Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25707 del 01/12/2011

Cassazione civile sez. I, 01/12/2011, (ud. 10/10/2011, dep. 01/12/2011), n.25707

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FELICETTI Francesco – Presidente –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.E., elettivamente domiciliata in Roma, via delle Province

37, presso Stefania Di Ciò, rappresentata e difesa dall’avv. Murino

Giuseppe giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

B.S., elettivamente domiciliato in Roma, via Muzio

Clementi 51, presso l’avv. ITRI Giuseppe, rappresentato e difeso

dall’avv. Crocamo Stefano giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza del Tribunale di Vallo della Lucania n. 276 del

4.4.2007;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10.10.2011 dal Relatore Cons. Dott. Carlo Piccininni;

Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DESTRO Carlo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con distinti atti di citazione notificati in data 1.2.2002 B. S. proponeva opposizione avverso due atti di precetto intimati da C.E., rispettivamente per la somma di L. 21.500.000 (per l’arco di tempo agosto 1999 – dicembre 2000 ) e di L. 10.800.000 (per il periodo successivo), importi asseritamente dovuti in adempimento di quanto stabilito dal Tribunale di Vallo della Lucania in data (OMISSIS), con decreto di omologazione della separazione personale dei coniugi, ma che l’attore riteneva a torto azionati assumendo di essere debitore, per il primo, della minor somma di L. 4.000.000, e di aver corrisposto, per il secondo, la maggior somma di L. 4.200.000. Il Tribunale di Vallo della Lucania adito, riuniti i procedimenti, accoglieva l’opposizione dichiarando la nullità degli atti di precetto, in ragione delle seguenti considerazioni: in data 8.5.1998 il tribunale aveva determinato in L. 1.500.000 la somma che B. avrebbe dovuto corrispondere per il mantenimento dei figli; con successivo decreto del 17.10.2001 l’importo dovuto era stato ridotto a L. 400.000; gli effetti della revisione dell’assegno di mantenimento decorrerebbero dalla relativa domanda, e pertanto nel caso di specie dal febbraio 2001; la C., in virtù del suo lavoro dipendente, avrebbe beneficiato degli assegni familiari spettanti al coniuge, da imputare sulla somma dovuta a titolo di contributo; tenuto conto di quanto sopra e delle somme nel concreto erogate dal B., nulla sarebbe da lui ancora dovuto.

Avverso la decisione C.E. proponeva ricorso per cassazione affidato a tre motivi, cui resisteva l’intimato con controricorso, successivamente illustrato da memoria.

La controversia veniva quindi decisa all’esito dell’udienza pubblica del 10.10.2011.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con i motivi di impugnazione C.E. ha rispettivamente denunciato:

1) violazione dell’art. 710 c.p.c. e vizio di motivazione, con riferimento all’affermata retroattività del provvedimento di modifica dell’assegno di mantenimento, affermazione che contrasterebbe con la giurisprudenza di questa Corte;

2) violazione della L. n. 151 del 1975, art. 121, art. 143, 156 c.c. e vizio di motivazione, per l’avvenuta imputazione delle somme percepite a titolo di assegni familiari a quelle che il B. avrebbe dovuto corrispondere a titolo di assegno e di contributo per il mantenimento dei figli;

3) violazione dell’art. 116 c.p.c. e vizio di motivazione, in relazione alla quantificazione dell’assegno mensile di mantenimento, indicato nella somma di L. 400.000, mentre dalla lettura del decreto del tribunale emergerebbe che il relativo importo sarebbe stato stabilito nella misura di L. 1.000.000.

Osserva il Collegio che è infondato il primo motivo di impugnazione atteso che, come questa Corte ha già avuto modo di precisare, l’assegno di mantenimento fissato in favore del coniuge in sede di separazione (così come la sua successiva revisione) decorre dalla data della relativa domanda, in applicazione del generale principio secondo il quale un diritto non può rimanere pregiudicato dal tempo necessario a farlo valere in giudizio (C. 09/11913, C. 08/28, C. 07/24932, C. 04/19102, C. 04/13507).

