Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25701 del 11/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 11/10/2019, (ud. 02/07/2019, dep. 11/10/2019), n.25701

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – rel. Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6841-2018 proposto da:

T.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso

la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato ALESSANDRINI PAOLO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DIA PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

contro

COMMISSIONE TERRITORIALE per il RICONOSCIMENTO della PROTEZIONE

INTERANAZIONALE di ANCONA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1070/2017 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 12/07/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 02/07/2019 dal Presidente Relatore Dott. GENOVESE

FRANCESCO ANTONIO.

Fatto

FATTI DI CAUSA e RAGIONI DELLA DECISIONE

La Corte d’appello di Ancona ha confermato la decisione adottata dal Tribunale di quella stessa città che ha respinto il ricorso proposto dal sig. T.A., cittadino del Burkina Faso, avverso il provvedimento negativo del Ministero dell’Interno – Commissione territoriale di Ancona che, a sua volta, non aveva accolto nè le richieste di protezione internazionale e nè (‘stanza di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, invocati sulla base di una vicenda personale secondo la quale egli, fuggito a causa di scontri interreligiosi e a “sacrifici umani”, con uccisioni, come quella del proprio genitore, era venuto in Italia.

Secondo il giudice del gravame, il racconto del richiedente asilo era generico, lacunoso e poco credibile e, considerata l’assenza dei presupposti necessari (la violenza indiscriminata nel Paese a quo che, anzi dal 2015, sotto la nuova Presidenza, democraticamente eletta, non risultava affatto afflitto da situazioni di conflitto armato e nè preda di anarchia o di caos indiscriminato) per il riconoscimento della protezione internazionale, andavano respinte tutte le richieste formulate, anche quelle di protezione umanitaria, atteso che quanto narrato non era sussumibile nell’ambito del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, trattandosi di una vicenda privata, peraltro poco credibile, non essendo state neppure allegate le ragioni di fragilità, giustificative della richiesta di tutela umanitaria.

Avverso tale provvedimento ricorre il sig. T.A. con due mezzi con l’quali lamenta plurime violazioni di legge: a) D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 27, D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e le Direttive Eurounitarie 2004/83/CE, 2011/95/UE, 2013/32/UE; c) TU n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, e art. 19, comma 1.

Il Ministero ha resistito con controricorso.

Il Collegio condivide la proposta di definizione della controversia notificata alle parti costituite nel presente procedimento, alla quale non state mosse osservazioni critiche con memoria scritta.

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Le doglianze, a parte i profili di difetto di specificità con particolare riferimento alle ragioni poste a base dell’originaria richiesta di protezione umanitaria, sia davanti al Tribunale che alla Corte d’appello, sia pure sotto le apparenze delle censure di violazione di legge, tendono ad una inammissibile richiesta di riesame delle risultanze e alla rivalutazione degli elementi emersi nel corso della fase di merito (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 2014), anche per il tramite di ulteriori attività d’indagine che, invece, nella specie, risultano svolte e sinteticamente – ma efficacemente – resocontate.

Quanto alla richiesta di protezione umanitaria, resta il deficit di allegazioni – non idoneamente censurato con critiche autosufficienti, non riportate in riferimento al doppio grado della fase di merito – a sancirne l’inammissibilità.

Alla inammissibilità del ricorso non segue l’affermazione dei presupposti per il raddoppio del contributo unificato, avendo il ricorrente conseguito l’ammissione al PASS, ma solo il regolamento delle spese di lite, in presenza di attività difensiva della PA intimata, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte:

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento di Euro 2.100,00, oltre spari e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6-1a sezione civile, il 2 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 ottobre 2019

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