Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 257 del 12/01/2021

Cassazione civile sez. VI, 12/01/2021, (ud. 29/10/2020, dep. 12/01/2021), n.257

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – rel. Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6831-2019 proposto da:

INIZIATIVA 2000 SRL, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA COLA DI RIENZO 212,

presso lo studio dell’avvocato LEONARDO BRASCA, che la rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5038/3/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del LAZIO, depositata il 16/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 29/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MARIA ENZA

LA TORRE.

 

Fatto

RITENUTO

che:

Iniziativa 2000 Srl, ricorre per la cassazione della sentenza della CTR Lazio, indicata in epigrafe, che in controversia su impugnazione di avviso di accertamento ai sensi della L. n. 311 del 2004, ex art. 1, comma 335, in relazione ad un immobile sito in (OMISSIS), microzona (OMISSIS) – (OMISSIS), respingeva l’appello della contribuente. La CTR riteneva la revisione degli estimi castastali necessaria a garantire un riallineamento dei valori reali di mercato rispetto a quelli risultanti dai dati catastali, con conseguente onere della prova a carico del contribuente. Peraltro costituisce fatto notorio che lo sviluppo economico e commerciale della zona e la variazione della categoria (da A/7 a A/2), non comporta conseguenze sfavorevoli per il contribuente, costituendo un mero riordino dovuto alla natura di civile abitazione dell’immobile.

L’Agenzia si costituisce con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione del disposto normativo di cui al D.P.R. n. 138 del 1998, artt. 1,2,5,6,7,8 e 9; del D.P.R. n. 1142 del 1949, art. 61; della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335; dell’art. 2697 c.c.; della L. n. 212 del 2000, art. 7; della L. n. 241 del 1990, art. 3 e artt. 3,23,24,53 e 97 Cost. e della L. n. 1089 del 1939, artt. 9, 11,12 e del D.Lgs. n. 42 del 2004, artt. 19,20,60, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

1.1 Il motivo è fondato.

1.2 Costituisce principio consolidato da questa Corte quello secondo cui è necessaria una rigorosa – e cioè completa, specifica e razionale motivazione dell’atto di riclassamento. In particolare, quando si tratta di un mutamento di rendita inquadrabile nella revisione del classamento delle unità immobiliari private site in microzone comunali ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, la ragione giustificativa non può consistere nella mera evoluzione del mercato immobiliare, ma deve essere accertata la variazione di valore degli immobili presenti nella microzona (Cass. 22671/2019).

1.3 Ne consegue la necessità che nell’avviso di accertamento siano precisate le ragioni che hanno indotto l’Amministrazione a modificare d’ufficio il classamento originario, non essendo sufficiente il richiamo agli astratti presupposti normativi che hanno giustificato l’avvio della procedura di riclassamento. L’amministrazione comunale è tenuta pertanto ad indicare in modo dettagliato quali siano stati gli interventi e le trasformazioni urbane che hanno portato l’area alla riqualificazione risultando inidonei i richiami ad espressioni di stile del tutto avulse dalla situazione concreta (cfr. Cass. n. 3156/2015).

