Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25692 del 27/10/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 27/10/2017, (ud. 21/09/2017, dep.27/10/2017),  n. 25692

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – rel. Consigliere –

Dott. DI PAOLA Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24220-2013 proposto da:

V.M.C., D.M.G., P.S.,

S.M., PU.GI., elettivamente domiciliati in ROMA,

Via NAZARIO SAURO n.16, presso lo studio dell’avvocato STEFANIA

REHO, rappresentati e difesi dall’avvocato MASSIMO PISTILLI;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE UNIVERSITA’ E RICERCA, – ((OMISSIS)), in

persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO” che

lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 133/2013 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 26/4/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 21/9/2017 dal Consigliere Dott. CATERINA MAROTTA.

Fatto

RILEVATO

che:

– con la sentenza impugnata la Corte di appello di Genova, previa riunione delle cause, ha riformato le decisioni di primo grado che avevano accolto i ricorsi proposti da V.M.C., + ALTRI OMESSI

– la Corte territoriale, richiamato quanto affermato da questa Corte nella sentenza n. 10217/2012, ha sostenuto che i contratti a termine del settore scolastico, tanto per il personale docente quanto per quello amministrativo, tecnico ed ausiliario, non sono disciplinati dal D.Lgs. n. 368 del 2001, ma dalle norme speciali contenute nel D.Lgs. n. 297 del 1994 e nella L. n. 124 del 1999; ha escluso che la speciale disciplina fosse in contrasto con la direttiva 1999/70/CE ed ha affermato che la valutazione ex ante delle ragioni sottese a ciascuna tipologia contrattuale a termine, tipizzata dalla L. n. 124 del 1999, art. 4, commi 1, 2 e 3, assolveva in maniera idonea e sufficiente l’onere di specificazione delle ragioni di apposizione della clausola di durata dei contratti di lavoro;

– per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorso i lavoratori; – il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ha depositato atto di costituzione;

– la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata;

– i ricorrenti hanno depositato memorie;

– il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo i ricorrenti denunciano violazione e/o falsa applicazione del considerando n. 16, dell’art. 2 della direttiva 1999/70/CE, nonchè del preambolo (commi 2, 3 e 4 dei punti 6, 7, 10 delle considerazioni generali, della clausola 1, lettera b, della clausola 2, punto 1), della clausola 5, punto 1, dell’Accordo Quadro CES – UNICE – CEEP sul lavoro a tempo determinato del 18 marzo 1999, recepito e allegato alla direttiva comunitaria 1999/70/CE; violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, artt. 1,4,5 (commi 4 e 4 bis) artt. 10, 11, anche in combinato disposto con la L. 4 giugno 1999, n. 124, art. 4. Premettono che le supplenze disciplinate dalla L. n. 124 del 1999, art. 4 sono volte a soddisfare esigenze permanenti sia nella ipotesi in cui attengano a vacanze sul cosiddetto organico di diritto, sia qualora si riferiscano a posti disponibili di fatto, atteso che solo i contratti a termine previsti dal comma 3 del richiamato art. 4 presuppongono una ragione effettivamente temporanea e transitoria, essendo per lo più stipulati nei casi di sostituzione di personale assente. Deducono che la normativa speciale, in quanto in insanabile contrasto con le previsioni del D.Lgs. n. 368 del 2001, è stata da quest’ultimo abrogata, in forza della norma di chiusura dettata dall’art. 11 stesso decreto. Aggiungono che il sistema del reclutamento del personale a termine della scuola viola la direttiva richiamata in rubrica, perchè consente la reiterazione del contratto a tempo detetininato in assenza di ragioni oggettive, non potendosi ritenere tali le esigenze di contenimento della spesa pubblica, e senza porre alcun limite al numero dei rinnovi o alla durata massima dei contratti;

– con il secondo motivo i ricorrenti denunciano la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36 oltre che della direttiva eurounitaria e del già richiamato D.Lgs. n. 368 del 2001. Sostengono che, una volta accertata l’illegittimità della reiterazione, dovrebbe essere disposta la trasformazione del rapporto a termine in contratto a tempo indeterminato, in quanto il personale da immettere definitivamente nei ruoli del Ministero viene individuato sulla base della posizione rivestita nelle graduatorie permanenti, utilizzate anche per il conferimento delle supplenze annuali. Nell’ambito scolastico, quindi, alla pronuncia di conversione non risulta ostativo il principio costituzionale del pubblico concorso, giacchè il reclutamento, anche nella sua forma ordinaria, prescinde da quest’ultimo. Aggiungono che la giurisprudenza della Corte di Giustizia è chiara nell’affermare che l’abuso può essere represso e sanzionato anche attraverso una misura diversa dalla conversione, purchè quest’ultima sia effettiva, dissuasiva ed equivalente. Il risarcimento del danno, pertanto, deve essere congruo e deve avere anche una finalità sanzionatoria;

