Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25691 del 27/10/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 27/10/2017, (ud. 19/04/2017, dep.27/10/2017),  n. 25691

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24261-2014 proposto da:

P.I., erede unica di A.F., B.I.,

D.P.C., n.q. di erede di D.P.R., M.G.,

PU.LO., S.G., SQ.NI.,

Z.A., elettivamente domiciliati in ROMA VIA GEROLAMO BELLONI, 88

presso lo studio dell’avvocato DANIELA DAL BO che li rappresenta e

difende giuste deleghe speciali in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6031/2013 della CORTI D’APPELLO di ROMA del

17/06/2013, depositata il 10/10/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/04/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ROSA ARIENZO;

udito l’Avvocato Daniela Dal Bo difensore dei ricorrenti che si

riporta ai motivi scritti.

Fatto

FATTO E DIRITTO

I Tribunali di Roma e di Viterbo accoglievano i ricorsi degli attuali ricorrenti – tutti ex dirigenti di cancelleria addetti a vari Tribunali ed inquadrati nell’Area C – posizione C3 – intesi ad ottenere il riconoscimento del diritto a partecipare al concorso per 500 posti, livello C3 super, e, per l’effetto, l’annullamento e la revoca dei provvedimenti di loro esclusione dal concorso ed i provvedimenti successivi, con ordine al Ministero della Giustizia di procedere a nuovo scrutinio con valutazione delle posizioni di competenza o, in alternativa, l’annullamento o revoca della graduatoria approvata per i detti posti attribuiti al fine della loro ricomprensione, ovvero in subordine, l’aggiunta di essi ricorrenti agli ultimi 500 già inquadrati, con consequenziale risarcimento del danno liquidato con valutazione equitativa.

La Corte di appello, riuniti i procedimenti, su gravame del Ministero, riformava le sentenze appellate e dichiarava il difetto di giurisdizione del G.O.. La S.C., adita da nove degli originari ricorrenti, accoglieva il ricorso e dichiarava la giurisdizione del G.O. con rinvio alla Corte di appello in diversa composizione, che, con sentenza del 10.10.2013, in riforma delle pronunzie di primo grado, respingeva le originarie domande dei ricorrenti in riassunzione.

Rilevava la Corte in sede di rinvio che la prospettazione del diritto a partecipare alla selezione per la posizione C3 super, sul presupposto che il diritto rivendicato fosse già entrato nel patrimonio degli interessati prima del loro collocamento in quiescenza, non considerava che, con l’ulteriore contratto integrativo, stipulato il 16 Novembre 2000, le parti avevano concordato di destinare le risorse del Fondo Unico di amministrazione per l’anno 2000 ad esigenze diverse da quelle della copertura delle posizione economiche super. A tale copertura si era provveduto, infatti, solo con successivo accordo sull’utilizzazione di detto fondo per l’anno 2001, intervenuto il 20.12.2001, a seguito del quale era stato avviato, successivamente ad avviso del 15.1.2002, il procedimento di selezione interna per l’attribuzione di tali posizioni, con la specifica previsione che l’attribuzione del corrispondente trattamento economico sarebbe avvenuta con decorrenza dal 1.1.2001, come stabilito dalle parti contrattuali.

Essendo il contratto integrativo abilitato in via esclusiva a provvedere circa la destinazione delle risorse al Fondo di finanziamento dei passaggi verso la posizione economica super, non poteva tale posizione essere attribuita da una data diversa da quella in esso prevista. In definitiva, osservava la Corte che i ricorrenti in riassunzione non erano titolari di diritti quesiti con riguardo alla nuova posizione economica, ma solo di un interesse al corretto svolgimento del procedimento di assegnazione se ed in quanto un tale procedimento fosse stato avviato. Per la cassazione di tale decisione ricorrono i dipendenti epigrafati, affidando l’impugnazione a tre motivi, cui resiste, con controricorso il Ministero.

Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della relazione redatta ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di consiglio. I ricorrenti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 2.

