Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25691 del 15/11/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 25691 Anno 2013
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: CHINDEMI DOMENICO

SENTENZA

sul ricorso 7161-2009 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro

DE ANGELIS GIACOMO titolare dell’omonima Ditta,
elettivamente domiciliato in ROMA VIA CAETANA 13-A,
presso lo studio dell’avvocato LOMBARDI ANDREA,
rappresentato e difeso dagli avvocati CAPARRINI CARLO,
PAOLO LOMBARDINI giusta delega in calce;

Data pubblicazione: 15/11/2013

- controricorrente

avverso la sentenza n. 12/2008 della COMM.TRIB.REG. di
BOLOGNA, depositata il 21/02/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 02/10/2013 dal Consigliere Dott. DOMENICO

udito per il ricorrente l’Avvocato ZERMAN che si
riporta;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PASQUALE FIMIANI che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

CHINDEMI;

R.G. 7161/2009
Fatto
La Commissione tributaria regionale dell’ Emilia, con sentenza n. 12.01/2008v accoglieva
parzialmente l’appello del contribuente avverso la sentenza della Commissione tributaria
provinciale di Rimini n. 125/06, che aveva già accolto parzialmente il ricorso di De Angelis
Giacomo, avverso, l’avviso di irrogazioni sanzioni, per E 19,359,47, a seguito di ispezione Inps in
data22.8.2003, ai sensi dell’art. 3 1. 73/2002, per l’impiego di un lavoratore subordinato non
La CTR limitava la sanzione a E 1.650,00
Proponeva ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate deducendo i seguenti motivi:
a) violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma 3, nel testo vigente ratione temporis, D.L.
22/2/2002, n.12, convertito con modificazioni in 1. 23/4/2002, n. 73, in combinato disposto con
l’art. 2697 cc, in relazione all’art. 360, n. tre, c.p.c.,rilevando come, a seguito della sentenza della
Corte Costituzionale n. 14472005, era onere del datore di lavoro produrre documentazione idonea a
provare che i lavoratori sorpresi a lavorare presso di lui non erano suoi dipendenti, ritenendo
irrilevante, ai fini probatori, la dichiarazione resa dal lavoratore agli ispettori dell’Inps;
c) violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma 3, nel testo vigente ratione temporis, D.L.
22/2/2002, n.12, convertito con modificazioni in 1. 23/4/2002, n. 73, in relazione all’art. 360, n. tre,
c.p.c., essendo irrilevante, ai fini della sanzione amministrativa, l’indicazione della durata del
rapporto di lavoro sanzionata ai fini della contribuzione Inps e del premio Inail, in quanto soggette
ad altra disciplina legislativa;
La società intimata si è costituita con controricorso.
Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 1.10.2013, in cui il PG ha concluso come in
epigrafe.
Motivi della decisione
1 In ordine logico va esaminata preliminarmente l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice
tributario sollevata nel controricorso.
Il rilievo è infondato.
A seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 130 del 2008, con cui è stata dichiarata la
illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2 (come sostituito dalla L. n. 448 del
2001, art. 12, comma 2) nella parte in cui attribuisce alla giurisdizione tributaria le controversie
relative a tutte le sanzioni irrogate dagli Uffici finanziari, anche quando conseguano a violazione di
disposizioni non aventi natura fiscale(quali quelle in esame), la presente controversia appartiene alla
giurisdizione del giudice ordinario (Cass. S.U. 15846/2008).
1

iscritto nei libri obbligatori.

Tuttavia la pronuncia del giudice delle legge non può incidere su una situazione già esaurita, quale
– nella specie – il giudicato implicito sulla giurisdizione formatosi a seguito della decisione di merito
pronunciata in primo grado e non impugnata in sede d’appello in punto di difetto di giurisdizione,
sebbene tale difetto fosse stato già rilevato dalla Corte Costituzionale con le ordinanze n. 34 e 35
del 2006 e 395/2007, che avevano sottolineato l’imprescindibile collegamento tra la giurisdizione
del giudice tributario e la natura tributaria del rapporto.
L’interpretazione dell’art. 37 cod. proc. civ., secondo cui il difetto di giurisdizione “è rilevato, anche
processuale e di ragionevole durata del processo (“asse portante della nuova lettura della norma”),
della progressiva forte assimilazione delle questioni di giurisdizione a quelle di competenza e
dell’affievolirsi dell’idea di giurisdizione intesa come espressione della sovranità statale, essendo
essa un servizio reso alla collettività con effettività e tempestività, per la realizzazione del diritto
della parte ad avere una valida decisione nel merito in tempi ragionevoli. (Cass. Sez. U, Sentenza n.
24883 del 09/10/2008; cfr anche Cass. Sez. U, Ordinanza n. 2067 del 28/01/2011; Cass. Sez. U,
Sentenza n. 26019 del 30/10/2008; Cass. Sez. U, Sentenza n. 26019 del 30/10/2008;
La questione sul difetto di giurisdizione del giudice tributario in tema di sanzioni ex art. 3, comma
3, 1.n. 73/2002 non è mai stata sollevata dall’odierna ricorrente nei pregressi gradi di giudizio.
Il principio costituzionale della durata ragionevole del processo consente,quindi, come nella
fattispecie, di escludere la rilevabilità davanti alla Corte di cassazione, del difetto di giurisdizione
qualora sul punto si sia formato un giudicato implicito, per effetto della implicita pronuncia sul
merito in primo grado e della mancata impugnazione, al riguardo, dinanzi al giudice di appello.
È, quindi, inammissibile l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata per la prima volta in sede di
legittimità dalla parte che, soccombente nel merito in primo grado, aveva appellato la sentenza del
giudice tributario senza formulare alcuna eccezione sulla giurisdizione, così ponendo in essere un
comportamento incompatibile con la volontà di eccepire il difetto di giurisdizione e prestando
acquiescenza al capo implicito sulla giurisdizione della sentenza di primo grado, ai sensi dell’art.
329, comma 2 cod. proc. civ..
2. Nel merito il ricorso è fondato
I motivi di ricorso, stante la loro connessione logica, sono essere esaminati congiuntamente.
La sentenza della Corte Cost. 12.4.2005 n. 144 ha dichiarato costituzionalmente illegittimo, in
relazione agli artt. 3 e 24 della Costituzione, l’art. 3, comma 3, del decreto-legge 22 febbraio 1992,
n. 12, convertito in legge dall’art. 1 della legge 23 aprile 2002, n. 72, nella parte in cui non ammette
la possibilità di provare che il rapporto di lavoro irregolare ha avuto inizio successivamente al
primo gennaio dell’anno in cui è stata constatata la violazione.
2

