Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25689 del 13/11/2020

Cassazione civile sez. VI, 13/11/2020, (ud. 22/10/2020, dep. 13/11/2020), n.25689

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1417 – 2019 proposto da:

ISOLCENTRO S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LUCA DELLA ROBBIA n. 3,

presso lo studio dell’avvocato MARIA ROSARIA CAPORILLI, che la

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

VETROASFALTO S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ARCHIMEDE n. 143,

presso lo studio dell’avvocato JACOPO GIACOMINI, rappresentato e

difeso dall’avvocato PIERO PAOLO CANTU’;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4859/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 13/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/10/2020 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione ritualmente notificato Vetroasfalto S.p.a. proponeva opposizione al decreto ingiuntivo n. 18015 del 2013, emesso dal Tribunale di Milano in favore di Isolcentro S.r.l. per il pagamento delle somme rivendicate da quest’ultima società relativamente alle annualità 2004, 2007, 2008, 2009 e 2010 in base al contratto di deposito del 18.12.1984 ed alla successiva scrittura integrativa del 1.4.1987. Detti negozi prevedevano, in particolare, l’obbligo di Isolcentro S.r.l. di assicurare il deposito per la vendita dei materiali di Vetroasfalto S.p.a. dietro pagamento di un compenso articolato in una parte fissa ed una parte variabile, legata al fatturato. Ad avviso di Isolcentro S.r.l., la parte fissa del compenso era comunque dovuta, nonostante le vendite non avessero raggiunto, dal 2007 in poi, il valore corrispondente al minimo garantito; al contrario, Vetroasfalto S.p.a. aveva versato, da tale data in avanti, importi inferiori al predetto minimo garantito, calcolando soltanto la percentuale variabile sul fatturato conseguito in ciascun anno solare. Di qui la differenza, per il cui pagamento Isolcentro S.r.l. aveva chiesto, ed ottenuto, il decreto ingiuntivo di cui anzidetto.

Proponeva opposizione avverso detto decreto Vetroasfalto S.p.a., contestando la debenza.

Con sentenza n. 5218 del 2017 il Tribunale di Milano rigettava l’opposizione confermando il decreto opposto.

Interponeva appello Vetroasfalto S.p.a. e si costituiva in seconde cure Isolcentro S.r.l. per resistere al gravame.

Con la sentenza impugnata, n. 4859 del 2018, la Corte di Appello di Milano riformava la decisione di prime cure, ritenendo che la previsione del minimo garantito fosse limitata al solo anno 1987 e che pertanto nulla fosse dovuto ad Isolcentro S.r.l.. Il decreto ingiuntivo da quest’ultima originariamente ottenuto veniva quindi revocato, e la società ingiungente veniva condannata alla refusione di quanto percepito in esecuzione della sentenza di primo grado, oltre interessi, ed al pagamento delle spese del doppio grado.

Ricorre per la cassazione della predetta decisione Isolcentro S.r.l. affidandosi ad un unico motivo.

Resiste con controricorso Vetroasfalto S.p.a..

In prossimità dell’adunanza camerale, la parte ricorrente ha depositato memoria, mentre la parte controricorrente ha prodotto documentazione relativa alla fase processuale svoltasi ai sensi dell’art. 373 c.p.c., dinanzi la Corte di Appello di Milano.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo la società ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli art. 1362 e ss. c.c., perchè la Corte di Appello avrebbe erroneamente interpretato le risultanze del contratto concluso tra le parti. Ad avviso di Isolcentro S.r.l., infatti, il minimo garantito sarebbe stato previsto non soltanto per l’anno 1987 – come ritenuto dalla Corte territoriale – ma per l’intera durata del rapporto, tanto che Vetroasfalto S.p.a. lo avrebbe sempre riconosciuto, anche dopo tale annualità, sino a tutto il 2006.

La censura è inammissibile.

La Corte lombarda ha interpretato il contratto in vigore tra le parti prendendo le mosse dal tenore letterale della clausola contenuta nella scrittura integrativa del 1.4.1987, secondo la quale “… il compenso corrispettivo… viene con la presente concordemente fissato – per tutto il corrente anno 1987, a decorrere dal 1 gennaio e fino al 31 dicembre – nel minimo garantito di lire 50.000.000” (cfr. pag. 8 della sentenza impugnata). Partendo da tale dato, la Corte milanese ha esaminato le fatture prodotte in atti ed ha ritenuto che la preponente Vetroasfalto S.p.a. non abbia affatto riconosciuto, per gli anni successivi al 1987, il minimo garantito ad Isolcentro S.r.l., ma piuttosto abbia calcolato, per ciascun anno, la sola percentuale variabile dovuta sul fatturato effettivamente conseguito nel periodo (cfr. pag. 9). Ha inoltre escluso la sussistenza di un accordo modificativo delle pattuizioni contrattuali relative al compenso per facta concludentia, poichè se così fosse stato il compenso avrebbe dovuto essere sempre calcolato in misura fissa, con applicazione del medesimo criterio, “… mentre i calcoli non contestati da Vetroasfalto indicano il contrario e comunque – in senso decisivo – la mancata applicazione non avrebbe dovuto essere accettata da controparte con l’emissione di fatture a saldo” (cfr. pag. 10 della sentenza).

Tale interpretazione del dato negoziale si risolve in un apprezzamento di fatto, incensurabile in questa sede. In proposito, occorre ribadire che “In tema di interpretazione del contratto, il procedimento di qualificazione giuridica consta di due fasi, delle quali la prima – consistente nella ricerca e nella individuazione della comune volontà dei contraenti – è un tipico accertamento di fatto riservato al giudice di merito, sindacabile in sede di legittimità solo per vizi di motivazione in relazione ai canoni di ermeneutica contrattuale di cui agli art. 1362 e ss. c.c., mentre la seconda – concernente l’inquadramento della comune volontà nello schema legale corrispondente – risolvendosi nell’applicazione di norme giuridiche può formare oggetto di verifica e riscontro in sede di legittimità sia per quanto attiene alla descrizione del modello tipico della fattispecie legale, sia per quanto riguarda la rilevanza qualificante degli elementi di fatto così come accertati, sia infine con riferimento alla individuazione delle implicazioni effettuali conseguenti alla sussistenza della fattispecie concreta nel paradigma normativo” (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 29111 del 05/12/2017, Rv. 646340; conf. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 420 del 12/01/2006, Rv. 586972). Poichè nel caso di specie il motivo non contesta affatto l’inquadramento normativo del rapporto, ma soltanto l’interpretazione del dato negoziale, e dunque della volontà delle parti, fornita dal giudice di merito, esso è inammissibile.

Per effetto dell’inammissibilità dell’unico motivo va dichiarata l’inammissibilità dell’intero ricorso.

Le spese, tanto della fase ex art. 373 c.p.c., quanto del presente giudizio di legittimità, sono liquidate come da dispositivo e seguono la soccombenza.

Stante il tenore della pronuncia, va dato atto – ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.

PQM

la corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore del resistente delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.200 di cui Euro 200 per esborsi, nonchè di quelle della fase ex art. 373 c.p.c., che liquida in Euro 1.300, di cui Euro 100 per esborsi; oltre rimborso spese generali in ragione del 15% sul totale delle spese liquidate, iva, cassa avvocati ed accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sesta sezione civile, il 22 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 novembre 2020

 

 

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