Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25695 del 14/12/2016


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Cassazione civile, sez. trib., 14/12/2016, (ud. 22/11/2016, dep.14/12/2016),  n. 25695

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. GUARDIANO Alfredo – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 10956-2011 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

SERVIER ITALIA SPA;

– intimato –

Nonchè da:

SERVIER ITALIA SPA in persona del Procuratore e legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIALE CASTRO PRETORIO

122, presso lo studio dell’avvocato ANDREA RUSSO, che lo rappresenta

e difende con procura notarile del Not. Dr. S.F. in

ROMA rep. n. 41465 del 19/05/2011;

– controricorso e ricorso incidentale condizionato –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 48/2011 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata l’11/02/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/11/2016 dal Consigliere Dott. MARULLI MARCO;

udito per il ricorrente l’Avvocato MADDALO che si riporta agli atti;

udito per il controricorrente l’Avvocato DI IACOVO per delega

dell’Avvocato RUSSO che ha chiesto il rigetto, alle ore 10,40 l’Avv.

DI IACOVO deposita note di udienza;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

MASELLIS MARIELLA che ha concluso per l’accoglimento dei primi tre

motivi di ricorso, assorbiti gli altri.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. L’Agenzia delle Entrate ricorre per cassazione avverso la sentenza in atti della CTR Lazio che, in accoglimento dell’appello di parte, ha proceduto a riformare la decisione che in primo grado aveva giudicato legittimo il diniego opposto dall’ufficio in merito all’istanza con cui la Servier Italia s.p.a. aveva chiesto a rimborso l’IVA assolta in relazione ad operazione di autonoleggio effettuate tra l’altro nell’anno 2000.

La CTR, richiamata la decisione della Corte Giust. CEE 228-05 – che com’è noto aveva ravvisato l’incompatibilità con l’art. 17 della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19 – bis, comma 1, lett. c), escludente la detraibilità dell’imposta in relazione alle operazioni di cui sopra – ha ritenuto di dover accogliere il proposto gravame rigettando l’argomentazione dell’ufficio – secondo cui l’istanza era probatoriamente carente in punto di presupposti soggettivi del rimborso e di inerenza dei costi – sulla base della considerazione che, “oltre ad essere stata sollevata solo in secondo grado”, su detta argomentazione “il contribuente non aveva mai negato all’ufficio la possibilità di esaminare la documentazione in suo possesso fornendola in sede di controdeduzioni”, non essendo peraltro nei poteri del contribuente provare “la sussistenza dei presupposti legittimanti l’erogazione del rimborso poichè essi riguardano la posizione fiscale del fornitore estero”. Non osta peraltro all’accoglimento dell’istanza – ha ancora ragionato il decidente – il fatto che l’imposta ora chiesta in restituzione possa essere stata iscritta tra i costi poichè se è vero che “la detrazione spettante non può che essere una… comunque l’argomento andrà affrontato nell’annualità in cui si verificheranno i fatti paventati dall’ufficio”.

Il mezzo erariale si vale di cinque motivi di ricorso ai quali ha replicato la parte con controricorso e ricorso incidentale condizionato su due motivi seguiti da memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

2.1. Con il primo motivo del ricorso principale l’Agenzia ricorrente deduce la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, in cui è incorso il giudice d’appello all’atto di rilevare la novità dell’argomentazione sollevata dall’ufficio, solo in sede di gravame, in ordine all’insussistenza nella specie delle condizioni per far luogo al rimborso, atteso che alla luce dei principi vigenti in materia “non vi è chi non veda come l’esistenza dei presupposti soggettivi del rimborso e dell’inerenza dei costi sostenuti appartenevano, ab origine, al thema decidendum del presente giudizio”.

