Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25683 del 11/10/2019

Cassazione civile sez. lav., 11/10/2019, (ud. 26/06/2019, dep. 11/10/2019), n.25683

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1896-2014 proposto da:

C.M., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DI PORTA PINCIANA 6, presso lo studio dell’avvocato rappresenta

e difende;

– ricorrente –

contro

ARIN AZIENDA RISORSE IDRICHE NAPOLI, A.B.C. – ACQUA BENE COMUNE –

NAPOLI – azienda speciale (GIA’ ARIN s.p.a.);

– intimate –

avverso la sentenza n. 5639/2013 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 05/11/2013, R. G. N. 2362/2008.

Fatto

RILEVATO

che:

1. C.M., ex dipendente nel periodo agosto 1954-agosto 1992 di AMAN, (Azienda municipalizzata dell’acquedotto di Napoli), cui è succeduta dapprima ARIN (Azienda risorse idriche di Napoli) ed ora ABC, Acqua bene comune, Azienda speciale – ricorreva al giudice del lavoro per ottenere l’inclusione dell’indennità di incentivazione prevista dall’accordo sindacale 2/9/1971 nella base di calcolo della pensione aziendale a carico dell’azienda, con condanna della stessa al pagamento delle differenze maturate;

2. la Corte d’appello di Napoli confermava la sentenza di primo grado che aveva rigettato la domanda;

3. a sostegno della decisione la Corte territoriale, ricostruito il sistema pensionistico applicabile ai dipendenti dell’ARIN assunti in data anteriore al 30 gennaio 1963, osservava che l’indennità di incentivazione aveva il carattere della continuità, in quanto, ancorchè erogata nelle sole giornate di effettiva presenza, era causalmente correlata all’ordinaria prestazione lavorativa e dunque, quale elemento fisso e continuativo della retribuzione, doveva essere computata nel trattamento pensionistico aziendale ai sensi del D.L. n. 55 del 1983, art. 30 convertito nella L. n. 131 del 1983, che aveva equiparato dal 1 gennaio 1987 i criteri di determinazione della base di calcolo di tale trattamento al sistema pensionistico della Cassa di Previdenza Dipendenti Enti Locali (CPDEL). Tuttavia, aggiungeva la Corte, nella specie il C., pur a fronte dell’espressa richiesta della produzione degli statini paga degli ultimi dodici mesi, ne aveva prodotti solo tre, di cui uno illeggibile, sicchè non aveva dimostrato la percezione in via continuativa dell’indennità in questione nell’anno precedente il suo collocamento a riposo, ai sensi dell’art. 64 Regolamento organico dell’Azienda, nè la presenza continuativa in servizio in tale periodo.

4. C.M. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, cui ARIN – Azienda risorse idriche di Napoli, e ABC Acqua bene comune Napoli – Azienda speciale, già ARIN s.p.a., non hanno opposto attività difensiva.

5. Il ricorrente ha depositato anche memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c.

Diritto

CONSIDERATO

che:

6. come primo motivo di ricorso C.M. lamenta la violazione dell’art. 416 c.p.c. e art. 210 c.p.c. per non avere la Corte di merito ritenuto pacifica, perchè non oggetto di specifica contestazione, la prestazione del servizio nell’ultimo anno prima della cessazione del rapporto di lavoro, e per avere omesso di tenere conto della mancata produzione da parte dell’azienda delle buste-paga, produzione alla quale ella era obbligata in virtù dell’ordinanza pronunciata in data 30.6.2011.

7. Come secondo motivo, denuncia la violazione dell’art. 1362 c.c. e ss. sull’ermeneutica contrattuale, in relazione alle Delib. aziendali n. 404 del 1987, Delib. 27 novembre 1971, n. 2 di ratifica dell’accordo sindacale 2/9/71, Delib. 29 aprile 1975, n. 22 nonchè omesso esame di un punto decisivo della controversia. Contesta l’affermazione del giudice di merito secondo la quale sarebbe indispensabile la percezione dell’indennità di incentivazione nel corso dell’ultimo anno di servizio per la sua quiescibilità.

8. Come terzo motivo, lamenta la violazione degli artt. 210,244 e 421 c.p.c. ed omesso esame su un punto decisivo della controversia, per non avere la Corte territoriale dato ingresso alle istanze di ordinare alle convenute di produrre le copie delle buste paga dell’ultimo anno di servizio e l’estratto analitico della retribuzione percepita e l’istanza volta a dimostrare il rifiuto opposto al rilascio delle buste paga. Riferisce (pg. 10) di avere proposto tali istanze in primo grado e di avere lamentato in appello che esse non fossero state prese in considerazione.

9. Il primo motivo non è fondato.

Il ricorrente ripropone la questione già fatta valere in sede d’appello e superata dalla Corte territoriale, che ha argomentato che ARIN aveva formulato in primo grado una specifica contestazione in ordine alla corresponsione in maniera fissa e continuativa dell’indennità in parola, elemento costitutivo della domanda ritenuto decisivo per la sua quiescibilità. Proposizione in primo grado che del resto risulta anche da quanto riferito a pg. 11 del ricorso per cassazione.

