Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25694 del 13/11/2020

Cassazione civile sez. VI, 13/11/2020, (ud. 08/09/2020, dep. 13/11/2020), n.25694

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1547 – 2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, – RISCOSSIONE, (OMISSIS), in persona del

procuratore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

NOMENTANA 91, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI BEATRICE,

rappresentata e difesa dall’avvocato FRANCESCO AMODIO;

– ricorrente –

contro

B.L., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ROSA

VIGNALI;

– controricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE

BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO,

rappresentato e difeso dagli avvocati LELIO MARITATO, ESTER ADA VITA

SCIPLINO, GIUSEPPE MATANO, ANTONINO SGROI, CARLA D’ALOISIO, EMANUELE

DE ROSE;

– resistente –

avverso la sentenza n. 634/2018 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 26/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’08/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ALFONSINA

DE FELICE.

 

Fatto

RILEVATO

che:

la Corte d’appello di Firenze, confermando la decisione del Tribunale di Arezzo, ha dato attuazione ai principi di cui alle Sez. Un. 23397 del 2016 in materia di effetti dell’applicazione del termine di prescrizione quinquennale ai crediti contributivi, dichiarando prescritti i crediti Inps portati in svariate cartelle di pagamento emesse dall’Agenzia delle Entrate – Riscossione a carico di B.L.;

la cassazione della sentenza è domandata dall’Agenzia delle Entrate Riscossione sulla base di un unico motivo;

B.L. ha resistito con controricorso;

l’Inps ha depositato procura in calce al ricorso;

è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380 – bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

nell’unico motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, è dedotta “Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 112 del 1999, artt. 19 e 20, e degli artt. 22934, 2946 e 2953 c.c.”;

l’Agenzia delle Entrate sostiene che, pur in seguito alla sentenza delle Sezioni Unite n. 23397 del 2016, a cui il giudice dell’appello si richiama, la tesi della prescrizione decennale del diritto alla riscossione sarebbe egualmente sostenibile;

il diritto ad azionare il credito portato nelle cartelle da parte dell’agente della riscossione, in assenza di previsioni normative derogatorie, resterebbe quello decennale;

la sentenza delle Sezioni Unite n. 23397 del 2016 si sarebbe limitata a statuire in merito alla sola applicabilità dell’art. 2953 c.c., alla fattispecie, ma non avrebbe affrontato il diverso aspetto relativo all’individuazione del termine di prescrizione del rapporto obbligatorio scaturente dal titolo esecutivo, che abilita l’agente della riscossione all’esercizio dell’azione di recupero coattivo, il quale, in assenza di espressa previsione per l’azione di riscossione, dovrebbe ritenersi decennale;

il motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c.;

la Corte territoriale ha dato corretta attuazione al principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 23397 del 2016, secondo il quale “La scadenza del termine – pacificamente perentorio – per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui al D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 5, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche la cd. “conversione” del termine di prescrizione breve (nella specie, quinquennale, secondo la L. n. 335 del 1995, art. 3, commi 9 e 10) in quello ordinario (decennale), ai sensi dell’art. 2953 c.c.. Tale ultima disposizione, infatti, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la suddetta cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato. Lo stesso vale per l’avviso di addebito dell’INPS, che, dall’1 gennaio 2011, ha sostituito la cartella di pagamento per i crediti di natura previdenziale di detto Istituto (D.L. n. 78 del 2010, art. 30, conv., con modif., dalla L. n. 122 del 2010).”

Quanto alla denuncia di violazione del D.Lgs. n. 112 del 1999, artt. 19 e 20, riferentesi all’ipotesi dell’ente creditore che intenda esperire azioni esecutive (o cautelari) su beni o elementi reddituali del debitore individuati successivamente al discarico delle cartelle per accertata inesigibilità del credito iscritto a ruolo – la stessa è priva di rilievo, atteso che concerne i rapporti fra enti impositori e agente della riscossione e non si rivela in grado di incidere sull’individuazione del termine di prescrizione da applicare al credito contributivo vantato dall’Inps in seguito alla notifica della cartella esattoriale (cfr. Cass. n. 1826 del 2010; da ultimo Cass. 1826 del 2020);

in definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile;

le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate nella misura di Euro 3000 nei confronti di B.L., con distrazione in favore del difensore dichiaratosi antistatario;

non si provvede sulle spese in favore dell’Inps il quale non ha svolto attività difensiva;

in considerazione dell’inammissibilità del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.

P.Q.M.

La corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di legittimità nei confronti di B.L., che liquida in Euro 200 per esborsi, Euro 2.500,00 per compensi professionali, da distrarre in favore del difensore dichiaratosi antistatario, oltre spese generali nella misura forfetaria del 15 per cento e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, all’Adunanza camerale, il 8 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 novembre 2020

 

 

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