Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25688 del 15/11/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 25688 Anno 2013
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: CHINDEMI DOMENICO

SENTENZA

sul ricorso 6693-2009 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro

PARERE ALESSANDRO, elettivamente domiciliato in ROMA
VIA CAETANA 13/A, presso lo studio dell’avvocato
ANDREA LOMBARDI, rappresentato e difeso dagli avvocati
CAPARRINI CARLO, PAOLO LOMBARDINI giusta delega in
calce;

Data pubblicazione: 15/11/2013

- controricorrente

avverso la sentenza n. 7/2008 della COMM.TRIB.REG. di
BOLOGNA, depositata il 28/01/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 02/10/2013 dal Consigliere Dott. DOMENICO

udito per il ricorrente l’Avvocato ZERMAN che ha
chiesto l’accoglimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PASQUALE FIMIANI che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

CHINDEMI;

R.G. 6693/2009
Fatto
La Commissione tributaria regionale dell’ Emilia, con sentenza n. 07.01/08, depositata il

b .1.2008 accoglieva parzialmente l’appello di Parere Alessandro avverso la sentenza della
Commissione tributaria provinciale di Rimini n. 118/01/2006, che aveva, invece confermato l’
avviso di irrogazioni sanzioni, per € 20.784,06, a seguito di ispezione Inps in data 20.7.2002, ai
sensi dell’art. 3 1. 73/2002, per l’impiego di un lavoratore subordinato non iscritto nei libri
La CTR limitava la sanzione a € 1.650,00 (€ 1500 quale sanzione fissa minima + 150 quale
sanzione per una giornata)
Proponeva ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate deducendo i seguenti motivi:
a) violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma 3, nel testo vigente ratione temporis, D.L.
22/2/2002, n.12, convertito con modificazioni in 1. 23/4/2002, n. 73, in combinato disposto con
l’art. 2697 cc, in relazione all’art. 360, n. tre, c.p.c.,rilevando come, a seguito della sentenza della
Corte Costituzionale n. 14472005, era onere del datore di lavoro produrre documentazione idonea a
provare che i lavoratori sorpresi a lavorare presso di lui non erano suoi dipendenti, ritenendo
irrilevante, ai fini probatori, la dichiarazione resa dal lavoratore agli ispettori dell’Inps;
c) violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma 3, nel testo vigente ratione temporis, D.L.
22/2/2002, n.12, convertito con modificazioni in 1. 23/4/2002, n. 73, in relazione all’art. 360, n. tre,
c.p.c., essendo irrilevante, ai fini della sanzione amministrativa, l’indicazione della durata del
rapporto di lavoro sanzionata ai fini della contribuzione Inps e del premio Inail, in quanto soggette
ad altra disciplina legislativa;
La società intimata si è costituita con controricorso.
Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 1.10.2013, in cui il PG ha concluso come in
epigrafe.
Motivi della decisione
1. In ordine logico va esaminata preliminarmente l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice
tributario formulata nel controricorso che va disattesa; se è vero infatti che a seguito della sentenza
della Corte Costituzionale n. 130 del 2008, con cui è stata dichiarata la illegittimità costituzionale
del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2 (come sostituito dalla L. n. 448 del 2001, art. 12, comma 2) nella
parte in cui attribuisce alla giurisdizione tributaria le controversie relative a tutte le sanzioni irrogate
dagli Uffici finanziari, anche quando conseguano a violazione di disposizioni non aventi natura
fiscale(quali quelle in esame), la presente controversia appartiene alla giurisdizione del giudice
ordinario (Cass. S.U. 15846/2008), la pronuncia del giudice delle legge non può incidere su una
1

obbligatori.