1.4. Questa Corte ha affermato che nella procedura di revisione di classamento si debba tener conto, nel medesimo contesto cronologico, dei caratteri specifici di ciascuna unità immobiliare, del fabbricato e della microzona ove l’unità è sita, siccome tutti incidenti comparativamente e complessivamente sulla qualificazione della stessa (Cass. n. 10403/2019). Con specifico riferimento al riclassamento di unità immobiliari site nel Comune di Roma, Cass. n. 19810 del 2019, ha statuito che il provvedimento di riclassamento, atteso il carattere diffuso dell’operazione, deve essere adeguatamente motivato in ordine agli elementi (da individuarsi tra quelli indicati nel D.P.R. n. 138 del 1998, art. 8, come la qualità urbana del contesto nel quale l’immobile è inserito, la qualità ambientale della zona di mercato in cui l’unità è situata, le caratteristiche edilizie del fabbricato e della singola unità immobiliare) che, in concreto, hanno inciso sul diverso classamento della singola unità immobiliare, affinchè il contribuente sia posto in condizione di conoscere “ex ante” le ragioni che ne giustificano in concreto l’emanazione(Cass. 9603/2020; Cass. 9770/2019). In definitiva, il contribuente, assoggettato all’iniziativa dell’ente, rivolta a modificare un quadro già stabilizzato di definizione della capacità contributiva, deve essere posto in condizione di poter compiutamente controllare e se del caso contestare- sul piano giuridico oltre che sul piano fattuale – la sussistenza dei presupposti per l’applicazione della revisione del classamento di cui alla L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335. Pertanto, non può ritenersi congruamente motivato il provvedimento di riclassamento che faccia esclusivamente riferimento in termini sintetici e quindi generici al rapporto tra il valore di mercato ed il valore catastale nella microzona considerata rispetto all’analogo rapporto sussistente nell’insieme delle microzone comunali, e al relativo scostamento ed ai provvedimenti amministrativi a fondamento del riclassamento, senza specificare le fonti, i modi e i criteri con cui questi dati sono stati ricavati ed elaborati. Viceversa, l’atto deve contenere l’indicazione: a) degli elementi che hanno in concreto interessato una determinata microzona; b) di come essi incidano sul diverso classamento della singola unità immobiliare (Cass. 22671/2019; Cass. 23051/2019), non essendo sufficiente il richiamo ad immobili similari. In tema di revisione del classamento catastale di immobili urbani, la motivazione dell’atto, in conformità alla L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 58, non può limitarsi a contenere l’indicazione della consistenza, della categoria e della classe attribuita dall’agenzia del territorio, ma deve invece specificare, a pena di nullità, ai sensi della L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1, a quale presupposto la modifica debba essere associata, se al non aggiornamento del classamento o, invece, alla palese incongruità rispetto a fabbricati similari; in questa seconda ipotesi l’atto impositivo dovrà indicare la specifica individuazione di tali fabbricati, del loro classamento e delle caratteristiche analoghe che li renderebbero similari all’unità immobiliare oggetto di riclassamento, consentendo in tal modo al contribuente il pieno esercizio del diritto di difesa nella successiva fase contenziosa conseguente alla richiesta di verifica dell’effettiva correttezza della riclassificazione (Cass. 25037/2017; Cass. 2184/2015; Cass. 10489/2013).

1.5.Così fissati i principi, non può dirsi che la CTR abbia fatto buon governo degli stessi in quanto non è stato assolto, nell’avviso di accertamento in questione, l’obbligo motivazionale, di cui sopra si è detto.

2. L’accoglimento del primo motivo determina l’assorbimento del secondo, con il quale si deduce la nullità dell’impugnata sentenza per motivazione solo apparente con riferimento alla congruità della categoria e classe attribuita agli immobili A/7 portati in A/2 e da classe 4 a classe 5, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

3. Il terzo motivo, con il quale si deduce la nullità della sentenza impugnata per omessa valutazione di un fatto decisivo ai fini della decisione, ex art. 360 c.p.c., comma l, n. 3, è inammissibile.

4. Sul punto deve essere ribadito il principio consolidato da questa Corte secondo cui, ove una determinata questione giuridica, che implichi un accertamento di fatto, non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga detta questione in sede di legittimità, ha l’onere, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegarne l’avvenuta deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente vi abbia provveduto, onde dare modo alla Corte di Cassazione di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione prima di esaminare nel merito la questione stessa (Cass. 2038/2019; Cass. 15430/2018). Il giudizio di cassazione ha, per sua natura, la funzione di controllare la difformità della decisione del giudice di merito dalle norme e dai principi di diritto, sicchè sono precluse non soltanto le domande nuove, ma anche nuove questioni di diritto, qualora queste postulino indagini ed accertamenti di fatto non compiuti dal giudice di merito che, come tali, sono esorbitanti dal giudizio di legittimità. (Cass. 15196/2018). La ricorrente, nel caso di specie, ha dedotto una circostanza di cui non vi è traccia nella sentenza impugnata, investendo questioni non comprese nel “thema decidendum” del giudizio di appello e precluse alle parti, in sede di legittimità.

Per di più, i requisiti di contenuto-forma previsti, a pena di inammissibilità, dall’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 6, devono essere assolti necessariamente con il ricorso e non possono essere ricavati da altri atti, come la sentenza impugnata o il controricorso, dovendo il ricorrente specificare il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata indicando precisamente i fatti processuali alla base del vizio denunciato, producendo in giudizio l’atto o il documento della cui erronea valutazione si dolga, o indicando esattamente nel ricorso in quale fascicolo esso si trovi e in quale fase processuale sia stato depositato, e trascrivendone o riassumendone il contenuto nel ricorso, nel rispetto del principio di autosufficienza (Cass. 29093/2018).

5. Accoglie il primo motivo del ricorso, dichiara assorbito il secondo e inammissibile il terzo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto; non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ex art. 384 c.p.c., comma 2, con l’accoglimento del ricorso originario della contribuente. Vanno integralmente compensate le spese del processo, in ragione del recente assestarsi della giurisprudenza in materia.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo del ricorso, dichiara assorbito il secondo e inammissibile il terzo; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso originario della contribuente. Compensa le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, il 29 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2021

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