Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25702 del 11/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 11/10/2019, (ud. 02/07/2019, dep. 11/10/2019), n.25702

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – rel. Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7400-2018 proposto da:

S.L., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso

la CANCELLERLA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato CATTELAN BARBARA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATI:R:1 GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1928/2017 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 04/09/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 02/07/2019 dal Presidente Relatore Dott. GENOVESE

FRANCESCO ANTONIO.

Fatto

FATTI DI CAUSA e RAGIONI DELLA DECISIONE

La Corte d’appello di Torino ha confermato la decisione adottata dal Tribunale di quella stessa città che ha respinto il ricorso proposto dal sig. S.L., cittadino del Gambia, avverso il provvedimento negativo del Ministero dell’Interno Commissione territoriale di Torino che, a sua volta, aveva respinto le richieste di protezione internazionale e quella di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, tutele invocate sulla base di una vicenda personale secondo la quale, poichè maltrattati in patria da uno zio violento ed autoritario, si era rifugiato in Libia – assieme ad alcuni parenti – presso altro zio che era successivamente defunto e da dove, dopo qualche anno di ulteriori peregrinazioni e sofferenze, si era imbarcato per l’Italia.

Secondo il giudice del gravame, andavano respinte le richieste del ricorrente di riconoscimento della protezione umanitaria atteso che, quella narrata, non era sussumibile nell’ambito del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, trattandosi di una vicenda privata priva dei connotati della gravità richiesta dalla previsione di legge, peraltro, essendo irrilevante la condizione attuale della Libia e ben positiva quella dello Stato di provenienza (il Gambia), nel quale si erano registrati mutamenti apprezzabili, e senza che avesse rilievo la narrazione dell’esistenza di un ulteriore cugino minorenne ritrovato in Libia e con lui sbarcato in Italia.

Avverso tale provvedimento ricorre il sig. S.L., con due mezzi, con i quali lamenta plurime violazioni di legge: a) D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, e TU di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6; b) D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3.

Il Ministero ha resistito con controricorso.

Il Collegio condivide la proposta di definizione della controversia notificata alle parti costituite nel presente procedimento, alla quale non sono state mosse osservazioni critiche.

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Le doglianze, a parte i profili di difetto di specificità, con particolare riferimento alle ragioni poste a base dell’originaria richiesta di protezione umanitaria, sia davanti al Tribunale che alla Corte d’appello, sia pure sotto le apparenze delle censure di violazione di legge, tendono ad una inammissibile richiesta di riesame delle risultanze e alla rivalutazione degli elementi emersi nel corso della fase di merito (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 2014).

Infatti, la motivazione adottata dalla Corte territoriale ha escluso ogni forma di protezione per il richiedente asilo, sulla base della natura privatistica della vicenda da lui narrata e sulla irrilevanza del temporaneo (anche se prolungato) permanere in terra libica, non rilevando in tali circostanze alcuna ragione anche solo per l’affermazione del suo diritto ad una forma di protezione umanitaria.

Del resto, questa Corte (Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 2861 del 2018) ha già affermato – sia pure a proposito della protezione internazionale – il principio di diritto secondo cui “l’allegazione da parte del richiedente che in un Paese di transito (nella specie la Libia) si consumi un’ampia violazione dei diritti umani, (…) costituisce circostanza irrilevante ai fini della decisione, ma tale profilo può essere valutato solo ai fini della ricostruzione della vicenda individuale e, di conseguenza della credibilità del dichiarante”.

Nella specie, invece, con giudizio che non può formare oggetto di sindacato in questa sede, la Corte territoriale, sia per la condizione narrata con riguardo allo Stato di provenienza (il Gambia, ritenuto avanzare in una condizione di progresso), sia per quella del Paese di transito (la Libia, considerato estraneo agli interessi del narrante, anche in ragione dell’affermazione della morte del parente ospitante), ha concluso per una valutazione d’insussistenza delle ragioni di protezione umanitaria, conclusivamente ed unicamente richieste dall’odierno ricorrente.

Alla inammissibilità del ricorso non segue l’affermazione dei presupposti per il raddoppio del contributo unificato, avendo il ricorrente conseguito l’ammissione al PASS, ma solo le spese di lite, in presenza di attività difensiva della PA intimata, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte,

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida, in favore del Ministero resistente nella misura di Euro 2.100,00, oltre SPAD e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6-1a sezione civile, il 2 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 ottobre 2019

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