10. Infondato è anche il secondo motivo.

L’indennità di incentivazione venne introdotta in via sperimentale, allo scopo di scoraggiare la tendenza assenteistica nei posti di lavoro, dall’accordo sindacale del 2 settembre 1971, ratificato con Delib. aziendale 27 novembre 1971, con il quale venne stabilito di corrispondere al personale AMAN (poi ARIN) una indennità nella misura dello 0,80% dello stipendio lordo di fatto percepito, per ogni giorno di effettiva presenza e fino ad un massimo di 22 giorni al mese. Successivamente, con Delib. 29 aprile 1975, la Commissione Amministratrice dell’ARIN rese definitiva l’indennità in questione, avendo accertato che erano state raggiunte le finalità che avevano ispirato l’introduzione di tale indennità, e cioè una massiccia contrazione delle assenze e dei permessi, con conseguente più elevato indice di produttività. Con la stessa Delib. si stabilì altresì che l’indennità di incentivazione costituisse parte integrante delle disposizioni di cui al regolamento organico aziendale del 22 settembre 1945.

Gli artt. 64 e 65 regolamento, richiamati in ricorso, stabiliscono rispettivamente che la pensione globale dopo 40 anni di servizio, si computa nella misura del 95% dello stipendio medio dell’ultimo anno, mentre coloro che cessano dal servizio con meno di 40 anni di anzianità e non meno di 16, hanno diritto ad una pensione pari a tanti quarantesimi del 95% di cui innanzi, per quanti sono gli anni di servizio maturati. Tali disposizioni, come pure risulta dallo stesso ricorso, sono state da ultimo confermate dagli accordi aziendali del 6 giugno 1967 e 5 gennaio 1968, ratificati dall’Azienda con apposite delibere, con i quali si è previsto che “la determinazione della pensione continuerà ad essere effettuata sulla base dello stipendio medio dell’ultimo anno”, in esso compresa, alla stregua dei principi elaborati da questa Corte, sopra enunciati, l’indennità di incentivazione percepita nei giorni di effettiva presenza dei lavoratori.

11. La soluzione da darsi nel caso in esame deve dunque dare continuità a quella già assunta da questa Corte nella sentenza n. 2133 del 31/01/2014, nella quale in analoga fattispecie si è rilevato che correttamente la Corte di merito avesse ritenuto che gli statini paga prodotti dal ricorrente (nella specie, in numero di tre relativi all’ultimo anno di servizio) fossero insufficienti ai fini della determinazione delle differenze pensionistiche derivanti dal computo dell’indennità di incentivazione.

Tale indennità, come risulta dall’accordo aziendale del 2 settembre 1971, sopra citato, istitutivo della stessa, è infatti corrisposta nelle giornate di “effettiva presenza e fino ad un massimo di 22 giorni al mese”, ciò che esclude che possa farsi riferimento solamente ad uno o più mesi, trattandosi di importi suscettibili di variazione in ragione, appunto, dell’effettiva presenza dell’interessato.

12. L’assunto secondo cui, avuto riguardo ai caratteri della continuità e fissità dell’indennità in parola, non sarebbe necessaria la dimostrazione della somma effettivamente percepita a tale titolo ai fini del computo della stessa nel trattamento pensionistico, è poi errato sotto un duplice profilo.

13. Da un lato, esso non tiene conto che l’indennità in esame non va corrisposta in misura fissa, ma in base a ciascun giorno di effettiva presenza e con un massimo di 22 giorni mensili, secondo gli accordi e le delibere di ratifica innanzi citati; dall’altro non considera che la determinazione della pensione va effettuata “sulla base dello stipendio medio dell’ultimo anno”, in esso compresa l’indennità in questione, onde ai fini del computo della stessa nel trattamento pensionistico non può prescindersi dall’importo percepito a tale titolo in detto anno.

14. Infondato è infine il terzo motivo: risulta dalla stessa prospettazione della parte ricorrente (pg. 13 e pg. 21 del ricorso) che con ordinanza del 30 giugno 2011 la Corte territoriale invitava le parti a depositare copia degli statini paga degli ultimi 12 mesi del rapporto, rilevatane nell’indispensabilità. Il C. ne depositava uno ulteriore rispetto a quelli già prodotti e la controparte dichiarava che, essendo decorsi 10 anni dal 1992, i documenti non erano più detenuti.

15. Vi è stata quindi – contrariamente a quanto assunto nel motivo di ricorso – la valutazione e risposta da parte della Corte d’appello alla richiesta istruttoria formulata dalla parte ricorrente, all’esito della quale il giudice di merito ha esercitato anche il potere discrezionale di desumere argomenti di prova dall’inosservanza dell’ordine di esibizione (Cass. n. 24188 del 25/10/2013, Cass. n. 6769 del 10/07/1998).

16. Segue coerente il rigetto del ricorso.

17. Non vi è luogo a pronuncia sulle spese, in assenza di attività difensiva della parte intimata.

18. Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 26 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 ottobre 2019

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