2.2. Il motivo è inammissibile per difetto di interesse in capo alla deducente. Ancorchè invero sia convincimento di questa Corte che quando il contribuente impugni il silenzio rifiuto formatosi su una istanza di rimborso, in considerazione della struttura capovolta che in questo caso assume l’ordinario schema impugnatorio che si attua nel giudizio tributario, dove è l’amministrazione che assume la veste di attore in senso sostanziale ed è il contribuente che veste i panni del convenuto in senso sostanziale, questi è tenuto dimostrare che in punto di fatto non sussiste nessuna delle ipotesi che legittimano il rifiuto e l’amministrazione finanziaria può, dal canto suo, difendersi senza i limiti derivanti da una pregressa pretesa, sicchè, non essendo vincolata ad una specifica motivazione di rigetto, le eventuali manchevolezze del ricorso introduttivo possono essere eccepite in appello dall’amministrazione a prescindere dalla preclusione posta dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, “in quanto, comunque, attengono all’originario thema decidendum (sussistenza o insussistenza dei presupposti che legittimano il rifiuto del rimborso)” (11682/07) e che quindi sia errata la contraria opinione accolta dalla CTR allorchè ha rilevato la novità dell’eccezione opposta dall’Agenzia circa la carenza probatoria dell’istanza, essendo stata sollevata “solo in secondo grado” e finendo così per ricadere nel divieto del citato art. 57 – che preclude, com’è noto, la proponibilità in appello di nuove eccezioni che non siano rilevabili d’ufficio -, va tuttavia diversamente osservato che all’atto di declinare l’ammissibilità della detta eccezione la CTR ha pure aggiunto l’assorbente considerazione che “”il contribuente non aveva mai negato all’ufficio la possibilità di esaminare la documentazione in suo possesso fornendola in sede di controdeduzioni”, con ciò impegnandosi evidentemente in un’affermazione che, in disparte della sua concludenza in diritto, supera di fatto l’iniziale rilievo preclusivo e degrada il relativo giudizio al rango di un mero obiter dictum privo di valenza decisoria.

Ne consegue che se la CTR ha comunque ritenuto che il contribuente avesse nella specie assolto l’onere probatorio su di sè gravante, essa, rispetto all’incidentale rilevazione della novità dell’eccezione, ha in buona sostanza smentito se stessa, in quanto ha comunque preso in considerazione il contenuto dell’obiezione opposta dall’ufficio, di talchè quest’ultimo, quand’anche si volesse assumere che il giudizio condensato nelle parole “oltre ad essere stata sollevata solo in secondo grado” equivalga ad esprimere la lamentata preclusione processuale, per il fatto che l’argomento ha poi formato oggetto di un giudizio ulteriore, non ha alcun interesse cassatorio, dal momento che un’eventuale pronuncia di accoglimento risulterebbe inutiliter data avendo la CTR preso in ogni caso posizione sul merito dell’eccezione.

3.1. Il secondo motivo del ricorso principale lamenta un errore di diritto nell’applicazione dell’art. 2697 c.c., D.Lgs. n. 46 del 1992, art. 21, comma 2, D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, 17 Dir CEE 77/388 e 167 Dir CEE 112/06, D.L. n. 258 del 2006, art. 1, comma 1, atteso che, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di secondo grado, la società contribuente al fine di ottenere il rimborso dell’IVA asseritamente versata in eccesso, avrebbe dovuto dimostrare l’esistenza di tutti i presupposti richiesti secondo il regime del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, per l’esercizio del diritto di detrazione”.

3.2. Il motivo è fondato e la sua fondatezza assorbe il terzo motivo di ricorso svolto in via subordinata.

3.3. Già si è fatto cenno, in chiosa al primo motivo di ricorso, che in relazione all’impugnazione degli atti di diniego – sia essi espliciti, allorchè il contribuente sia destinatario di un provvedimento formale oppure impliciti, come accade quando l’inerzia dell’amministrazione determini la formazione di un silenzio – rifiuto – la struttura, ordinariamente modellata sullo schema processuale del giudizio impugnatorio, che il legislatore ha adottato per disciplinare il processo tributario, viene ad essere capovolta nel suo contrario, di modo che il contribuente è attore in senso non solo formale ma anche in senso sostanziale, con la duplice conseguenza che grava su di lui l’onere di allegare e provare i fatti a cui la legge ricollega il trattamento impositivo rivendicato e che le argomentazioni con cui l’Ufficio nega la sussistenza di detti fatti, o la qualificazione ad essi attribuita, costituiscono mere difese, non soggette ad alcuna preclusione processuale.

