Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25683 del 15/10/2018

Cassazione civile sez. II, 15/10/2018, (ud. 13/04/2018, dep. 15/10/2018), n.25683

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – rel. Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27720-2014 proposto da:

ZADRA DUE SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore

elettivamente domiciliato in ROMA, LUNGOTEVERE MELLINI 7, presso lo

studio dell’avvocato LUCIA ZACCAGNINI, rappresentato e difeso

dall’avvocato MARCO DELLA LUNA;

– ricorrente controricorrente incidentale –

contro

F.V., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PIEMONTE 39,

presso lo studio dell’avvocato ANTONIO GRIECO, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato ALESSANDRO SPREAFICO;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 2082/2014 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 04/09/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13/04/2018 dal Consigliere RAFFAELE SABATO.

Fatto

RILEVATO

che:

1. Con citazione notificata il 13/11/2008 innanzi al tribunale di Treviso la Teca s.a.s. di Z.G. & C. si è opposta a precetto intimato da F.V. di adempiere all’obbligazione – risultante dal punto 2 del verbale di conciliazione giudiziale del 9/12/2005 – di cedergli la porzione fondiaria in (OMISSIS), (OMISSIS), eccependo che l’obbligo di trasferire un immobile non potesse essere oggetto di esecuzione forzata.

2. Si è costituito F.V. che, nel chiedere il rigetto dell’opposizione, ha chiesto in via riconvenzionale dichiarare trasferito il bene ex art. 2932 c.c. in esecuzione dell’obbligo incoercibile.

3. Con sentenza depositata il 3/5/2011 il tribunale di Treviso. ha accolto l’opposizione e ha dichiarato il precetto inefficace, rigettando la riconvenzionale ex art. 2932 c.c..

4. Adita da F.V., la corte d’appello di Venezia con sentenza depositata il 4/9/2014 ha riformato la sentenza di prime cure, accogliendo la riconvenzionale e trasferendo il bene ex art. 2932 c.c., confermando l’impugnata decisione per il resto.

5. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la Zadra Due s.r.l., già Teca s.a.s., su tre motivi. Ha resistito con controricorso F.V., spiegando altresì contestualmente ricorso incidentale su un motivo, cui la ricorrente ha replicata con proprio controricorso. F.V. ha poi depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo del ricorso principale, deducendosi “violazione dell’art. 2932 c.c.” e “difetto di motivazione – su punto essenziale”, si lamenta che la sentenza impugnata, nel trasferire la proprietà dell’immobile, non abbia motivato sulla qualificazione del contratto concluso con il verbale di conciliazione.

2. Con il secondo motivo si deduce poi “violazione degli artt. 1418 e 1325, nn. 1 e 2” (rectius adde, c.c.) e “mancata dichiarazione di nullità per difetto di consenso e di causa”. Si lamenta che, a differenza del signor F., la società ricorrente fosse convinta di stipulare un compromesso di vendita implicante il pagamento di un prezzo, il quale non era invece previsto; ne derivava che erroneamente la corte veneziana non aveva dichiarato nullo il contratto per mancanza di consenso o di causa.

3. Con il terzo motivo si deduce violazione delle norme di interpretazione dei contratti degli artt. 1362 – 1371 c.c., in quanto non si era formata una comune intenzione dei contraenti e, trattandosi di cessione di bene, l’equità imponeva la corresponsione di un prezzo.

4. I tre motivi, strettamente connessi, possono essere esaminati congiuntamente e respinti per inammissibilità.

4.1. Deve aversi presente che risulta dalla lettura della sentenza impugnata che la corte territoriale, avendo esaminato il verbale di conciliazione, ha concluso nel senso fosse “evidente che le parti non vollero concludere un preliminare di compravendita… bensì definire più ampia lite tra di loro insorta relativa al confine, anche con la cessione di detto immobile da parte della società al F.. E tale obbligo di cedere non risultando correlato a compravendita, bensì ad accordo di conciliazione giudiziale, risulta svincolato da controprestazione poichè lo scopo raggiunto era quello di definire la lite tra le parti in atto…”. La corte territoriale ha soggiunto che “a nulla rileva che il patto de quo non possa essere ricondotto a specifico contratto nominato, posto che è possibile dare esecuzione ex art. 2932 c.c. anche alle obbligazioni sorte da contratti innominati, quale appare quello dedotto in causa teso a conciliare lite”.

4.2. In relazione a tanto, non risulta pertinente rispetto al decisum il primo motivo, con il quale si assume che la corte d’appello non abbia qualificato il contratto, invece ritenuto con la sentenza impugnata, come sopra richiamato testualmente, come un contratto atipico con finalità conciliativa di lite. Il motivo è dunque inammissibile.

4.3. Parimenti inammissibile è il terzo motivo, pur esso non correlato alla ratio decidendi sopra riepilogata, nel cui ambito la corte territoriale ha chiarito l’interpretazione fornita delle clausole contrattuali, senza che il motivo di ciò abbia tenuto conto.

4.4. Quanto al secondo motivo, lo stesso è inammissibile in quanto non indicante in qual modo la mancanza di consenso o di causa fossero stati eccepiti e coltivati in appello. Il motivo, anche da altro punto di vista, è carente di specificità in quanto, nell’assumere l’assenza di consenso, non si fa carico di dettagliare argomentazioni per contrastare la ratio decidendi, come detto incentrata sull’esistenza, al contrario, di reciproche concessioni; in tal senso, il mezzo di ricorso si limita inammissibilmente a isolare l’obbligazione di trasferimento dalle residue clausole negoziali, sino a pretendere che una presunta equità imponga – in virtù di detta lettura isolata – la corresponsione di un prezzo.

5. E’ infondato l’unico motivo di ricorso incidentale, con cui si è lamentata violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. per avere la corte d’appello – in controversia instaurata antecedentemente all’applicabilità della L. n. 69 del 2009 che ha modificato l’art. 92 c.p.c. – compensato le spese dei due gradi di giudizio, asseritamente senza che le ragioni giustificatrici siano desumibili neppure dal complesso della motivazione.

5.1. Dalla lettura della sentenza impugnata, al contrario, emerge che i giudici d’appello ebbero a ritenere opportuna la compensazione in quanto l’opposizione al precetto era risultata fondata e parimenti fondata era risultata la riconvenzionale ex art. 2932 c.c..

6. Non sussistono ragioni, in relazione al giudizio di cassazione, per accedere all’istanza di condanna, a carico del ricorrente principale, ex art. 96 c.p.c., comma 3, formulata dal ricorrente incidentale.

7. In definitiva, i ricorsi principale e incidentale vanno rigettati, con condanna della ricorrente – in quanto sostanziale soccombente, stante la minore importanza del ricorso incidentale solo attinente al regime degli oneri di lite – alle spese come in dispositivo. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater va dato atto del sussistere dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente principale è di quello incidentale dell’ulteriore importo pari al contributo unificato dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13 cit., comma 1-bis.

P.Q.M.

La corte rigetta i ricorsi principale e incidentale, nonchè l’istanza ex art. 96 c.p.c., comma 3 e condanna la ricorrente principale alla rifusione a favore della parte controricorrente -ricorrente incidentale delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200 per esborsi ed Euro 3.500 per compensi, oltre spese generali nella misura del 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater dà atto del sussistere dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente principale e di quello incidentale dell’ulteriore importo pari al contributo unificato dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13 cit., comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile, il 13 aprile 2018.

Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2018

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