– con il terzo motivo i ricorrenti denunciano la violazione e/o falsa applicazione del diritto comunitario avuto riguardo alla direttiva 1999/70 CE e la violazione dell’obbligo internazionale derivante dall’art. 6, par. 1 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo. Asseriscono che il D.L. n. 70 del 2011, art. 9, comma 18 sarebbe in contrasto con la citata direttiva 1999/70/CE;

– i ricorrenti chiedono anche darsi avvio, ai sensi dell’art. 267 TFUE, alla procedura di rinvio pregiudiziale dinanzi alla CGUE, formulata sulla dedotta contrarietà con la clausola 5, punti 1 e 2, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato allegato alla Direttiva 1999/70/CE, e della clausola 4 dello stesso accordo quadro, e sull’ipotizzato contrasto 3 del principio di uguaglianza e non discriminazione del diritto UE, del trattamento previsto nel nostro ordinamento rispettivamente per i contratti di lavoro a tempo determinato stipulati con la pubblica amministrazione, in particolare nel Comparto Scuola;

– le questioni oggetto dei motivi di ricorso sono già state scrutinate da questa Corte nelle recenti decisioni del 2016 nn. da 22552 a 22557, 23534, 23535, 23750, 23751, 23866, 23867, da 24934 a 24040, da 24126 a 24130, 24272, 24273, 24275, 24276, e da 24813 a 24816, in relazione a fattispecie sostanzialmente sovrapponibili a quella in esame;

– in particolare è stato affermato (punto 118.A della citata Cass. n. 22557/2016) che la disciplina del reclutamento del personale a termine del settore scolastico, contenuta nel D.Lgs. n. 297 del 1994, non è stata abrogata dal D.Lgs. n. 368 del 2001, essendone stata disposta la salvezza dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 70, comma 8, che ad essa attribuisce un connotato di specialità;

– è stato anche precisato (punto 119.B) che, per effetto della dichiarazione di illegittimità costituzionale della L. n. 124 del 1999, art. 4, comma 1, e art. 11 e in applicazione della direttiva 1999/70/CE, è illegittima la reiterazione dei contratti a termine stipulati ai sensi di detti L. n. 124 del 1999, art. 4, comma 1, e art. 11 della prima dell’entrata in vigore della L. n. 107 del 2015, rispettivamente con il personale docente e con quello amministrativo, tecnico ed ausiliario, per la copertura di cattedre e posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, stipulati a far tempo dal 10.7.2001 e che abbiano avuto durata complessiva, anche non continuativa superiore a trentasei mesi;

– è stato rimarcato (punto 120.C) che, ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36 (originario comma 2, ora comma 5), la violazione di disposizioni imperative riguardanti l’assunzione o l’impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e sanzione;

– è stato, altresì, chiarito (punto 121.D) che nelle ipotesi di reiterazione dei contratti a termine stipulati ai sensi della L. n. 124 del 1999, art. 4, comma 1, realizzatesi prima dell’entrata in vigore della L. n. 107 del 2015, con il personale docente, per la copertura di cattedre a posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, deve essere qualificata misura proporzionata, effettiva, sufficientemente energica ed idonea a sanzionare debitamente l’abuso ed a “cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione” la misura della stabilizzazione prevista nella citata L. n. 107 del 2015, attraverso il piano straordinario destinato alla copertura di tutti i posti comuni e di sostegno dell’organico di diritto, relativamente al personale docente, sia nel caso di concreta assegnazione del posto di ruolo sia in quello in cui vi sia certezza di fruire, in tempi certi e ravvicinati, di un accesso privilegiato al pubblico impiego, nel tempo compreso fino al totale scorrimento delle graduatorie ad esaurimento, secondo quanto previsto dalla L. n. 107 del 2015, art. 1, comma 109 e così anche (punto 122.E) nelle ipotesi di reiterazione, realizzatesi dal 10.07.2001 e prima dell’entrata in vigore dell’indicata legge, rispettivamente con il personale docente e con quello amministrativo, tecnico ed ausiliario, per la copertura di cattedre e posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, deve essere qualificata misura proporzionata, effettiva, sufficientemente energica ed idonea a sanzionare debitamente l’abuso ed a “cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione” la stabilizzazione acquisita dai docenti e dal personale ausiliario, tecnico ed amministrativo, attraverso l’operare dei pregressi strumenti selettivi- concorsuali;