Con il primo motivo, viene dedotta dai dipendenti errata interpretazione e/o applicazione dei principi giurisprudenziali espressi dalla S. C. nella sentenza 21146/2010, ex art. 360 bis c.p.c., mirandosi a chiarire la portata della richiamata decisione, che, diversamente da quanto ritenuto dal giudice del gravame, atteneva alla richiesta di retribuzioni, laddove nel presente giudizio veniva contestata l’omessa considerazione del diritto ad essere inseriti nel procedimento selettivo successivamente avviato, che ne avrebbe dovuto prevedere l’inserimento, nonostante l’avvenuto congedo dalla P.A. per limiti di età. Si evidenzia che nella specie trattavasi di riconoscimento dei soli effetti giuridici e della ripercussione di tali effetti nel trattamento pensionistico, essendo l’interesse dei ricorrenti limitato al riconoscimento del diritto a partecipare alla selezione, con effetti sul solo trattamento pensionistico. Si sostiene che il rinvio disposto dal contratto integrativo del 16.11.2000 riguardasse il solo aspetto economico e non già quello giuridico, i cui effetti dovevano ritenersi immutati alla data stabilita dal ccnl Comparto Ministeri del 5.4.2000.

Con il secondo motivo, viene denunziata violazione e falsa applicazione di norme del ccnl Comparto Ministero del 5.4.2000 e del ccnl integrativo per il Ministero della Giustizia del 16.11.2000, osservandosi che, in virtù della previsione del contratto collettivo nazionale, essi ricorrenti dovevano essere considerati titolari di un diritto a vedersi riconosciuto nel rispettivo trattamento pensionistico l’aumento retributivo attribuito dalla stessa contrattazione, non potendo il ritardo nella predisposizione degli atti amministrativi ripercuotersi sulle posizioni giuridiche dei dipendenti, che avevano visto pubblicato il bando tre anni dopo la pubblicazione del ccnl che era fonte del loro diritto.

Infine, con il terzo motivo, i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 40 nella parte in cui impone alle PP.AA. di adempiere agli obblighi assunti con i contratti collettivi nazionali o integrativi dalla data della sottoscrizione definitiva e ad assicurarne l’osservanza nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti. Osservano che, ove il bando fosse stato emanato nel termine previsto dalla declaratoria contrattuale, sarebbe stato senz’altro riconosciuto il superiore livello.

Il primo ed il secondo motivo vanno trattati congiuntamente, attesa l’evidente connessione della questioni che ne costituiscono l’oggetto.

I rilievi dei ricorrenti, che si fondano sull’asserita diversità delle richieste avanzate nel presente procedimento rispetto al diritto rivendicato nel giudizio di cui alla sentenza della Cassazione richiamata nella pronuncia impugnata, non sono tali da evidenziare le significative differenze dedotte, posto che è pacifico che i ricorrenti fossero stati collocati in quiescenza prima della selezione, che era la sola a potere individuare ove espletata nel periodo in cui i ricorrenti fossero stati ancora in servizio – i soggetti beneficiari del maggior trattamento pensionistico, prevedendone il diritto non solo a differenze retributive ma anche agli effetti giuridici del superiore inquadramento a fini pensionistici in via retroattiva.

Non sussiste la denunziata violazione ed erronea interpretazione di norme contrattuali collettive.

Ed invero, come precisato dai precedenti di questa Corte ritenuti utilmente richiamabili, ed in particolare da Cass. 21146/2010, il CCNL 16 febbraio 1999 prevede, all’art. 17, comma 1, uno sviluppo economico anche per la posizione economica iniziale e per quella apicale dell’area C. Tali sviluppi, come indicato nella tabella C, sono denominati “super”. L’art. 32 dello stesso contratto, per quanto rileva, dispone che il fondo unico di amministrazione è finalizzato a promuovere reali e significativi miglioramenti dell’efficacia ed efficienza dei servizi istituzionali, mediante la realizzazione, in sede di contrattazione integrativa, di piani e progetti strumentali e di risultato. E’ previsto che le risorse che compongono il Fondo siano prioritariamente utilizzate anche per finanziare i passaggi economici nell’ambito di ciascuna area professionale, destinando a tale scopo quote di risorse aventi caratteri di certezza e stabilità.