3.4. Se dunque il contribuente nella veste di attore in senso sostanziale è tenuto all’assolvimento dell’onere della prova allegando, a conforto della propria domanda di annullamento dell’atto impugnato, i fatti costitutivi della pretesa che intende vedere riconosciuta, provando in ossequio al più generale principio dell’art. 2697 i presupposti che ne sono fondamento e che ne possono giustificare la condivisione da parte del giudice mediante una pronuncia di accoglimento, è del tutto conseguente l’errore di diritto in cui è incorso il giudicante d’appello ritenendo nella specie che la domanda del contribuente potesse essere accolta in ragione della messa a disposizione della documentazione comprovante il diritto della parte al rimborso a cui questa aveva provveduto nel depositare le proprie controdeduzioni.

Posto invero che il tema probatorio, per quanto detto poc’anzi – nonchè, parimenti, per quanto, pure detto, riguardo all’iniziale motivazione adottata dal fisco a giustificazione del diniego – racchiudeva già in sè l’onere per la parte di offrire una compiuta dimostrazione delle ragioni di fatto addotte a fondamento del diritto accampato, la messa a disposizione della documentazione giudicata decisiva dal decidente senza alcuna ulteriore specificazione, segnatamente con riguardo all’idoneità di essa a fungere da prova del fatto costitutivo della pretesa, non soddisfa il precetto normativo dell’art. 2697 c.c., poichè non equivale a dare la prova che l’imposta fosse detraibile in quanto inerente ed in quanto risultante da idonea fatturazione.

Non essendosi attenuta alle regole probatorie di cui al combinato disposto delle norme in rubrica la pronuncia qui impugnata merita perciò di essere cassata.

4.1. Il quarto motivo del ricorso principale addebita alla sentenza impugnata la violazione del D.L. n. 258 del 2006, art. 1, comma 1, in quanto, a fronte delle condizioni prescritte da detta norma in relazione alle istanze di rimborso presentate a mente del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2, (“resta ferma, per i contribuenti che non aderiscono al suddetto rimborso forfetario, ovvero per coloro che non presentano l’istanza entro il predetto termine del 15 aprile 2007, la possibilità di dimostrare il diritto ad una detrazione in misura superiore presentando apposita istanza ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 21 e successive modificazioni, contenente i dati e gli elementi comprovanti la misura, nell’esercizio dell’impresa, arte o professione, dell’effettivo utilizzo in base a criteri di reale inerenza, stabiliti con il provvedimento di cui al presente comma. Al fine di evitare ingiustificati arricchimenti, i dati hanno ad oggetto anche gli altri tributi rilevanti ai fini della complessiva determinazione delle somme effettivamente spettanti”) “costituiva onere precipuo della CTR accertare l’inesistenza di eventuali indebite locupletazioni da parte della società appellante”, sicchè conseguentemente errata deve giudicarsi l’affermazione da essa compiuta circa la rimborsabilità dell’imposta operata omettendo di verificare in concreto se l’IVA richiesta in restituzione dall’appellante fosse stata già dedotta come costo.

4.2. Il motivo va giudicato inammissibile per difetto di interesse in capo alla deducente e la sua inammissibilità travolge anche il quinto motivo di ricorso che l’Agenzia ricorrente formula in via subordinata sul presupposto che se la CTR, ragionando ut supra, abbia inteso escludere la sussistenza nella specie di una doppia detrazione, è evidente “l’assoluta carenza dei motivazione della decisione”.

