Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25688 del 01/12/2011
Cassazione civile sez. lav., 01/12/2011, (ud. 15/11/2011, dep. 01/12/2011), n.25688
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. STILE Paolo – Presidente –
Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –
Dott. MORCAVALLO Ulpiano – rel. Consigliere –
Dott. MAISANO Giulio – Consigliere –
Dott. TRIA Lucia – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 10398-2009 proposto da:
M.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA
FARNESINA 355, presso lo studio dell’avvocato AMORESANO ALESSANDRA,
rappresentato e difeso dall’avvocato CORCIONE LUIGI, giusta delega in
atti;
– ricorrente –
contro
PROVINCIA DI COSENZA;
– intimata –
avverso la sentenza n. 659/2008 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,
depositata il 29/04/2008 R.G.N. 2570/05;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
15/11/2011 dal Consigliere Dott. ULPIANO MORCAVALLO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
BASILE Tommaso che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza qui impugnata la Corte d’appello di Catanzaro, confermando la decisione di primo grado, ha ritenuto infondata la pretesa dell’odierna parte ricorrente, dipendente della Provincia di Cosenza, già transitata dalle Ferrovie dello Stato a seguito della mobilità prevista dalla L. n. 554 del 1988, ad ottenere il riconoscimento del diritto al computo delle concessioni di viaggio, di cui essa aveva goduto presso le Ferrovie dello Stato, nel trattamento economico spettante presso l’ente locale, secondo quanto previsto dal D.P.C.M. n. 325 del 1988, art. 5 con la condanna di quest’ultimo al pagamento delle relative differenze. In particolare, la Corte di merito ha escluso la applicabilità di tale D.P.C.M. all’ipotesi di passaggio dei dipendenti delle Ferrovie agli enti locali.
2. La cassazione di tale sentenza viene domandata per un unico e complesso motivo, con il quale si sostiene la applicabilità della predetta normativa e si conclude che, di conseguenza, il giudice di merito avrebbe dovuto condannare l’amministrazione datrice di lavoro alla corresponsione delle differenze derivanti dal calcolo delle concessioni di viaggio ai sensi del citato D.P.C.M..
L’amministrazione non si è costituita.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso viene respinto in base alla seguente motivazione, redatta in forma semplificata come disposto dal Collegio in esito all’udienza di discussione.
1.1. Sulla questione oggetto della controversia in esame sono intervenute le Sezioni unite di questa Corte con la sentenza 21 giugno 2010, n. 14898. In particolare, è stato affermato il principio secondo cui, in materia di procedure di mobilità nell’ambito delle pubbliche amministrazioni, il D.P.C.M. 5 agosto 1988, n. 325, art. 5 nel prevedere, al secondo comma, che il dipendente conserva, ove più favorevole, il trattamento economico in godimento all’atto del trasferimento mediante l’attribuzione ad personam della differenza, non si riferisce a qualsiasi vantaggio economico, ma solo alle voci retributive certe, predeterminate e di necessaria erogazione (cui corrisponde, ai sensi del D.P.C.M. n. 428 del 1989, l’obbligo dell’ente di provenienza di trasferire i relativi fondi all’ente di nuova destinazione); pertanto, in caso di procedure di mobilità riguardanti dipendenti delle Ferrovie dello Stato, non può essere considerato il vantaggio economico derivante dalle concessioni di viaggio, di cui il dipendente abbia fruito anteriormente al trasferimento, trattandosi di benefici, comunque connessi alle particolari caratteristiche e modalità della prestazione svolta presso l’ente di provenienza, la cui conservazione è a carico delle Ferrovie dello Stato (ora società per azioni), essendo comunque limitata, secondo la disciplina contrattuale successiva al processo di delegificazione introdotto dalla L. n. 210 del 1985 (art. 69 c.c.n.l. 1990-1992; accordo sindacale 15 maggio 1991), ai dipendenti che, al momento del trasferimento, abbiano maturato il diritto a pensione.
1.2. In virtù di tale principio la decisione dei giudici di merito non può comunque essere riformata, dovendosi applicare l’art. 384 c.p.c., comma 4, poichè la pretesa si rivela comunque infondata (anche alla stregua della disciplina dedotta in giudizio dal ricorrente).
2. Nulla per le spese del giudizio stante la mancata costituzione della parte intimata.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla por le spese.
Così deciso in Roma, il 15 novembre 2011.
Depositato in Cancelleria il 1 dicembre 2011