L’art. 4 del medesimo contratto prevede, poi, al comma 2, che “Il contratto collettivo integrativo, tra l’altro, indichi i criteri di ripartizione delle risorse del fondo unico di amministrazione fra le varie finalità di utilizzo indicate nell’art. 32.

Il contratto integrativo è, quindi, abilitato in via esclusiva a provvedere circa la destinazione delle risorse del Fondo al finanziamento dei passaggi verso la posizione economica super, sicchè tale posizione non può esser attribuita da una data diversa da quella in esso prevista (v. in tal senso la già cit. Cass. 21146/2010, che richiama Cass. 28860/2008). La circostanza che il contratto integrativo 5 aprile 2000 avesse individuato il numero delle posizioni economiche C3 – Super, prevedendone il finanziamento con le disponibilità del Fondo unico per l’anno 2000, non sottrae d’altra parte alle parti (come già osservato nel precedente di legittimità richiamato) la competenza ad una diversa decisione sulla decorrenza. Nè può parlarsi nel caso di specie di diritti quesiti.

Correttamente è stato pertanto escluso che gli attuali ricorrenti dovessero già considerarsi titolari della nuova posizione economica o destinatari degli effetti giuridici asseritamente già acquisiti, essendo essi solo titolari di un interesse al corretto svolgimento del procedimento di assegnazione, se ed in quanto un tale procedimento fosse stato avviato, il che non si era verificato prima della loro collocazione in quiescenza.

In ordine al terzo motivo, è sufficiente osservare che il dedotto ritardo è stato correttamente ricondotto al previsto slittamento della procedura selettiva da parte delle parti sindacali in sede di contratto collettivo del 16.11.2000 e che, in ogni caso, il ritardo avrebbe potuto esse invocato solo a fini risarcitori, ove fosse stato provato che i ricorrenti sarebbero risultati vincitori della selezione, posto che solo in favore dei vincitori sarebbe stato possibile riconoscere gli effetti giuridici ed economici del superiore inquadramento.

Non colgono poi nel segno i rilievi e le osservazioni svolti nella memoria che non sono idonei a scalfire l’iter argomentativo appena esposto, secondo cui nessun diritto quesito era fondatamente invocabile in relazione alla mancanza di una legittima pretesa a partecipare ad una procedura selettiva – che sola avrebbe consentito la necessaria valutazione comparativa ai fini dell’individuazione dei vincitori – avviata successivamente al collocamento a riposo dei procedere ricorrenti.

Alla stregua di tutte le esposte considerazioni ed in conformità a giurisprudenza di questa Corte, richiamata come osservato, in modo appropriato nella sentenza oggetto della presente impugnazione, il ricorso deve essere rigettato in quanto complessivamente infondato.

Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza dei ricorrenti e si liquidano come da dispositivo.

Poichè il ricorso è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, si impone di dare atto dell’applicabilità del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17. Invero, in base al tenore letterale della disposizione, il rilevamento della sussistenza o meno dei presupposti per l’applicazione dell’ulteriore contributo unificato costituisce un atto dovuto, poichè l’obbligo di tale pagamento aggiuntivo non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo – ed altrettanto oggettivamente insuscettibile di diversa valutazione – del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, dell’impugnazione, muovendosi, nella sostanza, la previsione normativa nell’ottica di un parziale ristoro dei costi del vano funzionamento dell’apparato giudiziario o della vana erogazione delle, pur sempre limitate, risorse a sua disposizione (così Cass., Sez. Un., n. 22035/2014).

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 100,0 per esborsi, Euro 5000,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge, nonchè al rimborso delle spese generali in misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 19 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 27 ottobre 2017

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