Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25684 del 15/11/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 25684 Anno 2013
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: VIRGILIO BIAGIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
BICE s.r.I., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in Roma, via Sistina n. 121, presso l’avv. Giacomo Mauriello,
che la rappresenta e difende giusta delega in atti;
– ricorrente contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso
l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania
n. 160/41/07, depositata il 29 giugno 2007.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 25 settembre

Data pubblicazione: 15/11/2013

2013 dal Relatore Cons. Biagio Virgilio;
udito l’avv. Giacomo Mauriello per la ricorrente;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Ennio
Attilio Sepe, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso.
Ritenuto in fatto
1. La BICE s.r.l. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della
Commissione tributaria regionale della Campania indicata in epigrafe, con

legittimità dell’avviso di recupero del credito d’imposta per investimenti in
aree svantaggiate, previsto dall’art. 8 della legge n. 388 del 2000, emesso
nei confronti della società BICE in relazione all’anno 2002.
Il giudice a quo ha ritenuto che l’omessa trasmissione, prescritta dall’art.
62 della legge n. 289 del 2002 per il mantenimento del beneficio, del c.d.
modello CVS ha comportato la decadenza dal beneficio stesso.
2. L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.
Considerato in diritto
1. Con i tre motivi proposti, la ricorrente, denunciando la normativa
concernente il credito d’imposta in esame (art. 8 della legge n. 388 del 2000,
art. 62 della legge n. 289 del 2002), gli art. 3 e 10 della legge n. 212 del
2000, nonché vizio di motivazione, censura la sentenza impugnata per avere
disconosciuto il credito sulla base del solo omesso invio del c.d. modello
CVS e denuncia anche la contrarietà della disciplina citata ai principi
stabiliti dallo Statuto del contribuente, il cui rango nella gerarchia delle fonti
consentirebbe la disapplicazione delle norme con esso contrastanti.
I motivi sono manifestamente infondati, avendo questa Corte, con
giurisprudenza ormai consolidata, affermato i seguenti principi di diritto:
a) in tema di contributi concessi sotto forma di credito d’imposta dall’art.
8 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 per l’effettuazione di nuovi
investimenti nelle aree svantaggiate del Paese, l’inosservanza del termine inizialmente individuato nel 31 gennaio 2003 dall’art. 1, comma 1, lett. a), n.
2, del d.l. 12 novembre 2002, n. 253, e poi definitivamente fissato al 28
febbraio 2003 dall’art. 62, primo comma, lett. e), della legge 27 dicembre
2002, n. 289 – entro il quale i soggetti che hanno conseguito il diritto al
contributo anteriormente alla data dell’8 luglio 2002 devono comunicare
all’Agenzia delle entrate i dati occorrenti per la ricognizione degli
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la quale, rigettando l’appello della contribuente, è stata confermata la

investimenti realizzati, comporta la decadenza dal beneficio, non assumendo
alcun rilievo la circostanza che il provvedimento del Direttore dell’Agenzia
delle entrate sia stato emesso in data tale da non consentire al contribuente
di disporre, rispetto alla predetta scadenza, del termine di sessanta giorni
previsto dall’art. 3, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (c.d. Statuto
del contribuente) per le norme che introducono adempimenti tributari, in
quanto l’interessato è stato posto nella situazione giuridica oggettiva di

comunicazione fin dal 13 novembre 2002, data di pubblicazione del d.l. n.
253 del 2002, ed il predetto termine legale non è comunque superabile con
una diversa previsione temporale di natura amministrativa (Cass. n. 19627
del 2009; conformi Cass. nn. 3578 e 16442 del 2009, 19127 del 2010);
b) l’art. 62, comma 7, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, che ha
disposto l’abrogazione degli articoli 1 e 2 del d.l. n. 253 del 2002 prima della
scadenza dei termini per la conversione in legge, facendo salvi gli effetti
prodottisi e i rapporti giuridici già sorti, ha soltanto impedito la protrazione
dell’efficacia provvisoria delle predette disposizioni fino al termine naturale
della mancata conversione in legge, senza alcuna applicazione retroattiva di
disposizioni tributarie, vietata dall’art. 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212;
ne consegue che, in base alla clausola di salvezza degli effetti prodottisi nel
vigore del decreto-legge non convertito, legittimamente l’Amministrazione
finanziaria provvede al recupero del credito di imposta utilizzato dal
contribuente in compensazione, nonostante la sospensione della fruizione
disposta con il citato d.l. n. 253 del 2002 (Cass. n. 24251 del 2011);
c) più in generale, le norme della legge 27 luglio 2000 n. 212 (c.d.
Statuto del contribuente), emanate in attuazione degli artt. 3, 23, 53 e 97
Cost. e qualificate espressamente come principi generali dell’ordinamento
tributario, sono, in alcuni casi, idonee a prescrivere specifici obblighi a
carico dell’Amministrazione finanziaria e costituiscono, in quanto
esprezione di principi già inunanunti riell’onlinamentQ, eititevi gulda per il
giudice nell’interpretazione delle nonne tributarie (anche anteriori), inu non
hanno rango superiore alla legge ordinaria; conseguentemente, non possono
fungere da norme parametro di costituzionalità, né consentire la
disapplicazione della norma tributaria in asserito contrasto con le stesse
(Cass. n. 8254 del 2009, 8145 del 2011, 19692 del 2012, 10772 del 2013).
3

conoscibilità della scadenza del termine per adempiere il suo onere di

SENTE

2. Il ricorso va, pertanto, rigettato.

.

Al SENSI DEL
N. 131 TAB. ALL.
MATERIA TRIBUTA

3. Sussistono giusti motivi, in considerazione dell’epoca in cui si è
consolidata la richiamata giurisprudenza, per disporre la compensazione
delle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.

Così deciso in Roma il 25 settembre 2013.

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