situazione già esaurita, quale – nella specie – il giudicato implicito sulla giurisdizione formatosi a
seguito della decisione di merito pronunciata in primo grado e non impugnata in sede d’appello in
punto di difetto di giurisdizione, sebbene tale difetto fosse stato già rilevato dalla Corte
Costituzionale con le ordinanze n. 34 e 35 del 2006 e 395/2007, che avevano sottolineato
l’imprescindibile collegamento tra la giurisdizione del giudice tributario e la natura tributaria del
rapporto.
L’interpretazione dell’art. 37 cod. proc. civ., secondo ‘cui il difetto di giurisdizione “è rilevato, anche
processuale e di ragionevole durata del processo (“asse portante della nuova lettura della norma”),
della progressiva forte assimilazione delle questioni di giurisdizione a quelle di competenza e
dell’affievolirsi dell’idea di giurisdizione intesa come espressione della sovranità statale, essendo
essa un servizio reso alla collettività con effettività e tempestività, per la realizzazione del diritto
della parte ad avere una valida decisione nel merito in tempi ragionevoli. (Cass. Sez. U, Sentenza n.
24883 del 09/10/2008; cfr anche Cass. Sez. U, Ordinanza n. 2067 del 28/01/2011; Cass. Sez. U,
Sentenza n. 26019 del 30/10/2008; Cass. Sez. U, Sentenza n. 26019 del 30/10/2008;
Il principio costituzionale della durata ragionevole del processo consente,quindi, come nella
fattispecie, di escludere la rilevabilità davanti alla Corte di cassazione, del difetto di giurisdizione
qualora sul punto si sia formato un giudicato implicito, per effetto della implicita pronuncia sul
merito in primo grado e della mancata impugnazione, al riguardo, dinanzi al giudice di appello.
È, quindi, inammissibile l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata per la prima volta in sede di
legittimità in mancanza di prova di avere appellato la sentenza del giudice tributario anche con
riferimento alla giurisdizione, così ponendo in essere un comportamento incompatibile con la
volontà di eccepire il difetto di giurisdizione e prestando acquiescenza al capo implicito sulla
giurisdizione della sentenza di primo grado, ai sensi dell’art. 329, comma 2 cod. proc. civ.
2. I motivi del ricorso principale, stante la loro connessione logica, possono essere esaminati
congiuntamente.
L’ art. 3, comma 3, D.L. 22 febbraio 2002, n. 12, (nel testo originario, introdotto dalla Legge di
Conversione 23 aprile 2002 n. 73, applicabile alla specie ratione temporis), è stata dichiarato
incostituzionale, per “lesione del diritto di difesa garantito dall’art. 24 Cost.”, dalla competente
Corte (sentenza 12 aprile 2005 n. 144) “nella parte in cui non consente al datore di lavoro di provare
che il rapporto di lavoro irregolare ha avuto inizio successivamente al primo gennaio dell’anno in
cui è stata constatata la violazione”.
Tale norma è stato introdotta per inasprire ulteriormente il trattamento sanzionatorio per coloro che
continuino ad impiegare lavoratori irregolarmente, nonostante le agevolazioni di varia natura colte
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d’ufficio, in qualunque stato e grado del processo”, deve tenere conto dei principi di economia

ad incentivare l’emersione del lavoro sommerso. Il predetto meccanismo presuntivo esclude
qualsiasi obbligo dell’ente, che irroga la sanzione, di provare l’effettiva prestazione di attività
lavorativa subordinata per il periodo intermedio compreso tra il giorno di accertamento
dell’infrazione ed il primo gennaio dello stesso anno e prescrive al medesimo ente di commisurare
la sanzione a quella durata, fino a prova contraria, facente carico all’autore della violazione. (Cass.
Sez. U, del 13/01/2010 n. 356)
Non opera più, a seguito della citata sentenza della Corte Costituzionale n. 144/2005, il diverso
relativa, comminandosi la sanzione in base al tempo intercorso tra l’inizio dell’anno e la
constatazione della violazione, fatta salva la prova contraria da parte del datore di lavoro
La CTR ha motivato la decisione sulla base dell’esito dell’accertamento effettuato dagli ispettori
Inps, ritenendo attendibile la dichiarazione del lavoratore.
I verbali di accertamento dell’ispettorato del lavoro e dei funzionari ispettivi degli enti previdenziali,
in materia di omesso versamento di contributi, fanno fede, fino a querela di falso, sulla loro
provenienza dal pubblico ufficiale che li ha formati, nonche sui fatti che il medesimo attesti
avvenuti in sua presenza o da lui compiuti e possono,altresi, fornire utili elementi di giudizio,
liberamente apprezzabili, in ordine agli altri fatti che i verbalizzanti abbiano dichiarato di aver
desunto o attinto dall’inchiesta da essi svolta, ivi comprese le dichiarazioni di terzi tra cui vanno
ricomprese anche le dichiarazioni dei lavoratori oggetto di indagine ispettiva. (Cass. Sez. L,
Sentenza n. 14158 del 02/10/2002)
Peraltro il verbale ispettivo da contezza unicamente della situazione riscontrata dagli ispettori al
momento dell’accesso e non è finalizzato a individuare la durata dell’illecito ai fini della sanzione
in questione, stante la presunzione (relativa) di retrodatazione dell’assunzione (superabile dal
datore di lavoro), essendovi una evidente differenza tra i comparti normativi che regolano il
recupero dei contributi previdenziali, la repressione degli illeciti connessi all’assunzione e le
sanzioni di contrasto alla c.d economia sommersa.
Non è, quindi, sufficiente a provare la data di inizio del rapporto di lavoro la sola dichiarazione del
dipendente, in mancanza di ulteriori elementi di prova che facciano ritenere plausibile tale
affermazione, apparendo la motivazione sopra riportata del tutto insufficiente a dimostrare la data
di effettivo inizio del rapporto di lavoro (cfr Cass. Sez. 5, Sentenza n. 1960 del 10/02/2012)
Nella fattispecie non emergono elementi probatori ulteriori rispetto alle dichiarazioni dei lavoratori
o della parte stessa

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meccanismo di determinazione della sanzione fondato su una presunzione assoluta, divenuta

In conclusione, si ritiene che il ricorso vada accolto, cassata l’impugnata sentenza e non essendo
necessari ulteriori accertamenti di merito, ex art. 384 comma secondo , c.p.c., rigettato il ricorso
introduttivo.
L’evolversi della giurisprudenza in epoca successiva alla presentazione del ricorso costituisce
giusto motivo per la compensazione delle spese dell’intero giudizio
PQM
Accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso
Dichiara compensate le spese dell’intero giudizio
Così deciso in Roma, il 1.10.2013

introduttivo della contribuente

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