Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25702 del 15/10/2018

Cassazione civile sez. II, 15/10/2018, (ud. 20/07/2018, dep. 15/10/2018), n.25702

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIUSTI Alberto – Presidente –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3468/2015 proposto da:

G.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SISTINA n.

42, presso lo studio dell’avvocato MICHELE VENTURIELLO,

rappresentato e difeso dall’avvocato MARCO TREGGI;

– ricorrente –

contro

G.P., e GA.RO., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA XX SETTEMBRE n. 3, presso lo studio dell’avvocato BRUNO NICOLA

SASSANI, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato

GIANFELICE CESARETTI;

– controricorrenti –

avverso l’ordinanza della CORTE D’APPELLO di FIRENZE depositata il

05/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

20/07/2018 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione ritualmente notificato G.P. e Ga.Ro. evocavano in giudizio innanzi il Tribunale di Lucca G.R. per sentirlo condannare ad eseguire alcune opere finalizzate al ripristino di una fossetta di scolo delle acque posta a confine tra i terreni delle parti e delle originarie quote dei fondi. Si costituiva il convenuto contestando l’esistenza della fossetta e invocando il rigetto della domanda.

Il Tribunale accoglieva parzialmente la domanda.

G.R. interponeva appello avverso detta decisione e gli originari attori spiegavano appello incidentale per la parte della loro domanda non accolta in prime cure.

La Corte di Appello di Firenze, con l’ordinanza oggi impugnata, dichiarava inammissibili entrambe le impugnazioni, principale ed incidentale.

Propone ricorso per la cassazione di detta decisione G.R. affidandosi a tre motivi.

Resistono con controricorso G.P. e Ga.Ro..

Il P.G. ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Nessuna delle parti ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione ed errata applicazione dell’art. 2967 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c., sotto il profilo dell’error in iudicando, perchè la Corte di Appello, pur confermando la tardività della domanda di rimozione delle opere in muratura erette dal ricorrente, proposta dai controricorrenti soltanto in fase di precisazione delle conclusioni, ha ordinato “di procedere alla rimozione di qualsivoglia opera che si trovi in quello che era l’originario alveo della fossetta” e quindi anche del muro di cinta oggetto dell’appello incidentale. Ad avviso del ricorrente, in tal modo la Corte territoriale avrebbe operato una interpretazione estensiva della sentenza di prime cure, aggiungendo un precetto -appunto costituito dall’ordine di rimozione del muro di cinta – che non era contenuto nel dictum della sentenza appellata.

Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, in quanto la Corte territoriale non avrebbe correttamente valutato le risultanze delle prove testimoniali e della CTU esperite in prime cure, in particolare sul punto della decisione relativo alla ricostruzione del percorso della fossetta di scolo.

Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta l’omesso esame su un fatto decisivo per il giudizio in materia di spese, perchè la Corte fiorentina avrebbe errato nell’affermare che la contestazione dell’appello incidentale svolto dagli originari ricorrenti (dichiarato esso pure inammissibile in quanto privo di possibilità di accoglimento) non avrebbe comportato dispendio di attività processuale per l’appellante principale, ed avrebbe quindi erroneamente condannato il ricorrente alle spese del grado.

Il ricorso è inammissibile.

Innanzitutto, l’ordinanza della Corte di Appello risulta comunicata alle parti in data 5 giugno 2014 ed il ricorso è stato notificato il 20.1.2015, ben oltre il termine di sessanta giorni previsto dall’art. 348 c.p.c., comma 3. Sul punto, è opportuno ribadire che il rispetto di detto termine è ritenuto necessario non soltanto in caso di impugnazione per cassazione della sentenza di primo grado, ma anche nell’ipotesi in cui il ricorso si diriga avverso il provvedimento di inammissibilità del gravame, nei casi in cui ciò sia consentito (cfr. Cass. Sez. 6-2, Ordinanza n. 3067 del 06/02/2017, Rv. 642574; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 20662 del 13/10/2016, non massimata; Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 29595 del 30/08/2017, non massimata).

In secondo luogo, il ricorso è inammissibile perchè esso si dirige non già contro la sentenza di prime cure, bensì avverso l’ordinanza di inammissibilità pronunciata dalla Corte di Appello ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c., ma non si riferisce a vizi autonomi, di carattere processuale, di quest’ultimo provvedimento. In argomento, va ribadito il principio secondo cui “L’ordinanza di inammissibilità dell’appello resa ex art. 348 ter c.p.c., è ricorribile per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7, limitatamente ai vizi suoi propri costituenti violazioni della legge processuale (quali, per mero esempio, l’inosservanza delle specifiche previsioni di cui all’art. 348 bis c.p.c., comma 2 e art. 348 ter c.p.c., comma 1, primo periodo e comma 2, primo periodo), purchè compatibili con la logica e la struttura del giudizio ad essa sotteso” (Cass. Sez. U, Sentenza n. 1914 del 02/02/2016, Rv. 638368; coni. Cass. Sez. 6-1, Ordinanza n. 14312 del 05/06/2018, Rv. 649145).

In definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile e le spese del grado, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

Poichè il ricorso per cassazione è stato proposto dopo il 30 gennaio 2013 ed è dichiarato inammissibile, si ravvisano le condizioni per dare atto, ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che ha aggiunto del Testo Unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente grado, che liquida in Euro 3.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre rimborso spese generali nella misura del 15%, iva e cassa avvocati come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 20 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2018

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