d’ufficio, in qualunque stato e grado del processo”, deve tenere conto dei principi di economia

L’irrogazione della sanzione prevista dall’art. 3, comma 3, del d.l. 22 febbraio 2002, n. 12, conv. in
legge 23 aprile 2002, n. 73 (nel testo anteriore alle modifiche introdotte dall’art. 36 bis del d.l. 4
luglio 2006, n. 223, conv. in legge 24 agosto 2006, n. 248) non richiede, da parte
dell’Amministrazione, alcun onere di dimostrare l’effettiva durata del rapporto di lavoro irregolare,
essendo sufficiente il mero accertamento dell’esecuzione di prestazione lavorativa da parte di
soggetto che non risulti da scritture o da altra documentazione obbligatoria.
È, invece, specifico onere del datore di lavoro dimostrare l’effettiva durata della prestazione
compreso tra l’inizio dell’anno e la data di constatazione della violazione (Sez. 5, Sentenza n. 21778
del 20/10/2011)
Fermo restando il divieto di ammissione della prova testimoniale posto dall’art. 7 del d.lgs. 31
dicembre 1992, n. 546, nel processo tributario, sussiste il potere di introdurre, per entrambe le parti,
dichiarazioni rese da terzi in sede extraprocessuale – con il valore probatorio proprio degli elementi
indiziari, i quali, possono concorrere a formare il convincimento del giudice, per garantire il
principio della parità delle armi processuali nonché l’effettività del diritto di difesa.
I verbali di accertamento dell’ispettorato del lavoro e dei funzionari ispettivi degli enti previdenziali,
in materia di omesso versamento di contributi, fanno fede, fino a querela di falso, sulla loro
provenienza dal pubblico ufficiale che li ha formati, nonche sui fatti che il medesimo attesti
avvenuti in sua presenza o da lui compiuti e possono,altresi, fornire utili elementi di giudizio,
liberamente apprezzabili, in ordine agli altri fatti che i verbalizzanti abbiano dichiarato di aver
desunto o attinto dall’inchiesta da essi svolta, ivi comprese le dichiarazioni di terzi tra cui vanno
ricomprese anche le dichiarazioni dei lavoratori oggetto di indagine ispettiva. (Cass. Sez. L,
Sentenza n. 14158 del 02/10/2002)
Peraltro il verbale ispettivo da contezza unicamente della situazione riscontrata dagli ispettori al
momento dell’accesso e non è finalizzato a individuare la durata dell’illecito ai fini della sanzione
in questione, stante la presunzione (relativa) di retrodatazione dell’assunzione (superabile dal
datore di lavoro), essendovi una evidente differenza tra i comparti normativi che regolano il
recupero dei contributi previdenziali, la repressione degli illeciti connessi all’assunzione e le
sanzioni di contrasto alla c.d economia sommersa.
Non è, quindi, sufficiente a provare la data di inizio del rapporto di lavoro la sola dichiarazione del
dipendente, in mancanza di ulteriori elementi di prova che facciano ritenere plausibile tale
affermazione, apparendo la motivazione sopra riportata del tutto insufficiente a dimostrare la data
di effettivo inizio del rapporto di lavoro (cfr Cass. Sez. 5, Sentenza n. 1960 del 10/02/2012)

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lavorativa per evitare che l’entità della sanzione pecuniaria sia determinata “ex lege”, “per il periodo

Nella fattispecie non emergono elementi probatori ulteriori rispetto alle dichiarazioni dei lavoratori
o della parte stessa
In conclusione, si ritiene che il ricorso vada accolto, cassata l’impugnata sentenza e non essendo
necessari ulteriori accertamenti di merito, ex art. 384 comma secondo , c.p.c., rigettato il ricorso
introduttivo.
L’evolversi della giurisprudenza in epoca successiva alla presentazione del ricorso costituisce
giusto motivo per la compensazione delle spese dell’intero giudizio
Accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso
introduttivo della contribuente
Dichiara compensate le spese dell’intero giudizio
Così deciso in Roma, il 1.10.2013

PQM

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