Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25689 del 15/11/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 25689 Anno 2013
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: CHINDEMI DOMENICO

SENTENZA

sul ricorso 6925-2009 proposto da:
PERGOLA

SANTO

in

qualità

dell’omonima

Ditta,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA TACITO 90,
presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI VACCARO,
rappresentato e difeso dall’avvocato MINACAPILLI
ANTONINO delega in atti;
– ricorrente contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

Data pubblicazione: 15/11/2013

- controricorrente nonchè contro

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI ENNA;
– intimato –

avverso la sentenza n. 162/2007 della

il 04/02/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 02/10/2013 dal Consigliere Dott. DOMENICO
CHINDEMI;
udito per il ricorrente l’Avvocato VACCARO delega
Avvocato MINACAPILLI che si riporta;
udito per il controricorrente l’Avvocato ZERMAN che si
riporta;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PASQUALE FIMIANI che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di CALTANISSETTA, depositata

R.G. 6925/2009
Fatto
La Commissione tributaria regionale della Sicilia, sezione staccata di Caltanissetta, con sentenza n.
162/28/2007, depositata il 4.2.2008, rigettava l’appello proposto da Pergola Santo e l’appello
incidentale dell’ufficio, avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Enna
n.118/01/2004, confermando la valutazione dei primi giudici, ritenendo applicabile l’istituto della
continuazione di cui all’art 12 D.lgs 472/97, essendo stata accertata, da parte degli ispettori di

irregolarmente occupati e non registrati nel libro matricola.
Proponeva ricorso per cassazione il contribuente deducendo i seguenti motivi:
a) violazione del diritto di difesa in violazione degli articoli 24 e 111 della costituzione, a
seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 144/ 2005
b) inesistente, apparente e, comunque insufficiente motivazione, in relazione all’art. 360, n.
cinque, c.p.c., non essendosi la CTR pronunciata sui motivi contenuti nell’atto di appello;
c) difetto di giurisdizione del giudice tributario sulle controversie relative alle sanzioni irrogate
dagli uffici finanziari per l’impiego di lavoratori non risultanti dalle scritture obbligatorie a
seguito della sentenza della Corte Costituzionale 14/5/2008, n. 130,
L’Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso nel giudizio di legittimità
Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 1.10.2013, in cui il PG ha concluso come in
epigrafe.
Motivi della decisione
Il ricorso è infondato.
In ordine logico va esaminato, preliminarmente, l’ultimo motivo di ricorso relativo al difetto di
giurisdizione del giudice tributario.
Se è vero infatti che a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 130 del 2008, con cui è
stata dichiarata la illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2 (come sostituito dalla
L. n. 448 del 2001, art. 12, comma 2) nella parte in cui attribuisce alla giurisdizione tributaria le
controversie relative a tutte le sanzioni irrogate dagli Uffici finanziari, anche quando conseguano a
violazione di disposizioni non aventi natura fiscale(quali quelle in esame), la presente controversia
appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario (Cass. S.U. 15846/2008), la pronuncia del giudice
delle legge non può incidere su una situazione già esaurita, quale – nella specie – il giudicato
implicito sulla giurisdizione formatosi a seguito della decisione di merito pronunciata in primo
grado e non impugnata in sede d’appello in punto di difetto di giurisdizione, sebbene tale difetto
fosse stato già rilevato dalla Corte Costituzionale con le ordinanze n. 34 e 35 del 2006 e 395/2007,
1

vigilanza dell’Inps, a seguito di ispezione in data 14/6/2003, la presenza di cinque lavoratori

che avevano sottolineato l’imprescindibile collegamento tra la giurisdizione del giudice tributario e
la natura tributaria del rapporto.
L’interpretazione dell’art. 37 cod. proc. civ., secondo cui il difetto di giurisdizione “è rilevato, anche
d’ufficio, in qualunque stato e grado del processo”, deve tenere conto dei principi di economia
processuale e di ragionevole durata del processo (“asse portante della nuova lettura della norma”),
della progressiva forte assimilazione delle questioni di giurisdizione a quelle di competenza e
dell’affievolirsi dell’idea di giurisdizione intesa come espressione della sovranità statale, essendo

