribuente proponeva ricorso avverso avviso di accertamento relativo ad ICI per il 2011 e la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso della parte contribuente per assenza del processo logico seguito dal Comune per determinare l’imponibile a fini ICI, risultando così carente di motivazione;

la Commissione Tributaria Regionale respingeva l’appello del comune di Villasimius, ritenendo che quest’ultimo non ha esplicitato l’iter logico e giuridico seguito, non ha elencato dettagliatamente e descritto gli elementi valutati non consentendo alla società contribuente di approntare puntuale e adeguata difesa sulle modalità di applicazione e sul quantum degli importi accertati: in particolare l’assenza di un reddito catastale avrebbe dovuto richiedere al Comune cautela nell’applicazione dell’aliquota che la contribuente, per contro, ha correttamente indicato, determinandola sulla base del valore di bilancio legale e fiscale approvato dalla società e depositato;

avverso detta sentenza il comune di Villasimius proponeva ricorso per Cassazione, affidato a tre motivi di impugnazione, mentre la parte contribuente non si costituiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

con il primo motivo d’impugnazione il comune di Villasimius, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4 e dell’art. 61, nonchè dell’art. 118 disp. att. c.p.c., in quanto la motivazione è apodittica e apparente;

con il secondo motivo d’impugnazione il comune di Villasimius, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1, e L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 162 e ss., nonchè del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 17, in quanto l’obbligo di motivazione è adempiuto quando il contribuente è posto in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali quindi di contestare efficacemente l’an e il quantum dell’imposta;

con il terzo motivo d’impugnazione il comune di Villasimius, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 3, per avere il giudice adito erroneamente recepito quale base imponibile dell’imposta quella arbitrariamente indicata dalla società contribuente col ricorso avverso l’avviso di accertamento (e corrispondente ad valore disancorato da ogni evidenza contabile che, pur presente in bilancio, è nettamente inferiore a quanto desumibile dalle scritture contabili) anzichè quella risultante dalle scritture contabili (Cass. n. 10125 del 2019), così come ivi estrapolata e specificata dall’odierna ricorrente negli atti del primo e del secondo grado di giudizio;

ritenuto che il primo motivo di impugnazione è infondato in quanto, secondo questa Corte, in seguito alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e danno luogo a nullità della sentenza – di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile” (Cass. 12 ottobre 2017, n. 23940; Cass. n. 26018 del 2018);

ritenuto che, nella specie, può dirsi rispettato il suddetto “minimo costituzionale” in quanto la pur succinta e lacunosa motivazione della CTR laddove afferma che il comune di Villasimius non ha esplicitato l’iter logico e giuridico seguito, non ha elencato dettagliatamente e descritto gli elementi valutati non consentendo alla società contribuente di approntare puntuale e adeguata difesa sulle modalità di applicazione e sul quantum degli importi accertati: in particolare l’assenza di un reddito catastale avrebbe dovuto richiedere al Comune cautela nell’applicazione dell’aliquota che la contribuente, per contro, ha correttamente applicato determinandola per tipologia di immobili sulla base imponibile tratta dal valore di bilancio legale e fiscale approvato dalla società e depositato – spiega chiaramente e ragionevolmente i motivi in base ai quali ha ritenuto di respingere l’appello, ritenendo l’avviso di accertamento non sufficientemente motivato e fondato su una base imponibile tratta dalle scritture contabili della società;