– qualora trattasi (punto 124.G) di ipotesi di reiterazione di contratti a termine stipulati ai sensi della L. n. 124 del 1999, art. 4, comma 1, avveratasi a far data da 10.07.2001, ai docenti ed al personale amministrativo, tecnico ed ausiliario che non sia stato stabilizzato e che non abbia (come dianzi precisato) alcuna certezza di stabilizzazione, va riconosciuto il diritto al risarcimento del danno nella misura e secondo i principi affermati nella sentenza delle SSUU di questa Corte n. 5072/2016;

– invece (punti 102 e 125.H) nelle ipotesi di reiterazione di contratti a termine in relazione ai posti individuati per le supplenze su organico di fatto e per le supplenze temporanee non è in sè configurabile alcun abuso ai sensi dell’Accordo Quadro allegato alla Direttiva fermo restando il diritto del lavoratore di allegare e provare il ricorso improprio o distorto a siffatta tipologia di supplenze, prospettando non già la sola reiterazione ma le sintomatiche condizioni concrete della medesima;

– va rilevato che nella fattispecie dedotta in giudizio non è configurabile comunque alcuna abusiva reiterazione dei contratti a termine in quanto pare evincersi dalle pur scarne indicazioni contenute tanto nella sentenza impugnata quanto nel ricorso per cassazione che si è trattato esclusivamente di assunzioni a termine a termine su posti di organico di diritto che non hanno avuto durata superiore a trentasei mesi (nè invero i ricorrenti hanno specificamente dedotto che detto termine sia stato superato limitandosi ad una generica affermazione di non brevità o temporaneità e senza alcun distinguo tra le posizioni di un ricorrente e l’altro) ovvero di assunzioni su posti di organico di fatto per coprire posti che non sono tecnicamente vacanti, ma si rendono di fatto disponibili, per varie ragioni, quali l’aumento imprevisto della popolazione scolastica nel singolo istituto, la cui pianta organica resti tuttavia immutata, oppure per l’aumento del numero di classi, dovuto a motivi contingenti, ad esempio di carattere logistico – cfr. punto 19 della citata Cass. n. 22557/2016 -;

– i ricorrenti non hanno, d’altra parte mai dedotto o allegato – se non con apodittica e generica affermazione – che vi sia stato, nella concreta attribuzione delle supplenze sui posti in organico di fatto, un uso improprio o distorto del potere di macrorganizzazione delegato dal legislatore al Ministero in ordine alla ricognizione dei posti e delle concrete esigenze del servizio nè tampoco ha allegato circostanze concrete (quali il susseguirsi delle assegnazioni presso lo stesso Istituto e con riguardo alla stessa cattedra) che consentissero di ritenere permanenti e durature le esigenze di copertura dei posti di fatto disponibili;

– le considerazioni di cui ai punti che precedono rendono irrilevante la questione posta in sede di memoria circa la permanenza di un diritto al risarcimento del danno anche in ipotesi di immissione in ruolo, questione che presuppone una declaratoria di illegittimità delle assunzioni;

– vanno, poi, richiamate le considerazioni esposte nei punti da 105 a 116 della citata decisione di questa Corte in merito alla non necessità di un nuovo rinvio pregiudiziale, giacchè sul concetto di equivalenza ed effettività la Corte di Giustizia si è più volte pronunciata e proprio su dette pronunce le Sezioni Unite di questa Corte hanno fondato il principio di diritto affermato con la sentenza n. 5072/2016;

– quanto innanzi considerato evidenzia, altresì, l’insussistenza di alcuna ragione per accogliere la richiesta, formulata dai ricorrenti nella memoria per la rimessione alla pubblica udienza;

– sulla scorta delle considerazioni svolte discende che la sentenza impugnata, seppur erronea nella parte in cui ha escluso qualsiasi profilo di contrasto fra la normativa speciale del settore scolastico e la direttiva 1999/70/CE, deve essere confermata, ex art. 384 c.p.c., comma 4, perchè il suo dispositivo è conforme a diritto sulla base della diversa motivazione qui enunciata;

– pertanto, essendo da condividere la proposta del relatore, il ricorso va rigettato;

– la novità e la complessità della questione, diversamente risolta dalle Corti territoriali e solo di recente affrontata dalla Corte di legittimità, giustificano la compensazione delle spese del giudizio;

– va dato atto dell’applicabilità del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in quanto l’obbligo del previsto pagamento aggiuntivo non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, del ricorso (così Cass., Sez. Un., n. 22035/2014).

PQM

La Corte rigetta il ricorso; compensa le spese.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 21 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 27 ottobre 2017

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