della parte ad avere una valida decisione nel merito in tempi ragionevoli. (Cass. Sez. U, Sentenza n.
24883 del 09/10/2008; cfr anche Cass. Sez. U, Ordinanza n. 2067 del 28/01/2011; Cass. Sez. U,
Sentenza n. 26019 del 30/10/2008; Cass. Sez. U, Sentenza n. 26019 del 30/10/2008;
Il principio costituzionale della durata ragionevole del processo consente,quindi, come nella
fattispecie, di escludere la rilevabilità davanti alla Corte di cassazione, del difetto di giurisdizione
qualora sul punto si sia formato un giudicato implicito, per effetto della implicita pronuncia sul
merito in primo grado e della mancata impugnazione, al riguardo, dinanzi al giudice di appello.
È, quindi, inammissibile l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata per la prima volta in sede di
legittimità dal ricorrente che, soccombente nel merito in primo grado, aveva appellato la sentenza
del giudice tributario senza formulare alcuna eccezione sulla giurisdizione, così ponendo in essere
un comportamento incompatibile con la volontà di eccepire il difetto di giurisdizione e prestando
acquiescenza al capo implicito sulla giurisdizione della sentenza di primo grado, ai sensi dell’art.
329, comma 2 cod. proc. civ.
3. Il primo motivo è parimenti infondato
Non opera più, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 144/2005, il diverso
meccanismo di determinazione della sanzione fondato su una presunzione assoluta, divenuta
relativa, comminandosi la sanzione in base al tempo intercorso tra l’inizio dell’anno e la
constatazione della violazione, fatta salva la prova contraria da parte del datore di lavoro.
Vanno disattese le censure di incostituzionalità con riferimento alla asserita limitazione in ordine ai
mezzi di prova del processo tributario rispetto al processo del lavoro ordinario.
I rilievi dedotti sono manifestamente infondati, sia perché la prova testimoniale non costituisce
l’unico mezzo di prova al fine di fornire la dimostrazione di un fatto negativo, potendo essere
assolto mediante l’onere della prova posto a carico del datore di lavoro con la dimostrazione di un
fatto positivo contrario, oltre che mediante la prova presuntiva dello stesso fatto negativo (cfr Cass.
9.6.2008,n. 15162), nonché con uno dichiarazioni di terzi che, ancorché sprovviste del valore

2

essa un servizio reso alla collettività con effettività e tempestività, per la realizzazione del diritto

probatorio tipico della prova testimoniale, possono essere valutate dal giudice tributario quali
elementi di prova.
Inoltre non vi è prova che, nel corso del giudizio, i ricorrenti abbiano richiesto di assolvere l’onere
probatorio mediante la testimonianza.
4. Il secondo motivo difetta di autosufficienza non avendo allegato l’avvenuta deduzione della
questioni asseritamente proposte in grado di appello innanzi al giudice di merito,né di averle
precedentemente formulate in sede di ricorso introduttivo, né la loro decisività ai fini del giudizio,
consentire alla Corte di Cassazione di controllare ex actis la veridicità dell’asserzione, prima di
esaminare nel merito la questione (Cass. 11 gennaio 2007, n. 324).
Sussiste, infatti, il difetto di autosufficienza, se vengono sottopongono all’esame del Giudice di
legittimità questione nuove non esaminate dai giudici di merito se non risulta dalla sentenza
impugnata che la parte abbia formulato le relative questioni con il ricorso introduttivo, né -ove
l’avesse proposte- che abbia “riproposto” tali questioni davanti al giudice di appello.
Nel controricorso l’agenzia ritiene inapplicabile al caso di specie l’istituto della continuazione di cui
all’art 12 D.lgs 472/97.
Il rilievo è inammissibile dovendo essere proposto con ricorso incidentale, avendo la commissione
regionale respinto d’appello incidentale formulato al riguardo dall’Agenzia che, rimasta
soccombente sul punto, avrebbe dovuto proporre ricorso incidentale non potendo censurare col
controricorso il rigetto dell’appello incidentale.
In conclusione, il ricorso va rigettato con compensazione delle spese non avendo l’ufficio svolto
attività difensiva relativamente ai motivi del ricorso principale, limitandosi a censurare,
inammissibilmente, senza proporre ricorso incidentale, il capo della sentenza che ha rigettato
l’appello incidentale dell’agenzia.

DEPOSITATO IN CARCELLERA

PQM
Rigetta il ricorso.
Dichiara compensate le spese del giudizio di legittimità
Così deciso in Roma, il 1.10.2013

IL

15

ev.

2313

senza neanche indicare in quale specifico atto dei giudizi precedenti lo abbia fatto, al fine di

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