Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25700 del 13/11/2020

Cassazione civile sez. VI, 13/11/2020, (ud. 28/10/2020, dep. 13/11/2020), n.25700

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16081-2019 proposto da:

R.G.M., elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO

VITTORIO EMANUELE II 269, presso lo studio dell’avvocato VACCARELLA

ROMANO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

CIARALLI MARCO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 8209/1/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del LAZIO, depositata il 22/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 28/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CAPRIOLI

MAURA.

 

Fatto

Ritenuto che:

La CTR del Lazio rigettava l’appello proposto da R.G.M. avverso la sentenza della CTP di Roma con cui era stato rigettato il ricorso della contribuente relativo all’impugnativa di un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate a seguito della nuova determinazione di classamento e rendita catastale dell’immobile di proprietà della contribuente.

Rilevava che le contestazioni relative alla pretesa carenza di motivazione erano infondate alla luce dell’orientamento della Suprema Corte secondo cui qualora l’attribuzione della rendita catastale avvenga tramite la procedura Docfa ed in base ad una stima diretta eseguita dall’Ufficio tale stima costituisce un atto conosciuto e comunque facilmente conoscibile dal contribuente trattandosi di un atto posto in essere nell’ambito di un procedimento a struttura fortemente partecipativa.

In ordine ai valori attribuiti osservava che l’Ufficio aveva fatto rifermento ad analoghi immobili siti nel Comune di Roma, ove è ubicato il bene oggetto della procedura.

Evidenziava poi che la perizia tecnica di parte non appariva idonea a contrastare le determinazioni dell’Amministrazione finanziaria.

R.G.M. ricorre per cassazione affidandosi ad un unico motivo illustrato da memoria cui resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.

Diritto

Considerato che:

Con l’unico motivo la ricorrente deduce la nullità della sentenza per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, n. 4 (motivazione apparente) in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4.

Lamenta che la sentenza non avrebbe fornito alcuna motivazione in merito alla documentazione prodotta corredata anche da foto a sostegno dell’assenza con riferimento all’immobile in questione delle caratteristiche che connotano gli appartamenti di lusso.

Preliminarmente va rigettata la richiesta di trattazione congiunta con altro procedimento proposto dall’Avvocatura dello Stato nei confronti di R.C.M..

In materia, la giurisprudenza è consolidata nell’escludere la possibilità, per le parti, di effettuare la scelta della trattazione congiunta di diverse cause davanti al giudice di legittimità.

Fuori dalle ipotesi di impugnazione delle sentenze di merito e di revocazione, o anche di regolamento preventivo di giurisdizione relativo a procedimenti connessi e tra le stesse parti, è, infatti, ritenuto inammissibile il ricorso per cassazione proposto, contestualmente e con unico atto da soggetti diversi, contro sentenze diverse, pronunciate dal giudice del merito in separati procedimenti. Solo al momento dell’iniziale introduzione del giudizio, il nostro sistema consente a più parti di riunirsi per l’esercizio congiunto di azioni, collegate dalla connessione degli oggetti e dei titoli o dalla comunanza di questioni da risolvere, mentre, nel prosieguo della vertenza, la facoltà, o l’obbligo, di riunire i processi è rimessa solo al giudice (cfr. Cass., Sez. U, n. 12562 del 15/12/1998; Cass., Sez. U, n. 5 del 01/02/1999; Cass., Sez. L, n. 39 del 03/01/1986; Cass. Sez. L, n. 2741 del 06/03/1992; Cass., Sez. 1, n. 342 del 13/01/1993; Cass. Sez. L, n. 9187 del 22/10/1996; Cass., Sez. 2, n. 69 del 04/01/2002; Cass., Sez. 6-L, n. 19470 del 15/09/2014).

Il motivo è infondato.