4.3. Invero non si può effettivamente dubitare che le considerazioni che la ricorrente svolge a suffragio della possibilità che, accedendo alla richiesta di rimborso, il contribuente, che abbia iscritto l’IVA, di cui è stata previamente negata la detraibilità, tra le componenti reddituali negative, venga a fruire di un duplice vantaggio fiscale, in quanto gli verrebbe rimborsato un costo già dedotto dal reddito di impresa, evidenzino la problematica di una “doppia detrazione”, che, in disparte da ogni esplicita sollecitazione di tipo normativo, obbliga ad adottare l’adozione di un approccio operativo necessariamente prudenziale, segnatamente a presidio del principio costituzionale della capacità tributaria; e dunque la preoccupazione che la ricorrente paventa con il motivo in esame è più che legittima. Tuttavia, va osservato, – in questo concretandosi il difetto di attualità che perime l’interesse ad agire della ricorrente – i fatti paventati dall’ufficio sono rappresentativi solo di un pericolo de futuro avendo invero la CTR chiarito, sul pacifico presupposto che la detrazione spettante non può che essere una, che “l’argomento andrà eventualmente affrontate nell’annualità in cui si verificheranno i fatti paventati dall’ufficio”. In breve, questo il corretto pensiero espresso dal giudice d’appello, quando si procederà alla liquidazione della dichiarazione in cui l’IVA non ammessa in detrazione sia stata computata tra i costi, l’ufficio, che nel frattempo veda riconosciuto il diritto alla detrazione, potrà procedere, se ne ricorrono le altre condizioni di legge, al recupero a tassazione del relativo costo, in tal modo evitando che il contribuente per effetto della successione nel tempo di regole giuridiche diverse venga ad essere destinatario di una “doppia detrazione”.

E poichè una siffatta eventualità è destinata a prendere forma solo in un momento futuro, nessun interesse ha la ricorrente a dolersi della violazione di un principio che allo stato non risulta leso, onde il motivo che ne racchiude la denuncia è perciò inammissibile.

5.1. Con il primo ed il secondo motivo del ricorso incidentale condizionato proposto dalla contribuente, costei si duole della violazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 167 c.p.c., comma 1, in combinato disposto con il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2 e l’art. 111 (rectius) Cost. in cui sarebbe incorsa la sentenza impugnata una prima volta, per gli effetti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, decidendo in ordine a fatti ritenuti controversi, “pur non avendo la parte pubblica svolto in proposito alcuna contestazione o dedotto alcunchè nè nel provvedimento di diniego di rimborso, nè nel corso del giudizio di prime cure”, all’esito del quale il thema decidendum risultava circoscritto alla questione della rimborsabilità dell’imposta secondo la normativa nazionale in materia di IVA (primo motivo) ed una seconda volta, per gli effetti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, “non avendo rilevato che le contestate circostanze in fatto erano espunte dal thema probandum del giudizio per non essere state contestate in prime cure da parte dell’ufficio che aveva il preciso onere di prendere posizione sui fatti posti da Servier a base della propria pretesa” (secondo motivo).

5.2. Entrambi i motivi sono infondati.

Vanno qui richiamate volgendole al contrario le ragioni che hanno indotto a ritenere fondato il secondo motivo del ricorso principale e va quindi ribadito che nel giudizio che attiene all’impugnazione di un diniego di rimborso pronunciato dall’amministrazione il thema decidendi, indipendentemente dalle motivazioni che abbiano accompagnato l’adozione del provvedimento impugnato, investe originariamente i presupposti che legittimano la presentazione dell’istanza, onde, così come è in facoltà dell’amministrazione rimodulare ex novo i termini del rigetto, specularmente nessuna preclusione processuale può l’istante invocare a proprio beneficio a fronte delle rinnovate difese fatte valere dall’erario.

3. Va dunque accolto il secondo motivo del ricorso principale, mentre vanno dichiarati inammissibili il primo, il quarto ed il quinto ed assorbito il terzo motivo di ricorso.

Va invece respinto il ricorso incidentale.

La cassazione della sentenza impugnata che a ciò segue comporta il rinvio della causa avanti al giudice territoriale competente ai sensi dell’art. 383 c.p.c., comma 1.

PQM

La Corte Suprema di Cassazione accoglie il secondo motivo del ricorso principale, dichiara inammissibili il primo, il quarto ed il quinto ed assorbito il terzo motivo di detto ricorso; respinge il ricorso incidentale; cassa l’impugnata sentenza e rinvia avanti alla CTR Lazio che, in altra composizione, provvederà pure alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

Cosi deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della 5 sezione civile, il 21 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 14 dicembre 2016

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