Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25702 del 13/11/2020

Cassazione civile sez. VI, 13/11/2020, (ud. 28/10/2020, dep. 13/11/2020), n.25702

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16615-2019 proposto da:

CESAF SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA D’OTTAVIANO 91, presso lo

studio dell’avvocato D’OTTAVIO GABRIELE, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato D’OTTAVIO RAFFAELE;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 3997/6/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CALABRIA SEZIONE DISTACCATA di REGGIO CALABRIA,

depositata i1 26/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 28/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CAPRIOLI

MAURA.

 

Fatto

Ritenuto che

La CTR della Calabria,sez distaccata di Reggio Calabria, accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della CTP di Reggio Calabria con cui era stato accolto il ricorso della società Cesaf s.r.l. relativo all’impugnativa di nr (OMISSIS) intimazioni di pagamento, Ires, Irap ed Iva per pretesa nullità delle stesse e per omessa notifica delle cartelle.

Rilevava infatti la ritualità della notifica delle cartelle attestata dalla documentazione prodotta dall’Agente della riscossione e dalla sussistenza agli atti delle ricevute delle raccomandate recanti la data e la sottoscrizione del soggetto che aveva ricevuto le cartelle.

Avverso tale decisione la società Cesaf propone ricorso per cassazione affidato a due motivi illustrato da memorie.

L’amministrazione finanziaria si è costituita solo formalmente.

Diritto

Considerato che:

Con il primo motivo la società ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 31 e del diritto di difesa per non essere stati garantiti al contribuente i 30 giorni liberi dalla data del disposto rinvio all’udienza di trattazione.

Lamenta che nel caso in esame all’udienza camerale fissata per il giorno 21.11.2018 il Presidente della CTR aveva rinviato la causa al 26.11.2018 per l’incompatibilità di un componente del Collegio della sentenza appellata senza rispettare il termine di rito con ciò incorrendo nella nullità fissata dalla legge. Il motivo è infondato.

La L. n. 546 del 1992, art. 31, comma 2 della stabilisce testualmente che “La segreteria dà comunicazione alle parti costituite della data di trattazione almeno trenta giorni liberi prima.

2. Uguale avviso deve essere dato quando la trattazione sia stata rinviata dal presidente in caso di giustificato impedimento del relatore, che non possa essere sostituito, o di alcuna delle parti o per esigenze del servizio.”.

Nel caso di rinvio dell’udienza l’unico onere che deve essere osservato è solo la comunicazione della data di trattazione ma non anche il rispetto del termine di 30 giorni previsto unicamente della prima udienza in considerazione della funzione di garanzia del diritto di difesa e del principio del contraddittorio,

Nel caso di specie il rinvio debitamente comunicato era stato disposto per una incompatibilità del consigliere relatore e come tale non richiedeva la concessione del termine di 30 giorni.

Occorre poi considerare che la denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme processuali non tutela l’interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione (fra le tante da ultimo Cass. 26 settembre 2017, n. 22341; Cass. 5098/2020). La ricorrente ha omesso di indicare lo specifico pregiudizio al diritto di difesa che sarebbe derivato dall’asserita violazione della norma processuale.

Con il secondo motivo denuncia la nullità della sentenza sub specie motivazione apparente sotto il profilo della violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4 nonchè dell’art. 111 Cost. in relazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Lamenta che la CTR avrebbe rilevato la regolarità delle cartelle solo perchè esistono alcuni avvisi di ricevimento che risultano firmati dal soggetto che li ha ricevuti e recano in alto un numero di cartella senza fornire alcuna indicazione della valenza probatoria della documentazione acquisita agli atti del giudizio in violazione dell’art. 111 Cost., comma 6.

Il motivo è infondato.

La nullità ricorre allorquando il giudice, in violazione di un preciso obbligo di legge, costituzionalmente imposto (art. 111 Cost., comma 6), e cioè dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 (in materia di processo civile ordinario) e del D.Lgs. n. 546 del 1992, omologo art. 36, comma 2, n. 4 (in materia di processo tributario), omette di esporre concisamente i motivi in fatto e diritto della decisione, di specificare o illustrare le ragioni e l’iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta, e cioè di chiarire su quali prove ha fondato il proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni è pervenuto alla propria determinazione, in tal modo consentendo anche di verificare se abbia effettivamente giudicato iuxta alligata et probata; l’obbligo del giudice “di specificare le ragioni del suo convincimento”, quale “elemento essenziale di ogni decisione di carattere giurisdizionale” è affermazione che ha origine lontane nella giurisprudenza di questa Corte e precisamente alla sentenza delle sezioni unite n. 1093 del 1947, in cui la Corte precisò che “l’omissione di qualsiasi motivazione in fatto e in diritto costituisce una violazione di legge di particolare gravità” e che “le decisioni di carattere giurisdizionale senza motivazione alcuna sono da considerarsi come non esistenti” (in termini, Cass. n. 2876 del 2017; v. anche Cass., Sez. U., n. 16599 e n. 22232 del 2016 e n. 7667 del 2017 nonchè la giurisprudenza ivi richiamata).

Alla stregua di tali principi consegue che la sanzione di nullità colpisce non solo le sentenze che siano del tutto prive di motivazione dal punto di vista grafico (che sembra potersi ritenere mera ipotesi di scuola) o quelle che presentano un “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e che presentano una “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (cfr. Cass. S.U. n. 8053 del 2014; conf. Cass. n. 21257 del 2014), ma anche quelle che contengono una motivazione meramente apparente, del tutto equiparabile alla prima più grave forma di vizio, perchè dietro la parvenza di una giustificazione della decisione assunta, la motivazione addotta dal giudice è tale da non consentire “di comprendere le ragioni e, quindi, le basi della sua genesi e l’iter logico seguito per pervenire da essi al risultato enunciato” (cfr. Cass. n. 4448 del 2014), venendo quindi meno alla finalità sua propria, che è quella di esternare un “ragionamento che, partendo da determinate premesse pervenga con un certo procedimento enunciativo”, logico e consequenziale, “a spiegare il risultato cui si perviene sulla res decidendi” (Cass. cit.; v. anche Cass., Sez. un., n. 22232 del 2016 e la giurisprudenza ivi richiamata).

Deve quindi ribadirsi il principio più volte affermato da questa Corte secondo cui la motivazione è solo apparente – e la sentenza è nulla perchè affetta da error in procedendo – quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass., Sez. U, Sentenza n. 22232 del 2016, Rv. 641526-01; conf. Cass., Sez. 6-5, Ordinanza n. 14927 del 2017).

. Va altresì ricordato che “La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione” (Cass., Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830; 2017 nr 13977)).

La motivazione della sentenza impugnata non rientra paradigmaticamente nelle gravi anomalie argomentative individuate in detti arresti giurisprudenziali non ponendosi sicuramente al di sotto del “minimo costituzionale”.

La sentenza ha ritenuto che la notifica delle cartelle fosse stata rituale alla luce della documentazione prodotta ed in particolare delle ricevute contenenti la data e la sottoscrizione del ricevente evidenziando che dette ricevute non è necessario siano allegate alle cartelle.

Ha altresì affermato che la notificazione della cartella di pagamento rappresenta una condizione di efficacia e non un elemento costitutivo dell’atto amministrativo di imposizione tributaria sicchè il vizio di nullità o di inesistente è irrilevante ove l’atto abbia raggiunto il suo scopo.

Il ricorso va rigettato.

Nessuna determinazione in punto spese stante il mancato svolgimento da parte della controricorrente di attività difensiva.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 28 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 novembre 2020

 

 

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