Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25707 del 13/11/2020

Cassazione civile sez. VI, 13/11/2020, (ud. 28/10/2020, dep. 13/11/2020), n.25707

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15561-2019 proposto da:

COMUNE DI POZZUOLI, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA VITO GIOVANNI GALATI 100/C, presso lo

studio dell’avvocato D’ALISE ANNA, rappresentato e difeso

dall’avvocato IROSO ACHILLE;

– ricorrente –

contro

P.A. P.A. E FIGLI SRL;

– intimata –

avverso la sentenza n. 894/25/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 04/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 28/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. DELLI

PRISCOLI LORENZO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

la parte contribuente proponeva ricorso avverso un avviso di accertamento in rettifica relativo alla TARSU dovuta per il 2014 e la Commissione Tributaria Provinciale respingeva il ricorso della parte contribuente affermando che la pretesa tributaria fatta valere con l’avviso in oggetto scaturirebbe dall’avviso relativo all’annualità precedente sulla scorta del principio secondo cui in mancanza di variazioni denunciate dal contribuente la riscossione deve avvenire in base alle risultanze, compresa la superficie tassabile, del ruolo dell’anno precedente;

la Commissione Tributaria Regionale accoglieva l’appello della parte contribuente affermando che la Commissione Tributaria Provinciale non ha colto il punto decisivo della controversia, ossia il problema della possibilità o meno di applicare retroattivamente l’accertamento della superfici avvenuto nel 2015 (l’avviso di accertamento in questione è relativo all’anno d’imposta 2014): il predetto accertamento non può che produrre effetti per il futuro, non contenendo alcuna motivazione in ordine all’erroneità dell’accertamento precedente effettuato nel 2011;

avverso detta sentenza il comune di Pozzuoli proponeva ricorso per Cassazione, affidato ad un unico motivo di impugnazione, mentre la parte contribuente non si costituiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

con l’unico motivo d’impugnazione, e, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il comune di Pozzuoli denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, artt. 70, 71 e 72 nonchè della L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 646, in quanto il comune di Pozzuoli, conformemente alla normativa citata, ha notificato l’avviso di pagamento TARI relativo all’anno di imposta 2014 sulla base dell’accertamento delle superfici avvenuto nel 2015, nè vi erano state variazioni comunicate dal contribuente;

ritenuto preliminarmente che – considerato che secondo questa Corte proposti appelli diversi relativamente a sentenze differenti, la decisione del giudice del gravame di non procedere alla riunione delle cause non è censurabile in cassazione, sia perchè solo la riunione di più impugnazioni avverso la medesima decisione è obbligatoria, sia perchè il provvedimento, negativo o positivo, sulla riunione ha natura ordinatoria e non decisoria (Cass. n. 23530 del 2017) – quanto all’istanza, presente nel ricorso, di riunione con il procedimento iscritto all’R.G. n. 2245 del 2019, quest’ultimo: si riferisce ad annualità diverse rispetto a quelle dell’avviso di accertamento oggetto del presente procedimento; ricorrente (con due motivi, mentre nell’odierno procedimento è uno solo) è il raggruppamento temporaneo di imprese Equitalia sud ora Agenzia delle entrate e non il comune di Pozzuoli; la relativa sentenza della CTR è stata decisa da giudici diversi e con motivazioni diverse. Non si ravvisa pertanto la necessità di procedere alla riunione con il presente procedimento;

ritenuto che il motivo è inammissibile in quanto da un lato sostanzialmente riproduce le motivazioni della CTP e dall’altro non affronta criticamente le motivazioni della CTR, di fatto contrapponendo alla versione in fatto e in diritto offerta dalla CTR (ossia l’avviso di accertamento relativo all’anno d’imposta del 2014 si basa su un accertamento delle superfici avvenuto nel 2015 e il predetto accertamento non può che produrre effetti per il futuro, non contenendo alcuna motivazione in ordine all’erroneità dell’accertamento precedente, effettuato nel 2011) quella offerta della CTP e non contestando l’interpretazione delle norme della CTR (secondo cui un accertamento delle superficie non può costituire il fondamento per un avviso di accertamento relativo ad anni di imposta precedenti rispetto all’accertamento stesso) ma citando e contestando la falsa applicazione di norme in realtà nè citate nè applicate dalla CTR in quanto disciplinanti la diversa fattispecie concreta rappresentata nel ricorso in Cassazione, ricostruzione proposta dalla CTP ma smentita dalla CTR.

