Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25703 del 14/12/2016
Cassazione civile, sez. trib., 14/12/2016, (ud. 22/11/2016, dep.14/12/2016), n. 25703
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –
Dott. MARULLI Marco – Consigliere –
Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –
Dott. GUARDIANO Alfredo – Consigliere –
Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 26532-2011 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
P.R.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 196/2010 della COMM. TRIB. REG. di POTENZA,
depositata l’08/09/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
22/11/2016 dal Consigliere Dott. TRICOMI LAURA;
udito per il ricorrente l’Avvocato MADDALO che si riporta agli atti;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE
MASELLIS MARIELLA che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
Con ricorso per cassazione fondato su un motivo l’Agenzia delle entrate impugna la sentenza n. 196/01/10 della Commissione Tributaria Regionale della Basilicata, depositata l’08.09.2010 e non notificata, con la quale, rigettando l’appello dell’Ufficio, è stata confermata l’illegittimità della cartella di pagamento n. (OMISSIS) per IVA ed IRAP emessa nei confronti di P.R.. Il giudice di appello ha ritenuto che la definizione ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 9 bis, era valida ed efficace, e che il tardivo versamento dell’ultima rata non aveva determinato l’inefficacia del condono. L’intimato non ha svolto difese.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.1. Il Collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della motivazione in forma semplificata.
2.1. L’unico motivo, concernente la violazione della L. n. 289 del 2002, art. 9 bis (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) sulla considerazione che il contribuente non aveva provveduto al versamento di tutte le rate dovute, di guisa che il condono non poteva ritenersi perfezionato, è fondato e va accolto.
2.2. Al riguardo si richiama la consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo la quale, nel caso di omesso o non integrale pagamento, l’istanza di definizione diviene inefficace e si verifica la perdita della possibilità di avvalersi della definizione anticipata (cfr. ex multis Cass. nn. 19546/2011, 21346/2012, 10650/2013, 25238/2013, 379/2016).
2.3. A ciò va aggiunto, in modo tranciante, con riguardo all’IVA ricompresa nella specifica controversia, che questa Corte ha più volte affermato, in tema di condono fiscale, che le misure clemenziali (come quelle di cui alla citata L. n. 289 del 2002, art. 9 – bis) o premiali (come quelle di cui agli artt. 7 ed 8 della medesima legge) comportanti una rinuncia definitiva dell’Amministrazione alla riscossione di un credito già accertato sono idonee a pregiudicare seriamente il funzionamento del sistema comune dell’IVA, incidendo sulla corretta riscossione di quanto dovuto, e, pertanto, contrastano con la 6 direttiva n. 77/388/CEE del Consiglio del 17 maggio 1977, così come interpretata dalla sentenza della Corte di Giustizia CE 17 luglio 2008, in causa C-132/06.
Va perciò disapplicato, con riferimento all’IVA, il citato della L. n. 289 del 2002, art. 9 – bis (cfr. Cass. n. 19546 del 2011; n. 8110 e n. 13505 del 2012; n. 20435 del 2014; n. 420, n. 1003, n. 5953, n. 6667, n. 7852, n. 19436 e n. 20064 del 2015).
2.4. In conclusione, nel caso in esame è incontestato il mancato versamento di tutte le rate: ne discende che la sentenza va cassata e, poichè non sono necessarie ulteriori valutazioni, la causa può essere decisa nel merito con il rigetto dell’originario ricorso. Le spese di giudizio della fase di legittimità seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo; le spese di giudizio delle fasi di merito si compensano.
PQM
La Corte di cassazione, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso;
condanna l’intimato alla refusione delle spese del giudizio di legittimità, che liquida nel compenso di 1.600,00=, oltre spese prenotate a debito, e compensa le spese di giudizio per le fasi di merito.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 22 novembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 14 dicembre 2016