Al riguardo va ricordato che il vizio di motivazione meramente apparente della sentenza ricorre allorquando il giudice, in violazione di un preciso obbligo di legge, costituzionalmente imposto (art. 111 Cost., comma 6), e cioè dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 (in materia di processo civile ordinario) e del D.Lgs. n. 546 del 1992, omologo art. 36, comma 2, n. 4 (in materia di processo tributario), omette di esporre concisamente i motivi in fatto e diritto della decisione, di specificare o illustrare le ragioni e l’iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta, e cioè di chiarire su quali prove ha fondato il proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni è pervenuto alla propria determinazione, in tal modo consentendo anche di verificare se abbia effettivamente giudicato iuxta alligata et probata; l’obbligo del giudice “di specificare le ragioni del suo convincimento”, quale “elemento essenziale di ogni decisione di carattere giurisdizionale” è affermazione che ha origine lontane nella giurisprudenza di questa Corte e precisamente alla sentenza delle sezioni unite n. 1093 del 1947, in cui la Corte precisò che “l’omissione di qualsiasi motivazione in fatto e in diritto costituisce una violazione di legge di particolare gravità” e che “le decisioni di carattere giurisdizionale senza motivazione alcuna sono da considerarsi come non esistenti” (in termini, Cass. n. 2876 del 2017; v. anche Cass., Sez. U., n. 16599 e n. 22232 del 2016 e n. 7667 del 2017 nonchè la giurisprudenza ivi richiamata).

Alla stregua di tali principi consegue che la sanzione di nullità colpisce non solo le sentenze che siano del tutto prive di motivazione dal punto di vista grafico (che sembra potersi ritenere mera ipotesi di scuola) o quelle che presentano un “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e che presentano una “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (cfr. Cass. S.U. n. 8053 del 2014; conf. Cass. n. 21257 del 2014), ma anche quelle che contengono una motivazione meramente apparente, del tutto equiparabile alla prima più grave forma di vizio, perchè dietro la parvenza di una giustificazione della decisione assunta, la motivazione addotta dal giudice è tale da non consentire “di comprendere le ragioni e, quindi, le basi della sua genesi e l’iter logico seguito per pervenire da essi al risultato enunciato” (cfr. Cass. n. 4448 del 2014), venendo quindi meno alla finalità sua propria, che è quella di esternare un “ragionamento che, partendo da determinate premesse pervenga con un certo procedimento enunciativo”, logico e consequenziale, “a spiegare il risultato cui si perviene sulla res decidendi” (Cass. cit.; v. anche Cass., Sez. un., n. 22232 del 2016 e la giurisprudenza ivi richiamata).

Deve quindi ribadirsi il principio più volte affermato da questa Corte secondo cui la motivazione è solo apparente – e la sentenza è nulla perchè affetta da error in procedendo – quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass., Sez. U, Sentenza n. 22232 del 2016, Rv. 641526-01; conf. Cass., Sez. 6-5, Ordinanza n. 14927 del 2017).

. Va altresì ricordato che “La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel

“contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella

“motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione” (Cass., Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830; 2017 nr 13977)).

La motivazione della sentenza impugnata non rientra paradigmaticamente nelle gravi anomalie argomentative individuate in detti arresti giurisprudenziali non ponendosi sicuramente al di sotto del “minimo costituzionale”.

La CTR, infatti, ha ritenuto che la localizzazione dell’immobile in una zona di pregio caratterizzata dalla presenza di fabbricati di notevole valore economico ed urbanistico giustificasse il classamento operato dall’Ufficio il quale aveva fatto riferimento ad analoghi immobili siti nella medesima zona.

Ha altresì escluso, con una valutazione in fatto non censurabile in questa sede che le considerazioni riportata nella perizia di parte fossero idonee a contrastare le contrarie determinazioni dell’Ufficio.

Alla stregua delle determinazioni sopra esposte il ricorso va rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo secondo i criteri vigenti.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese di legittimità che si liquidano in complessivi Euro 1000,00 oltre S.P.A.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 28 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 novembre 2020

 

 

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