E’ viceversa fondato il secondo motivo di ricorso. In proposito occorre innanzitutto precisare che è priva di pregio l’eccezione di inammissibilità della censura sollevata dal B. sotto il profilo della sua novità (la compensazione da lui dedotta tra il credito intimato e le somme percepite a titolo di assegni familiari non sarebbe stata infatti mai contestata), e ciò per la duplice ragione che la deduzione della ricorrente è conseguente alla decisione del tribunale e che non di eccezione si tratta, ma di argomentazione prospettata al fine della corretta determinazione dell’importo dovuto dal preteso debitore. Quanto al merito, la doglianza della C. è incentrata sulla parte della statuizione in cui l’importo degli assegni familiari erogati al B. è stata imputata alla somma da lui dovuta a titolo di assegno di mantenimento, senza che fosse operata alcuna distinzione fra quelli riferibili al coniuge (erogati al beneficiario quale provvista per l’adempimento degli obblighi su lui gravante nei confronti di quest’ultimo) e quelli viceversa da corrispondere in favore dei figli (che sarebbero stati immediatamente attribuibili al coniuge affidatario, sì da determinare un’automatica traslazione della posizione attiva del rapporto previdenziale). Al riguardo va rilevato che originariamente gli assegni familiari (previsti per la prima volta dal R.D.L. 21 agosto 1936, n. 1632) consistevano in un’attribuzione di importo fisso per ogni familiare a carico, attribuzione poi sostituita da quella in favore del nucleo familiare inteso nella sua unitarietà, per effetto del D.L. 13 marzo 1988, n. 69, convertito in L. 13 maggio 1988, n. 153. Prima della predisposizione di tale ultimo provvedimento erano state inoltre emanate due norme per regolare la situazione di conflitto fra coniugi separati e favorire il coniuge affidatario dei figli, vale a dire la L. n. 151 del 1975, art. 211 e la L. n. 903 del 1977, art. 9 che sostanzialmente sancivano il diritto dell’affidatario a percepire gli assegni familiari per i figli, indipendentemente da chi fosse titolare del rapporto posto a base della relativa erogazione.

Dette disposizioni, sulla base delle quali si era venuta a determinare una scissione fra titolarità del diritto alla corresponsione del trattamento di famiglia e diritto alla percezione dello stesso, nonchè una regolamentazione delle situazioni di conflitto fra coniugi separati aventi entrambi diritto alla corresponsione, sono rimaste in vigore, e ciò dunque comporta, venendo al caso di specie, che il coniuge affidatario dei figli minorenni ha diritto, ai sensi del citato articolo, di percepire direttamente gli assegni corrisposti a beneficio del nucleo familiare.

Quanto alla distinzione operata nell’ambito degli assegni familiari, fra quelli percepiti per il coniuge separato e quelli viceversa spettanti per i figli, la stessa è superata dal fatto che, come sopra precisato, le attribuzioni riconducibili all’istituto degli assegni familiari, non più esistente, sono state sostituite da quelle in favore del nucleo familiare.

E’ analogamente fondato il terzo motivo di ricorso, in cui il fatto controverso è indicato nell’assoluta assenza di motivazione in ordine alla disposta riduzione dell’assegno di mantenimento da L. 1.500.000 mensili a L. 400.000.

In effetti la detta statuizione, sulla cui base si è venuta a determinare una riduzione dell’assegno in questione di particolare consistenza ed un ridimensionamento della contribuzione al mantenimento (di tre figli) estremamente significativo, è del tutto priva di motivazione, circostanza che non consente di verificare la correttezza del percorso logico seguito dal giudice del merito nell’assumere la contestata determinazione in esame, e che impone, dunque, una nuova delibazione al riguardo.

Conclusivamente il ricorso va accolto nei termini indicati, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio al Tribunale di Vallo della Lucania in persona di altro magistrato, perchè decida sull’opposizione a precetto previo motivato accertamento dell’importo dovuto da B.S. a C.E. a titolo di assegno di mantenimento per i figli.

Il giudice del rinvio provvederà infine anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il secondo ed il terzo motivo di ricorso, rigetta il primo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia al Tribunale di Vallo della Lucania in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 10 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 1 dicembre 2011

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