ritenuto che il secondo motivo di impugnazione è fondato in quanto secondo l’art. 7 Statuto del contribuente (chiarezza e motivazione degli atti), “Gli atti dell’amministrazione finanziaria sono motivati secondo quanto prescritto dalla L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 3, concernente la motivazione dei provvedimenti amministrativi, indicando i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione”. Ebbene, la norma va interpretata alla luce dell’intero sistema in cui si inserisce e in tale prospettiva l’annullamento dell’avviso di accertamento appare smaccatamente in contrasto con l’art. 10 proprio dello stesso Statuto del contribuente: tale norma stabilisce infatti che “I rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria sono improntati al principio della collaborazione e della buona fede”, e pertanto, alla luce dei principi espressi dagli artt. 3 (ragionevolezza), nonchè alla luce del principio di solidarietà economica e sociale di cui all’art. 2 Cost. che deve reciprocamente ispirare i rapporti fra pubblica amministrazione e cittadino anche nei rapporti tributari (Cass. 9 maggio 2018, n. 11052; Cass. 17 gennaio 2018, n. 1009) la parte del rapporto tributario, sia essa il contribuente o la pubblica amministrazione, non può lamentare violazioni formali che non abbiano inciso realmente in negativo sulla sua sfera giuridica. La CTR, nella sua stringata e lacunosa motivazione non ha spiegato perchè gli elementi asseritamente omessi avrebbero compromesso la possibilità per il contribuente di approntare una adeguata difesa nè ha chiarito se il contribuente abbia o meno prospettato le ragioni per le quali la difettosa motivazione avrebbe comportato una lesione del diritto all’effettività della tutela giurisdizionale ed al giusto processo. Infatti, nei rapporti tra contribuente e pubblica amministrazione e salvi gli eventuali diritti dei terzi, la possibilità da parte del contribuente di denunciare vizi fondati sulla pretesa violazione di norme procedimentali non tutela l’interesse all’astratta regolarità dell’attività amministrativa, ma garantisce solo l’eliminazione dell’eventuale pregiudizio da lui subito in conseguenza della denunciata violazione di norme che siano espressione del principio di buona andamento della pubblica amministrazione (Cass. 9 maggio 2018, n. 11052).

Deve inoltre considerarsi che, secondo questa Corte, in tema di avviso di accertamento, l’onere di allegazione di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 7 è limitato ai documenti non conosciuti nè ricevuti dal contribuente e costituenti il presupposto dell’atto impositivo al fine di evitare il pregiudizio del diritto di difesa di quest’ultimo (Cass. n. 14723 del 2020): nella specie la CTR non ha chiarito se via sia stato difetto di un onere di allegazione e se tale difetto abbia riguardato o meno documenti non conosciuti nè ricevuti dal contribuente e costituenti il presupposto dell’atto impositivo;

ritenuto che anche il terzo motivo di impugnazione è fondato in quanto, tale motivo era stato già sollevato sia nelle controdeduzioni relative al ricorso della parte contribuente davanti alla CTP che nel ricorso in appello davanti alla CTR e ‘secondo questa Corte:

in tema di ICI, nel caso in cui, in relazione agli impianti e agli immobili serventi rispetto ad una centrale di produzione idroelettrica, non risulti proposta alcuna rendita catastale, il criterio utilizzabile per determinare la base imponibile è quello fondato sul valore di bilancio, ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 3, e, solo in subordine, nel caso di omessa produzione della documentazione contabile richiesta dall’amministrazione comunale, il valore deve essere determinato con riferimento alla rendita di fabbricati similari già iscritti in catasto, ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 4, abrogato dalla legge finanziaria L. n. 296 del 2006 (Cass. n. 10125 del 2019);

considerato che la sentenza della CTR non risponde esplicitamente a tale doglianza già sollevata in appello dall’Agenzia delle entrate e d’altra parte dalla complessiva motivazione – estremamente coincisa – e dalla lacunosa descrizione dei fatti della sentenza effettivamente non si evince se la base imponibile dell’imposta presa in considerazione dalla CTR sia quella indicata dalla società contribuente col ricorso avverso l’avviso di accertamento oppure quella risultante dalle scritture contabili e se l’eventuale indicazione contenuta in quest’ultime fosse dettata dall’obbedienza a determinati criteri giuridici o fosse stata artificiosamente ridotta;

ritenuto in definitiva, e con riferimento ai motivi di impugnazione considerati nel loro complesso, che la motivazione della CTR, pur raggiungendo (sia pure appena) la soglia del minimo costituzionale, non dà una adeguata ed esaustiva spiegazione dei motivi per i quali non ha ritenuto adeguata la motivazione dell’atto oggetto di impugnazione, cosicchè non si riesce a comprendere se la CTR abbia o meno fatto un uso corretto dei suddetti principi di diritto di cui neppure fa menzione;

ritenuto pertanto infondato il primo motivo di impugnazione e fondati il secondo e il terzo, il ricorso del comune di Villasimius va accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Sardegna, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

PQM

La Corte, ritenuto infondato il primo motivo di impugnazione e fondati il secondo e il terzo, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Sardegna, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 28 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 novembre 2020

 

 

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