Il motivo di ricorso contiene dunque questioni di fatto o questioni giuridiche che implicano accertamenti di fatto, ed è stato affermato da questa Corte che con il ricorso per cassazione la parte non può rimettere in discussione, proponendo una propria diversa interpretazione, la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie operate dai giudici del merito poichè la revisione degli accertamenti di fatto compiuti da questi ultimi è preclusa in sede di legittimità (Cass. n. 29404 del 2017; Cass. SU n. 34476 del 2019).

Deve inoltre considerarsi che ove una determinata questione giuridica che implichi un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga detta questione in sede di legittimità ha l’onere, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegarne l’avvenuta deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente vi abbia provveduto, onde dare modo alla Corte di cassazione di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione prima di esaminare nel merito la questione stessa (Cass. n. 2038 del 2019).

Peraltro, in tema di valutazione delle prove, il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli artt. 115 e 116 c.p.c., opera interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità (Cass. 12 ottobre 2017, n. 23940; Cass. 17 gennaio 2019, n. 1229); che, in tema di ricorso per cassazione, il ricorrente che proponga una determinata questione giuridica – che implichi accertamenti di fatto – ha l’onere, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione o di una determinata circostanza dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto ed in quale sede e modo la circostanza sia stata provata o ritenuta pacifica, onde dar modo alla Corte di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione (Cass. 24 gennaio 2019, n. 2038; Cass. 21 novembre 2017, n. 27568); del resto nel giudizio di cassazione non si possono prospettare nuove questioni di diritto ovvero nuovi temi di contestazione che implichino indagini ed accertamenti di fatto non effettuati dal giudice di merito, nemmeno se si tratti di questioni rilevabili d’ufficio (Cass. 25 ottobre 2017, n. 25319).

Deve altresì aggiungersi che il ricorrente lamenta la violazione di una serie di norme di cui non si fa menzione nella sentenza impugnata, ed è inammissibile la doglianza mediante la quale gli argomenti addotti dal ricorrente, per difetto, come nel caso di specie, di chiarezza e specificità, non consentano di individuare le norme e i principi di diritto asseritamente trasgrediti, precludendo la delimitazione delle questioni sollevate (Cass. 20 settembre 2017, n. 21819), dato che il vizio della sentenza previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, dev’essere dedotto, a pena d’inammissibilità del motivo giusta la disposizione dell’art. 366 c.p.c., n. 4, non solo con l’indicazione delle norme che si assumono violate ma anche, e soprattutto, mediante specifiche argomentazioni intellegibili ed esaurienti, intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornite dalla giurisprudenza di legittimità, diversamente impedendo alla corte regolatrice di adempiere al suo compito istituzionale di verificare il fondamento della lamentata violazione. Risulta, quindi, formulata in maniera non idonea la deduzione di errori di diritto individuati per mezzo della sola preliminare indicazione delle singole norme che si assumono violate, ma non dimostrati per mezzo di una critica delle soluzioni adottate dal giudice del merito nel risolvere le questioni giuridiche poste dalla controversia, operata mediante specifiche e puntuali contestazioni nell’ambito di una valutazione comparativa con le diverse soluzioni prospettate nel motivo e non attraverso la mera contrapposizione di queste ultime a quelle desumibili dalla motivazione della sentenza impugnata (Cass. 29 novembre 2016, n. 24298).

Ritenuto pertanto che il motivo di impugnazione è inammissibile e che conseguentemente il ricorso va respinto; nulla va statuito in ordine alle spese non essendosi costituita la parte contribuente.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1- bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 28 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 novembre 2020

 

 

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