Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25708 del 13/11/2020

Cassazione civile sez. VI, 13/11/2020, (ud. 28/10/2020, dep. 13/11/2020), n.25708

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20829-2019 proposto da:

ASSOCIAZIONE SOCIO CULTURALE DI TRIESTE PANTA RHEI, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA VITTORIO EMANUELE II 18, presso lo STUDIO LEGALE GREZ E

ASSOCIATI SRL, rappresentata e difesa dall’avvocato SGOBBA GIACOMO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 40/3/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del FRIULI VENEZIA GIULIA, depositata il 26/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 28/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. DELLI

PRISCOLI LORENZO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

la parte contribuente, una associazione culturale, ricorreva avverso un avviso di accertamento relativo ad IRES, IVA e IRAP per l’anno di imposta 2012 con il quale si riteneva la contribuente decaduta dal regime di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 148, comma 3, stante la natura commerciale dell’attività esercitata e la mancanza di partecipazione e democraticità propri di una associazione;

la Commissione Tributaria Provinciale respingeva il ricorso dell’associazione culturale e la Commissione Tributaria Regionale ne respingeva altresì l’appello, ritenendo che l’associazione culturale in questione sia priva dei requisiti di partecipazione e democraticità perchè quanto al primo aspetto solo i soci in regola con i versamenti hanno il diritto di partecipare alle assemblee con diritto di voto mentre quanto al secondo aspetto solo il 3,18% dei soci partecipa alle assemblee e il Presidente negli anni è sempre stata la stessa persona, le cui decisioni sono assunte senza previo consenso del consiglio direttivo o dell’assemblea; inoltre l’associazione svolgeva la funzione di collettore di clientela per una agenzia di viaggi di cui erano soci il suddetto Presidente dell’associazione e la coniuge (socia anche dell’associazione e facente parte del consiglio direttivo di quest’ultima), in quanto l’attività dell’associazione consisteva nel pubblicizzare i viaggi venduti dall’Agenzia di viaggi e nel porsi quale intermediario tra i servizi commercializzati dall’Agenzia di viaggi e gli utenti finali (i soci dell’associazione o i terzi che all’associazione si rivolgevano: è vero che non venivano effettuati ricarichi per l’attività di intermediazione rispetto ai prezzi dell’Agenzia di viaggi, ma è altrettanto vero che di tale attività di intermediazione e di pubblicizzazione di viaggi si avvantaggiavano i due soci dell’Agenzia cui si faceva riferimento sopra);

la parte contribuente proponeva ricorso affidato ad un motivo di impugnazione e in prossimità dell’udienza depositava memoria insistendo per l’accoglimento del ricorso, mentre l’Agenzia delle entrate si costituiva con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che con l’unico motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la parte contribuente denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 148, comma 8, e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 4, comma 7, in quanto i soci morosi subiscono solo una limitazione del diritto di voto in ragione dell’inadempimento al pagamento della quota e la scarsa partecipazione dei soci all’assemblea non può costituire di per sè prova della scarsa democraticità dell’associazione; inoltre il fatto che gli associati abbiano ratificato le scelte del consiglio direttivo e non quelle del Presidente non può determinare un deficit di democraticità; infine l’associazione non svolge attività di intermediazione nella vendita di viaggi, che vengono acquistati dai soci direttamente dall’Agenzia di viaggio;

considerato che secondo questa Corte:

in tema di agevolazioni tributarie, chi vuole fare valere una forma di esenzione o di agevolazione qualsiasi deve provare, quando sul punto vi è contestazione, i presupposti che legittimano la richiesta della esenzione o della agevolazione (nel caso di specie, la Cassazione ha cassato la sentenza di merito che aveva onerato l’agenzia delle entrate di provare il mancato rispetto delle regole normative di “democrazia interna” prescritte per il regime fiscale agevolato delle associazioni sportive dilettantistiche: Cass. n. 15544 del 2020; 31247 del 2019; n. 23228 del 2017);

l’esenzione contributiva prevista in favore delle associazioni sportive dilettantistiche dipende non solo dall’elemento formale della veste giuridica assunta, ma anche dall’effettivo svolgimento di attività senza fine di lucro, il cui onere probatorio incombe sull’interessato (Cass. n. 15325 del 2019; n. 11492 del 2019);

l’onere di provare la sussistenza dei presupposti di fatto che giustificano l’esenzione è sempre a carico del soggetto che la invoca, secondo gli ordinari criteri stabiliti dall’art. 2697 c.c. L’applicazione agli enti associativi del trattamento agevolato in ragione della rilevanza sociale dei fini perseguiti dai medesimi enti, ritenuti dal legislatore meritevoli di particolare tutela, è soggetta alla specifica condizione dell’inserimento, negli atti costitutivi o negli statuti, di clausole dettagliatamente indicate. E, ovviamente, all’accertamento istituzionalmente rimesso al giudice di merito – e di cui egli deve render conto con adeguata e congruente motivazione – che l’attività delle associazioni si svolga poi in concreto nel rispetto delle prescrizioni contenute nelle clausole stesse. Codesti requisiti non sono surrogabili con il concreto accertamento di un osservanza fattuale dei precetti relativi alle modalità di svolgimento dell’attività (Cass. n. 16726 del 2015; n. 15325 del 2019).

La CTR si è attenuta ai suddetti principi laddove ha addossato l’onere della prova del diritto all’esenzione in capo alla parte contribuente e ha preteso da un lato che l’associazione per meritare tale esenzione fosse governata secondo i principi di partecipazione e democraticità (non rinvenuti nella specie in ragione della scarsa partecipazione dei soci alla vita associativa e nella capacità decisionale concentrata di fatto nella figura del Presidente) e dall’altro che non avesse una finalità di lucro (rinvenuta invece nella specie nella coincidenza tra i soci di riferimento dell’Agenzia di viaggio e il Presidente e un membro del consiglio direttivo dell’Associazione, cosicchè dell’attività svolta dall’associazione ne traevano vantaggio economico questi ultimi); il ricorrente d’altro canto nella sostanza non svolge una critica alle motivazioni in diritto svolte dalla CTR ma si limita a contrapporre alla versione in fatto e alla valutazione delle prove della CTR la propria ricostruzione dei fatti e la propria valutazione delle risultanze istruttorie, così finendo per contestarle valutazioni di merito della CTR che, in quanto non manifestamente irragionevoli, non sono suscettibili di ricorso in sede di legittimità (Cass. n. 3340 del 2019).

Il motivo di ricorso contiene dunque in realtà surrettiziamente questioni di fatto o questioni giuridiche che implicano accertamenti di fatto, ed è stato affermato da questa Corte che con il ricorso per cassazione la parte non può rimettere in discussione, proponendo una propria diversa interpretazione, la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie operate dai giudici del merito poichè la revisione degli accertamenti di fatto compiuti da questi ultimi è preclusa in sede di legittimità (Cass. n. 29404 del 2017; Cass. SU n. 34476 del 2019).

Ritenuto pertanto che il motivo di impugnazione è infondato, il ricorso va respinto; la condanna alle spese segue la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 8.500, oltre a spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 28 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 novembre 2020

 

 

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